Esempio di San Paolo
- Pubblicato in Segretariato generale della formazione
La storia è piena di esempi di zelo missionario, la maggior parte dei quali non sono esemplari. Molti hanno confuso la missione con la sottomissione. Oggi abbiamo l’esempio di Paolo. È stato cresciuto solido nella fede, con i migliori insegnanti religiosi. Ha interiorizzato tutti i valori e le priorità ed era assolutamente convinto della loro correttezza e rettitudine. Non ha mai agito da solo, ma piuttosto ha avuto il pieno sostegno delle autorità religiose e ha raccolto il sostegno di altri con idee simili. Con zelo, uscì per affrontare un mondo che considerava un nemico. Perché pensava di possedere la verità intera non c’era spazio per il dialogo, nessuna condivisione di prospettive diverse dalla sua.
Alcuni credono che si stesse comportando da buon ebreo, ma mi sembra che, nei termini odierni, era un estremista radicalizzato. Sembrava tutto molto corretto finché Dio stesso non dovette intervenire per dire: “Basta! Sono io che stai perseguitando.”
Lo zelo missionario di Paolo era una dimostrazione non di fede, ma di arroganza. Non confondere mai la vera fede con il fanatismo. Qualcuno di fede riesaminerà continuamente se stesso e le proprie motivazioni e anche quando ha forti convinzioni continua a relazionarsi a persone con la virtù classica romana di umanitas. Un fanatico, invece, non riesaminerà mai se stesso o le sue convinzioni, e si preoccupa meno delle persone in carne e ossa immerse nella vita reale che delle proprie idee, e si atterrà sempre a loro, qualunque cosa accada!
Presentandosi spesso come una scelta migliore, un’opzione più pura, uno stile di vita più autentico, troppo spesso la storia ha smascherato lo zelo missionario come portatore di repressione e superiorità, foriera di ostilità e divisione. Uno dei peggiori risultati è evidente nella lettura di oggi: anche i credenti fermi come Anania diventano sfiduciati e sospettosi.
Paolo è stato costretto a sperimentare quanto fosse cieca la sua cosiddetta intuizione. Paolo è stato costretto a diventare totalmente dipendente dagli altri. E poi, a poco a poco, Paolo venne a conoscere e comprendere qualcuno che aveva tutto il potere nelle sue mani e tuttavia scelse di spogliarsi del potere per salvare il mondo. Paolo venne a conoscere e comprendere qualcuno che era tutto santo, e tuttavia si degnò di godere e dilettarsi completamente in compagnia dei peccatori. Paolo venne a conoscere ed apprezzare qualcuno che assunse umilmente somiglianze umane nella speranza che con la sua vita e il suo esempio noi umani avremmo scelto di essere trasformati nella sua somiglianza.
Guardatevi dalle chiamate allo zelo missionario, anche quelle fatte nel nome di Dio! L’autentico zelo missionario non vede il mondo o qualsiasi gruppo al suo interno come suoi nemici. Non è una nuova crociata. Sempre ama e afferma e soprattutto cerca di unire e di costruire su quel fondamento. Ricorda il contrasto nell’atteggiamento e nel comportamento del convertito Paolo non più arrogante nel libro degli Atti (17:23) mentre si trovava davanti all’immagine del dio sconosciuto.
Mentre concludiamo la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, possa il nostro zelo per l’unità nella carità elevarsi sempre al di sopra di ogni altro impulso, in modo che la nostra missione possa sempre essere incentrata sull’essere operatori di pace, costruttori di ponti, coloro che riparano la sua chiesa in rovina e coloro che trovano il modo di unire credenti divergenti in uno solo. Come disse una volta San Porfirio: “Non spariamo all’oscurità, semplicemente accendiamo la luce”.
By Patrick McSherry Ofm Cap, Curia Generale, Roma