Ordo Fratrum Minorum Capuccinorum IT

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Fra Mauro JÖHRI

ORDINE DEI FRATI MINORI CAPPUCCINI

MINISTRO GENERALE

Prot. N° 00935/13

Decreto di promulgazione

Visto il decreto della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita Apostolica, prot. n° C 37 – 1/2013 del 4 ottobre 2013, con cui sono stati approvati e confermati i testi redatti in lingua italiana presentati con lettera del 28 settembre 2013,

il Ministro generale

avuto il mandato dall’84° Capitolo Generale

con il presente decreto

PROMULGA

le Costituzioni dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini

e le Ordinazioni dei Capitoli Generali

nella loro edizione tipica in lingua italiana

con il testo di seguito riportato.

La loro entrata in vigore è stabilita per il giorno

8 dicembre 2013

avvenuta la pubblicazione sul sito ufficiale dell’Ordine.

 

____________________________________________

fra Mauro JÖHRI

Ministro generale OFMCap.

____________________________________

fra Clayton Jaison FERNANDES

Segretario generale OFMCap.

Dato in Roma, dalla nostra Curia generale l’8 dicembre 2013,

solennità dell’Immacolata Concezione della B.V. Maria, Patrona dell’Ordine.


Nel nome del Signore nostRo

Gesù Cristo

Incominciano

Le Costituzioni

dei

Frati Minori Cappuccini


 

Capitolo I

La Vita Dei Frati Minori Cappuccini

Articolo I

La nostra vita secondo il Vangelo

 

N. 1

1.      Il santo Vangelo di nostro Signore Gesù Cristo è, in ogni tempo, la sorgente di tutta la vita della Chiesa e annunzio di salvezza per il mondo intero.

2.      Per mezzo del Vangelo, infatti, la Chiesa, guidata dallo Spirito Santo, conosce Cristo e con la fede ne accoglie le opere e le parole, che, per coloro che credono, sono spirito e vita.

3.      San Francesco, Fondatore della nostra Fraternità, fin dall’inizio della sua conversione accolseil Vangelo e ne fece la ragione della sua vita e della sua azione. Perciò all’inizio e alla fine della Regola ordinò espressamente di osservarlo, e nel Testamento affermò che gli era stato rivelato di dover vivere secondo la forma del santo Vangelo.

4.      Poiché noi siamo suoi figli, impegniamoci, sotto la guida dello Spirito Santo, a progredire sempre di più nella intelligenza del Vangelo.

5.      In tutte le circostanze della vita seguiamo il Vangelo come legge suprema. Leggiamo e meditiamo assiduamente le parole che salvano e, come la beata Vergine Maria,portiamolenel cuore. Così la nostra vita sarà plasmata sempre più secondo il Vangelo e noi cresceremo in tutto verso Cristo.

N. 2

1.      San Francesco, vero discepolo di Cristo e sublime modello di vita cristiana, insegnò ai suoi frati a seguire in letizia le orme di Cristo povero, umile e crocifisso,affinché, per mezzo di Lui, nello Spirito Santo, fossero condotti al Padre.

2.      Infiammati dall’amore di Cristo, contempliamolo nell’annientamento dell’incarnazione e della croce per diventare sempre più conformi a Lui. Celebrando l’Eucaristia in fraterna letizia, partecipiamo al mistero pasquale, per pregustare la gloria della sua risurrezione, nell’attesa della sua venuta.

3.      Osserviamo con cuore generoso e fedele i consigli evangelici, specialmente quelli che abbiamo promessi: l’obbedienza caritativa, la povertà che per noi è particolare via di salvezza e la castità consacrata a Dio.

N. 3

1.      Il Signore concesse a frate Francesco di incominciare a fare penitenza, conducendolo tra i lebbrosi. Egli usò misericordia con loro e, dopo avere ascoltato la voce del Crocifisso di San Damiano, intraprese la vita evangelica per seguire le orme di Cristo, con l’ardente desiderio di conformarsi a Lui in tutto. Così il vero amore di Cristo trasformò l’amante nell’immagine dell’amato.

2.      Per acquisire la forma del vero discepolo di Gesù Cristo, che in modo così mirabile apparve in san Francesco, impegniamoci a imitarlo, o meglio, a seguire Cristo in Lui. Pertanto prendiamoci diligente cura, con la vita e con le opere, della eredità spiritualedel nostro Fondatore e partecipiamola agli uomini di ogni tempo.

 

N. 4

1.      Dopo avergli donato dei fratelli, il Signore rivelò a Francescoche dovevano vivere secondo la forma del santo Vangelo. Ebbe così iniziola Fraternità dei Minori perché, in comunione di vita, testimoniasse il Regno di Dio, predicando la penitenza e la pace con l’esempio e la parola.

2.      La fraternità e la minorità sono aspetti originari del carisma che lo Spirito ci ha donato; essi informano anche la dimensione contemplativae apostolica della nostra vocazione. Docili al medesimo Spirito, ci impegniamo a vivere in pienezza questo ideale evangelico.

N. 5

1.      In quanto Frati Minori Cappuccini, la nostra specifica forma di vita si ispira alla sana tradizione iniziata dai nostri primi fratelli, animati dal proposito di fedeltà alle intuizioni evangeliche di san Francesco.

2.      Perciò è necessario conoscere l’indole e il progetto di vita della nostra Fraternità per essere fedeli al Vangelo e alla nostra genuina tradizione con il ritorno all’originaria ispirazione, cioè alla vita e Regola del nostro Padre san Francesco, attraverso la conversione del cuore, in modo che il nostro Ordine continuamente si rinnovi.

3.      A questo scopo sforziamoci di dare la priorità alla vita di preghiera, specialmente contemplativa. Vivendo come pellegrini e forestieri in questo mondo, pratichiamo una radicale povertà, sia personale che comunitaria, animata dallo spirito di minorità, e offriamo l’esempio di una vita austera e di una lieta penitenza nell'amore della Croce del Signore.

4.      Radunati in Cristo come una sola peculiare famiglia, sviluppiamo tra di noi rapporti di fraterna spontaneità; viviamo volentieri tra i poveri, i deboli e i malati, condividendo la loro vita, e conserviamo la nostra particolare vicinanza al popolo.

5.      Promuoviamo la dimensione apostolica della nostra vita, con l’annuncio del Vangelo e in varie altre forme consone al nostro carisma, conservando sempre lo spirito di minorità e di servizio.

N. 6

1.      La fedeltà creativa al carisma dei Frati Minori Cappuccini richiede che noi custodiamo e sviluppiamo amorevolmente il patrimonio spirituale della nostra Fraternità.

2.      A questo fine leggiamo frequentemente la vita e gli scritti di san Francesco, come pure altri libri che ne rivelano lo spirito. Curiamo la conoscenza delle fonti francescane e della tradizione dei cappuccini, in particolare quanto si riferisce ai nostri fratelli che si sono distinti per santità di vita, operosità apostolica e dottrina.

3.      Alla luce dei segni dei tempi, impegniamoci a trovare appropriate modalità, da approvarsi dai legittimi superiori, per attuare con fedeltà la nostra forma di vita evangelica e la nostra testimonianza apostolica nelle diverse regioni e culture.

N. 7

1.      La Regola di san Francesco, che sgorga dal Vangelo, ci spinge a vivere la vita evangelica.

2.      Applichiamoci con assiduo impegno alla sua intelligenza spirituale e sforziamoci di osservarla in semplicità e purezza, con santa operazione, in conformità alla esortazione espressa dallo stesso nostro Fondatore nel Testamento, secondo lo spirito e le intenzioni evangeliche dei primi cappuccini e della viva tradizione dell’Ordine, seguendo l’esempio dei nostri santi.

3.      Stia a cuore ai ministri e ai guardiani, insieme alle fraternità, di promuovere la conoscenza, l’amore e l’osservanza della Regola.

4.      Affinché la Regola e le intenzioni del nostro Padre e legislatore possano esserefedelmente osservate in ogni parte del mondo, i ministri provvedano che si cerchino diligentemente le modalità più idonee, anche pluriformi, per la vita e l’apostolato dei frati, secondo la diversità delle regioni, delle culture, e delle esigenze dei tempi e dei luoghi.

5.      Le modalità pluriformi autentiche sono quelle che salvaguardano sempre l’unità dello stesso spirito genuino e si fondano nella comunione fraterna e nell’obbedienza ai superiori. Viene così favorita la libertà evangelica nell’agire, innanzitutto in ciò che riguarda il rinnovamento della nostra vita, affinché lo spirito non si estingua.

 

 

N. 8

1.      Il serafico Padre dettò il Testamento quando, poco prima di morire, ricevute le sacre stimmate e pieno di Spirito Santo, più ardentemente desiderava la nostra salvezza.

2.      In esso Egli ricorda e ripropone la sua esperienza evangelica, manifesta la sua ultima volontà e ci consegna l’eredità preziosa del suo spirito.

3.      Il Testamento ci è stato donato perché, ogni giorno, sempre meglio secondo l’interpretazione che ne fa la Chiesa, osserviamo la Regola che abbiamo professato.

4.      Per questo, secondo la tradizione del nostro Ordine, noi accogliamo il Testamento come prima esposizione spirituale della Regola ed eminente ispirazione della nostra vita.

N. 9

1.      Le Costituzioni hanno lo scopo di aiutarci, nelle mutevoli situazioni della vita, ad osservare la Regola nel modo migliore, a salvaguardare la nostra identità e a darne concreta espressione.

2.      In esse troviamo un mezzo sicuro di rinnovamento spirituale in Cristo e un valido aiuto per portare a compimento la consacrazione della vita, che ogni frate ha offertototalmente a Dio.

3.      Osserviamo queste Costituzioni, alle quali siamo obbligati in forza della nostra professione religiosa, non da servi ma come figli, aspirando ardentemente ad amare Dio sopra ogni cosa, prestando ascolto alla voce dello Spirito Santo che ci istruisce, impegnati per la gloria di Dio e per la salvezza del prossimo.

4.      Dedichiamoci con amore allo studio personale e comunitario della Regola, del Testamento e delle Costituzioni per assimilarne lo spirito.

5.      Procuriamo pure di conoscere e osservare anche tutte le altre norme del nostro diritto particolare.

Articolo II

La nostra vita nella Chiesa

 

N. 10

1.       La Chiesa, universale sacramento di salvezza, cioè segno estrumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano,appare come il popolo di Dio peregrinante nel mondo. Questo popolo, costituito da Cristo in comunione di vita, di carità e di verità, viene arricchito dallo Spirito Santo di molteplici doni o carismi, utili al rinnovamento e alla più ampia edificazione della Chiesa stessa per l’instaurazione del Regno di Dio.

2.      In tanta varietà di carismi, la vita consacrata è un dono insigne che la Chiesa ha ricevuto dal suo Signore; profondamente radicata negli esempi e negli insegnamenti di Cristo, essa esprime l'intima natura della vocazione cristiana e appartiene alla vita della Chiesa, alla sua santità, alla sua missione.

3.      Tra le famiglie spirituali, suscitate dallo Spirito Santo, la Chiesa ha accolto la Fraternità Francescana. Dopo averne approvata con la sua autorità gerarchica la forma di vita presentata da san Francesco, con sollecitudine di madre continua a custodirla, affinché sul proprio volto risplenda con maggiore chiarezza l’immagine di Cristo povero, umile e dedito al servizio degli uomini, specialmente dei poveri.

4.      Anche l’Ordine dei Frati Minori Cappuccini è stato approvato dalla Chiesa con la Bolla Religionis zelus, emanata dal Papa Clemente VII il 3 luglio 1528.

5.      Amiamo quindi intensamente la santa madre Chiesa. Meditiamo il suo mistero, applichiamoci nello studio dei suoi insegnamenti aderendovi fedelmente e partecipiamo attivamente alla sua vita e missione.

6.      Professando la nostra fede nella Chiesa, una, santa, cattolica, apostolica, che respira con i suoi due polmoni dell’Oriente e dell’Occidente, e che trova la sua espressione anche nel nostro Ordine, impegniamoci con tutte le nostre forze a edificare il Corpo di Cristo e a manifestarne l’unità.

N. 11

1.      Seguendo l’esempio di san Francesco, che fu uomo cattolico e tutto apostolico, offriamo fedele obbedienza allo Spirito di Cristo che vive e opera nella Chiesa.

2.      Prestiamo obbedienza e riverenza al Papa, a cui i religiosi, anche in forza del voto di obbedienza, sono sottomessi come a supremo superiore, e al Collegio dei Vescovi che, insieme con lui, è segno visibile dell’unità e dell’apostolicità della Chiesa.

3.      Dovunque siamo, contribuiamo al bene della Chiesa particolare con la nostra presenza fraterna e profetica, collaborando al suo incremento e progresso secondo il nostro carisma e sotto la guida del Vescovo diocesano, per offrire al popolo di Dio e a tutta la comunità umana il nostro servizio apostolico.

4.      Rendiamo il dovuto onore ai presbiteri e a tutti quelli che ci amministrano lo spirito e la vita, collaborando attivamente con essi.

N. 12

1.      Amiamo e obbediamo con animo generoso al ministro generale, che è costituito per il servizio e per l’utilità di tutta la Fraternità, come successore del santo Fondatore e come legame vivo che ci unisce con l’autorità della Chiesa e fra di noi.

2.      Manifestiamo amore e obbedienza attiva e responsabile anche agli altri ministri della Fraternità, che il Signore ci ha dato come pastori e che sono depositari della fiducia dei frati, affinché siamo piùstrettamente e con maggiore sicurezza legati al servizio della Chiesa in spirito di fede e nell’amore di Cristo.

N. 13

1.      Infiammato dallo Spirito Santo, san Francesco attinse dalla adorazione del Padre, che è il sommo Bene, il sentimento della fraternità universale, che gli faceva vedere in ogni creatura l’immagine di Cristo primogenito e salvatore.

2.      Come figli di questo Padre, sentiamoci fratelli di tutti gli uomini, senza alcuna discriminazione. Andando incontro con spirito fraterno a tutte le creature, offriamo continuamente a Dio, fonte di ogni bene, la lode della creazione.

3.      Riuniti dallo Spirito Santo con una stessa vocazione, mediante la preghiera e l’attività comunitaria favoriamo il senso di fraternità in tutto l’Ordine e soprattutto nelle nostre comunità provinciali e locali. Coltiviamo lo stesso sentimento verso tutti i fratelli e le sorelle, sia religiosi sia laici, che con noi formano l’unica Famiglia Francescana.

4.      La vita fraterna è frutto e segno della forza trasformante del Vangelo e dell’avvento del Regno; a modo di lievito evangelico, essa invita a promuovere autentiche relazioni fraterne tra gli uomini e i popoli, affinché il mondo viva come un'unica famiglia sotto lo sguardo del Creatore.

 

N. 14

1.      Il Figlio di Dio, assumendo la condizione di servo, è venuto non per essere servito, ma per servire e dare la propria vita per la salvezza di tutti. Il suo annientamento si perpetua nel sacramento dell’Eucaristia, dove ogni giorno Egli si umilia, venendo a noi in apparenza umile.

2.      Colmo di stupore e profondamente commosso per la umiltà e la compassione di Dio, san Francesco scelse di farsi minore tra i minori. Seguendo il suo esempio, nel vivo desiderio di conformarci a Cristo, sforziamoci anche noi di essere realmente minori, mai presumendo di diventare maggiori. Animati da questo spirito, dedichiamoci generosamente al servizio di tutti, specialmente di coloro che patiscono indigenza e tribolazioni, anzi perfino di coloro che ci perseguitano.

3.      Volentieri, dunque, viviamo la nostra vita fraterna tra i poveri, condividendo con grande amore i loro disagi e la loro umile condizione.

4.      Mentre andiamo in aiuto alle loro necessità materiali e spirituali, prodighiamoci, con la vita, l’azione e la parola, per la loro promozione umana e cristiana.

5.      Così facendo, manifestiamo lo spirito della nostra vita fraterna in minorità e diventiamo fermento di giustizia, di unione e di pace.

N. 15

1.      Per realizzare con frutto la nostra vocazione evangelica nella Chiesa e nel mondo, impegniamoci a vivere con fedeltàla vita apostolica, che unisce inscindibilmente la contemplazione e l’azione, a imitazione di Gesù, che visse incessantemente nella preghiera e nel compimento dell’opera della salvezza.

2.      Aderendo a questa vita del Maestro, gli apostoli, mandati dal Signore in tutto il mondo, erano perseveranti nella preghiera e nel ministero della Parola.

3.      San Francesco, per seguire le orme del Signore e degli apostoli, scelse una forma di vita che in sé univa intimamente la preghiera e la proclamazione del messaggio di salvezza, alternando con sapienza il tempo tra la contemplazione e l’impegno apostolico.

4.      Anche la tradizione cappuccina, sin dall’inizio, proponendo di seguire l’esempio ora di Marta e ora di Maria, ci insegna a saper comporre armonicamente contemplazione e azione. Ci spinge così a seguire Cristo, sia mentre Egli contempla sul monte, sia quando annunzia il Regno di Dio.

5.      Perseveriamo dunque nella lode di Dio e nella meditazione della sua Parola per essere sempre più ardenti nel desiderare che gli uomini, ancheper mezzo della nostra azione, vengano attratti ad amare Dio con gioia .

6.      Così, tutta la nostra vita di preghiera sarà compenetrata di spirito apostolico, e tutta la nostra azione apostolica sarà plasmata dallo spirito di preghiera.


 

Capitolo II

LA VOCAZIONE ALLA NOSTRA VITA

E LA FORMAZIONE DEI FRATI

 

Articolo I

La vocazione alla nostra vita

 

N. 16

1.      Dio, nella sua bontà, chiama tutti i cristiani nella Chiesa alla perfezione della carità nei diversi stati di vita, perché con la santità personale si promuova la salvezza del mondo.

2.      A questa chiamata, radicata nel battesimo, ognuno deve dare una risposta d’amore con la massima libertà, affinché la dignità della persona umana concordi con la volontà di Dio.

3.      Tutti noi, con animo riconoscente, rallegriamoci per la grazia singolare della vocazione alla vita religiosa, a noi concessa da Dio. Il Padre, infatti, ci ha chiamati a donarci a Lui, nulla di noi trattenendo per noi, e a seguire le orme del suo Figlio diletto per essere trasformati nella sua immagine dalla potenza dello Spirito Santo.

4.      Corrispondendo alla nostra vocazione di frati minori cappuccini, seguiamo Cristo povero e umile, diffondiamo ovunque il suo messaggio agli uomini, specialmente ai poveri, e offriamo una testimonianza pubblica e sociale del Regno di Dio.

5.      Così noi, in una fraternità di pellegrini, penitenti nel cuore e nelle opere, servi di tutti gli uomini in spirito di minorità e di letizia, ci dedichiamo alla missione salvifica della Chiesa.

N. 17

1.      La sollecitudine per le vocazioni nasce principalmente dalla consapevolezza di vivere noi stessi e di proporre agli altri un genere di vita ricco di valori umani ed evangelici che, mentre rende un autentico servizio a Dio e agli uomini, favorisce lo sviluppo della persona.

2.      Noi però dobbiamo rinnovarci continuamente se vogliamo offrire una chiara testimonianza di un tal genere di vita.

3.      Collaboriamo attivamente nel promuovere le nuove vocazioni, mossi dal desiderio di realizzare il disegno di Dio, secondo il nostro carisma. Pertanto tutti, anzitutto i ministri e le singole fraternità, prendiamoci diligente cura di discernere e favorire le vocazioni autentiche, soprattutto con l’esempio della vita, con la preghiera, con la parola e anche con la proposta vocazionale esplicita.

4.      Promuoviamo diligentemente le varie forme di impegno pastorale per le vocazioni, specialmente negli ambienti più affini allo spirito del nostro Ordine, tenendo presente che migliori risultati si ottengono se alcuni frati vengono incaricati in modo specifico di promuovere e coordinare l’animazione vocazionale. Tutti i frati però offrano la loro collaborazione in segno di fecondità della vita francescana.

5.      Cooperiamo, così, con Dio che chiama e sceglie chi vuole e gioviamo al bene della Chiesa.

Articolo II

L’ammissione alla nostra vita

 

N. 18

1.      San Francesco, preoccupato della purezza della nostra vita, prevedendo che la sua Fraternità sarebbe diventata una grande moltitudine, temeva allo stesso tempo il numero dei frati inetti.

2.      Perciò, poiché la Fraternità, più che di numero, deve crescere di giorno in giorno nella virtù, nella perfezione della carità e nello spirito evangelico, coloro che vogliono abbracciare la nostra vita siano diligentemente esaminati e accuratamente accompagnati nel discernimento vocazionale.

3.      I ministri provinciali s’informino con diligenza se coloro che chiedono di essere ammessi alla nostra vita hanno le qualità richieste dal diritto universale e dal nostro diritto particolare per la loro valida e lecita ammissione. In particolare si osservi quanto segue:

a)      i candidati, per la loro indole, devono essere idonei a vivere la nostra vita evangelica in comunione fraterna;

b)      sia accertato che essi godono della salute fisica e psichica necessaria per sostenere il nostro genere di vita;

c)      bisogna che con la loro vita i candidati mostrino di credere fermamente ciò che crede e tiene per certo la santa madre Chiesa e abbiano un modo di sentire cattolico;

d)      risulti che essi godono di buona reputazione, specialmente presso le persone che meglio li conoscono;

e)      siano dotati di una debita maturità umana, particolarmente affettiva e relazionale, e di una volontà generosa. Inoltre ci si accerti che essi entrano nell’Ordine per mettersi sinceramente al servizio di Dio e della salvezza degli uomini, secondo la Regola, la forma di vita di san Francesco e le nostre Costituzioni;

f)       abbiano l’istruzione richiesta nella rispettiva regione e diano speranza che potranno fruttuosamente esercitare i loro uffici;

g)      specialmente se si tratta di candidati in età adulta e di quelli che hanno avuto già una qualche esperienza di vita religiosa, si prendano tutte le informazioni utili circa la loro vita precedente;

h)      trattandosi di accogliere chierici secolari o persone provenienti da altro istituto di vita consacrata, da una società di vita apostolica o da un seminario, oppure della riammissione di un nostro candidato, si osservino le prescrizioni del diritto universale.

N. 19

1.      Cristo, nostro sapientissimo Maestro, rispondendo al giovane che gli aveva manifestato il desiderio di ottenere la vita eterna, disse che se voleva essere perfetto, vendesse prima tutti i suoi beni, li distribuisse ai poveri e poi lo seguisse.

2.      Francesco, imitatore di Cristo, non solo adempì nella sua vita il consiglio del Maestro, ma lo insegnò anche a coloro che accoglieva e lo pose nella Regola come norma da osservare.

3.      Perciò i ministri e i guardiani facciano conoscere e spieghino le suddette parole del santo Vangelo ai candidati che vengono al nostro Ordine spinti dall’interiore amore di Cristo, affinché, a suo tempo, prima della professione perpetua, rinunzino ai loro beni, preferibilmente a favore dei poveri.

4.      I candidati si preparino interiormente alla futura rinunzia dei beni e si dispongano al servizio del prossimo, specialmente dei poveri.

5.      I frati poi, come vuole la Regola, evitino di ingerirsi in qualsiasi modo in questi affari.

6.      I candidati, inoltre, siano decisi a mettere a disposizione di tutta la fraternità le risorse della loro intelligenza e della loro volontà, nonché gli altri loro doni di natura e di grazia per svolgere i compiti che saranno loro affidati per il serviziodel popolo di Dio.

N. 20

1.      Ammettere al postulato, al noviziato e alla professione, oltreché al ministro generale, in ciascuna provincia compete al ministro provinciale, che può delegare questa facoltà al vicario provinciale e al custode.

2.      Questi ministri, prima di ammettere i candidati al noviziato, consultino il proprio Consiglio oppure tre o quattro frati nominati dallo stesso Consiglio; invece per poterli ammettere alla prima professione e a quella perpetua hanno bisogno del consenso del loro Consiglio.

3.      Se il caso lo richiede, si consultino anche coloro che hanno una particolare competenza in materia.

N. 21

1.      Spetta al maestro dei novizi compiere l’atto o il rito di ricevere i novizi, a meno che il ministro provinciale disponga diversamente.

2.      è invece il ministro provinciale che riceve in nome della Chiesa e dell’Ordine i voti dei profitenti. Egli può delegare questa facoltà ad un altro frate dell’Ordine di voti perpetui.

3.      Per l’inizio del noviziato e per la professione della nostra vita si osservino le norme liturgiche e le celebrazioni si svolgano in forma semplice e sobria.

4.      La professione religiosa ordinariamente si emetta durante la celebrazione eucaristica, usando la formula seguente, approvata dalla Santa Sede per il Primo Ordine Francescano e per il Terzo Ordine Regolare di san Francesco: “A lode e gloria della SS.ma Trinità. Io, fr. N.N., poiché il Signore mi ha ispirato di seguire più da vicino il Vangelo e le orme di nostro Signore Gesù Cristo, davanti ai fratelli qui presenti, nelle tue mani, fr. N.N., con fede salda e volontà decisa: faccio voto a Dio Padre santo e onnipotente di vivere per tutto il tempo della mia vita (o: per... ann...) in obbedienza, senza nulla di proprio e in castità e insieme professo la vita e la Regola dei Frati Minori confermata da Papa Onorio promettendo di osservarla fedelmente secondo le Costituzioni dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini. Pertanto mi affido con tutto il cuore a questa Fraternità perché, con l’efficace azione dello Spirito Santo, guidato dall’esempio di Maria Immacolata, per l’intercessione del nostro Padre Francesco e di tutti i santi, sostenuto dal vostro fraterno aiuto, possa tendere costantemente alla perfetta carità nel servizio di Dio, della Chiesa e degli uomini”.

N. 22

1.      La natura e il fine dei tre consigli evangelici, che promettiamo con voto nella professione, è di unirci a Cristo con il cuore reso libero dalla grazia, in una vita obbediente, senza nulla di proprio e casta per il Regno dei cieli, sull’esempio di san Francesco.

2.      Il consiglio evangelico dell’obbedienza, promesso in spirito di fede e di amore nella sequela di Cristo obbediente fino alla morte, obbliga alla sottomissione della volontà per Dio ai legittimi superiori “in tutte le cose che non sono contrarie alla coscienza e alla Regola”, quando essi comandano secondo le nostre Costituzioni.

3.      Il consiglio evangelico della povertà a imitazione di Cristo, il quale, essendo ricco si è fatto povero, oltre a una vita povera di fatto e di spirito, comporta la dipendenza dai superiori e la limitazione nell’usare e nel disporre dei beni; richiede inoltre la rinunzia volontaria alla capacità di acquistare e possedere, da farsi prima della professione perpetua in una forma che, per quanto possibile, sia valida anche secondo il diritto civile.

4.      Il consiglio evangelico della castità per il Regno dei cieli, che è segno del mondo futuro e fonte di più abbondante fecondità in un cuore indiviso, comporta l’obbligo della perfetta continenza nel celibato.

Articolo III

La formazione in generale

 

N. 23

1.      La formazione alla vita consacrata è un itinerario di discepolato guidato dallo Spirito Santo che conduce progressivamente ad assimilare i sentimenti di Gesù, Figlio del Padre, e a configurarsi alla sua forma di vita obbediente, povera e casta.

2.      Poiché la formazione tende alla trasformazione in Cristo di tutta la persona, essa deve protrarsi per tutta la vita sia in ordine ai valori umani che alla vita evangelica e consacrata. La formazione, perciò, deve coinvolgere tutta la persona, in ogni aspetto della sua individualità, nei comportamenti come nelle intenzioni, e comprenderà la dimensione umana, culturale, spirituale, pastorale e professionale, ponendo ogni attenzione affinché sia favorita l’integrazione armonica dei vari aspetti.

3.      La formazione ha lo scopo di rendere la vita dei frati e delle fraternità sempre più conforme a Cristo secondo lo spirito francescano cappuccino, tenendo conto della diversità dei luoghi e dei tempi.

4.      Nel nostro Ordine la formazione si realizza in due fasi: iniziale e permanente. La formazione iniziale include l’iniziazione alla consacrazione secondo la nostra forma di vita fino alla professione perpetua e la preparazione al lavoro e al ministero, che può cominciare durante l`iniziazione. La formazione permanente segue la formazione iniziale e si prolunga per tutta la vita.

 

N. 24

1.      Ogni formazione è prima di tutto azione dello Spirito Santo, che vivifica interiormente sia i formatori che i formandi.

2.      Come per Francesco, la Chiesa, nella sua dimensione universale e particolare, è per noi il contesto vitale e il riferimento essenziale di ogni cammino formativo, giacché in essa lo Spirito opera incessantemente.

3.      Poiché il Padre rivela ai piccoli i segreti del regno dei cieli e - come Francesco ci ha insegnato - lo Spirito si posa ugualmente sul semplice e sul povero, riconosciamo come condizione particolarmente favorevole per la nostra formazione la vicinanza al popolo e la condivisione della vita dei poveri e manteniamoci disposti ad imparare anche da loro.

4.      La nostra Fraternità, chiamata a coltivare nella Chiesa la propria identità, ha il dovere e il diritto di curare la formazione dei frati in conformità al nostro carisma. La formazione, pertanto, è impegno prioritario dell’Ordine e di tutte le sue circoscrizioni.

5.      La formazione attiva esige la collaborazione dei formandi, che sono i principali autori e responsabili della propria crescita.

6.      Ogni frate è, allo stesso tempo e per tutta la vita, formando e formatore, perché tutti abbiamo sempre qualcosa da imparare e da insegnare. Questo principio sia stabilito come programma della formazione, da tradursi nella pratica della vita.

7.      Vivere insieme tra noi come frati minori è l’elemento primordiale della vocazione francescana. Perciò la vita fraterna deve essere sempre e dovunque esigenza fondamentale del processo formativo.

8.      Affinché le singole fraternità, in modo particolare quelle specificamente formative, possano espletare questa primaria funzione, è necessario che attingano sostegno e stimolo da quella fraternità precipua, che è la Provincia, attraverso la quale si stabilisce la nostra appartenenza a tutto l’Ordine. I candidati siano educati alla consapevolezza che l’Ordine costituisce un’unica famiglia, al cui bene siamo tenuti a contribuire con responsabile partecipazione.

9.      Anche se tutti i frati sono formatori, ci devono essere alcuni investiti di maggiore responsabilità. È compito peculiare del ministro generale e del suo Consiglio garantire l’autenticità della formazione di tutti i frati dell’Ordine. Nelle singole circoscrizioni questa responsabilità incombe sui ministri e i guardiani, che sono gli animatori e i coordinatori ordinari del cammino formativo dei frati. Vi sono poi dei formatori qualificati, che assumono e svolgono questo particolare ministero a nome dell’Ordine e della fraternità.

N. 25

1.      L’Ordine disponga degli strumenti formativi rispondenti alle esigenze del proprio carisma specifico.

2.      Dovendosi prestare un’attenzione particolare ai candidati durante il periodo della formazione iniziale, si predispongano adeguate strutture educative per le singole circoscrizioni o per gruppi di circoscrizioni.

3.      Il processo educativo richiede, soprattutto, un gruppo di frati responsabili che lavorino con criteri coerenti per l’intero cammino formativo.

4.      Perciò i ministri provvedano con ogni cura alla formazione qualificata di un numero sufficiente di formatori che assumano e svolgano il loro specifico ministero a nome dell’Ordine. Essi, pertanto, abbiano il debito sostegno di tutta la fraternità.

5.      I formatori siano consapevoli che il compito loro affidato è della massima importanza per la vita dell’Ordine e della Chiesa, e vi si dedichino con generosità, posponendovi ogni altra attività.

6.      Di grande importanza sono i segretariati per la formazione, sia a livello generale che delle singole circoscrizioni, come anche di Conferenze e di aree di collaborazione. Ci si preoccupi, quindi, di curarli bene e di renderli efficienti.

7.      Il segretariato generale per la formazione è il primo organismo di collaborazione diretta con il ministro generale e il suo Consiglio in tutto ciò che concerne la formazione iniziale e permanente dei frati e i centri di studio dell’Ordine. Sia a disposizione delle diverse circoscrizioni, delle varie aree di collaborazione interprovinciale e delle Conferenze, offrendo loro aiuto e informazioni per favorire quanto riguarda la formazione.

8.      Similmente nelle singole province, o nei gruppi di province, si abbia un segretariato o Consiglio per la formazione.

9.      I principi validi ovunque per tutelare nella formazione le caratteristiche proprie del nostro Ordine siano opportunamente fissati in una Ratio formationis o Progetto formativo.

10.    Anche le singole circoscrizioni o gruppi di circoscrizioni, secondo le situazioni regionali, abbiano un loro piano formativo nel quale siano esposti gli obiettivi, i programmi e i percorsi concreti di tutto il processo formativo dei frati.

 

 

Articolo IV

L’iniziazione alla nostra vita

 

N. 26

1.      Coloro che vengono ammessi all’Ordine debbono essere iniziati e progressivamente introdotti nella vita evangelica francescana. Per lo sviluppo di questo cammino di iniziazione si offrano ai candidati, sotto la guida dei formatori, le necessarie esperienze e conoscenze.

2.      Nel tempo della iniziazione la formazione dei candidati, componendo in modo armonico l’elemento umano e quello spirituale, sia veramente solida, integra e adattata alle esigenze dei luoghi e dei tempi.

3.      Si adottino mezzi appropriati per una educazione attiva, anzitutto l’esercizio di attività e servizi mediante i quali i candidati siano gradualmente condotti all’acquisto del dominio di sé e della maturità psichica e affettiva.

4.      Nel rispetto della particolare indole e grazia di ciascuno, i candidati vengano iniziati a una vita spirituale nutrita dalla lettura della Parola di Dio, dall’attiva partecipazione alla liturgia, dalla riflessione e dalla preghiera personale, in modo che siano sempre di più attratti verso Cristo, che è via, verità e vita.

5.      Nel tempo dell’iniziazione i frati acquistino una seria conoscenza e pratica dello spirito francescano cappuccino con lo studio della vita di san Francesco e del suo pensiero sull’osservanza della Regola, della storia e delle genuine tradizioni del nostro Ordine, e soprattutto con l’assimilazione interiore e pratica della vita alla quale sono stati chiamati.

6.      Coltivino in modo particolare la vita fraterna sia in comunità che con glialtri uomini, soccorrendoli con sollecitudine nelle loro necessità, per imparare così a vivere ogni giorno sempre più perfettamente in operosa e solidale comunione con la Chiesa.

7.      Siano quindi educati al dono generoso e totale della propria vita e a sviluppare in se stessi la disponibilità missionaria.

N. 27

1.      I candidati all’Ordine devono trascorrere tutte le tappe della iniziazione in fraternità idonee a vivere la nostra vita e a curare la loro formazione.

2.      La scelta delle case e la designazione delle fraternità formative vengano fatte dai ministri competenti col consenso dei rispettivi Consigli.

3.      L’erezione, il trasferimento e la soppressione della casa del noviziato spetta al ministro generale con il consenso del suo Consiglio mediante decreto scritto. In casi particolari e in via eccezionale la medesima autorità può concedere che un novizio faccia il noviziato in un’altra casa dell’Ordine, sotto la guida di un religioso idoneo, che faccia le veci del maestro dei novizi.

4.      Il superiore maggiore può permettere che il gruppo dei novizi dimori per determinati periodi di tempo in un’altra casa dell’Ordine da lui designata.

N. 28

1.      Ogni fratello, che Dio dona alla Fraternità, le porta gioia e, nello stesso tempo, stimola tutti noi a rinnovarci nello spirito della nostra vocazione.

2.      La responsabilità dell’iniziazione coinvolge tutta la fraternità, poiché i candidati appartengono ad essa.

3.      Tuttavia, il ministro provinciale, con il consenso del suo Consiglio, nel modo e nei limiti che egli stesso dovrà stabilire, ne affidi la direzione a frati dotati di esperienza della vita spirituale, fraterna e pastorale, di dottrina, prudenza, discernimento degli spiriti e conoscenza delle anime.

4.      I maestri, sia dei postulanti che dei novizi e dei professi, siano liberi da ogni impegno che possa ostacolare la cura e la guida dei candidati.

5.      Ai maestri siano affiancati dei collaboratori, specialmente in ciò che riguarda la cura della vita spirituale e il foro interno.

N. 29

1.      L’iniziazione alla nostra forma di vita consacrata si sviluppa attraverso le tappe del postulato, del noviziato e del postnoviziato, e si compie a norma del diritto universale e del nostro diritto particolare.

2.      Il tempo della iniziazione comincia il giorno in cui il candidato viene ammesso al postulato dal ministro provinciale e si protrae fino alla professione perpetua. Dal momento dell’ammissione, il candidato è gradualmente inserito nella fraternità per quanto riguarda la formazione, la vita e il lavoro.

N. 30

1.      Il Postulato è il primo periodo della iniziazione nel quale si fa la scelta della nostra vita.

2.      In questo periodo, il postulante conosce la nostra vita e opera un ulteriore e più accurato discernimento della sua vocazione. La fraternità, da parte sua, conosce meglio il postulante e si accerta sullo sviluppo della sua maturità umana, anzitutto di quella affettiva, nonché sulla attitudine a discernere la sua vita e i segni dei tempi secondo il Vangelo.

3.      Il postulante, pertanto, deve essere aiutato in modo particolare ad approfondire la vita di fede. A questo scopo la formazione dei postulanti tende soprattutto a completare la catechesi della fede, ad introdurre alla vita liturgica, al metodo e all’esperienza della preghiera, allo studio del francescanesimo, alla vita fraterna e a una prima esperienza di attività nell’apostolato.

N. 31

1.      Il Noviziato è un periodo di più intensa iniziazione e di più profonda esperienza della vita evangelica francescano-cappuccina nelle sue esigenze fondamentali; esso richiede una decisione libera e matura di provare la nostra forma di vita religiosa.

2.      Nel giorno di inizio del noviziato si celebri un rito con il quale si chiede l’aiuto di Dio per conseguire le finalità proprie di questo tempo. È bene che in questa circostanza i novizi ricevano i “panni della prova”. Questo atto sia compiuto all’interno della fraternità religiosa. Dell’inizio del noviziato, con il quale comincia la vita nell’Ordine, si rediga un documento.

3.      Il processo di iniziazione durante il noviziato ha come fondamento i valori della nostra vita consacrata, da conoscere e vivere alla luce dell’esempio di Cristo, delle intuizioni evangeliche di san Francesco e delle genuine tradizioni dell’Ordine.

4.      Il ritmo del noviziato corrisponda agli aspetti primari della nostra vita religiosa, specialmente attraverso una particolare esperienza di fede, di preghiera contemplativa, di vita fraterna, di contatto con i poveri e di lavoro.

5.      La direzione dei novizi, sotto l’autorità dei ministri, è riservata soltanto al maestro, il quale deve essere un frate dell’Ordine, professo di voti perpetui.

6.      Perché il noviziato sia valido deve comprendere dodici mesi da vivere nella stessa comunità del noviziato. Il ministro con il consenso del suo Consiglio ne stabilisce l’inizio e le modalità.

7.      L’assenza dalla casa di noviziato per un periodo superiore a tre mesi, continui o interrotti, rende invalido il noviziato. Un’assenza superiore a quindici giorni va ricuperata. Per il resto si osservino con diligenza le norme del diritto universale riguardanti il noviziato.

 

N. 32

1.      Il Postnoviziato, che comincia con la professione temporanea e si conclude con la professione perpetua, è la terza tappa della iniziazione. In questo periodo i frati camminano verso una maggiore maturità e si preparano alla scelta definitiva della vita evangelica nel nostro Ordine.

2.      L’itinerario formativo del postnoviziato deve essere lo stesso per tutti i frati in ragione del suo essenziale riferimento alla consacrazione religiosa e alla professione perpetua. E poiché nella nostra vocazione la vita evangelica fraterna occupa il primo posto, anche durante questo periodo le deve essere data la priorità.

3.      I frati siano guidati al contatto vivo con Cristo, a conformarsi sempre di più a Lui e in Lui trovare la propria identità. Secondo la propria indole e grazia, siano introdotti ad uno studio più profondo della Sacra Scrittura, della teologia spirituale, della liturgia, della storia e spiritualità dell’Ordine. Siano avviati all’esercizio di varie forme di apostolato e di lavoro anche domestico. Tale processo di iniziazione si sviluppi sempre tenendo conto della vita e della maturazione progressiva della persona.


Articolo V

La professione della nostra vita

 

N. 33

1.      Meditiamo spesso quanto è grande la grazia della professione religiosa. Per mezzo di essa, a nuovo e speciale titolo, abbracciamo, a lode della gloria della SS. Trinità, una vita che ci sospinge verso la perfezione della carità; e, consacrati fermamente al servizio di Dio, lo adoriamo in spirito e verità.

2.      Nella consacrazione religiosa lo Spirito Santo ci unisce con una peculiare alleanza a Cristo, ci rende partecipi della realtà del mistero di Cristo, unito da vincolo indissolubile con la Chiesa sua Sposa, ci pone in uno stato di vita che preannunzia la futura risurrezione e la gloria del Regno celeste.

3.      Per raccogliere in questa consacrazione frutti più abbondanti della grazia battesimale, ci obblighiamo a praticare i consigli evangelici secondo la Regola e le Costituzioni.

4.      Intendiamo così liberarci dagli impedimenti che ci possono distogliere dalla carità perfetta, dalla libertà spirituale e dalla perfezione del culto divino.

5.      Per mezzo della professione, infine, mentre godiamo di uno speciale dono di Dio nella vita della Chiesa, cooperiamo con la nostra testimonianza alla sua missione di salvezza.

6.      Esortiamo perciò i frati a prepararsi alla loro professione con grande diligenza, attraverso un’intensa vita sacramentale, specialmente eucaristica, una fervente preghiera e gli esercizi spirituali. Ciò sia fatto più intensamente e in modo particolare prima della professione perpetua.

 

N. 34

1.      Terminato il noviziato e verificata l’idoneità del novizio, viene emessa, per il tempo da determinarsi dal ministro in accordo con lo stesso novizio, la professione temporanea dei voti, da rinnovarsi spontaneamente fino alla professione perpetua. Se permane il dubbio sull’idoneità del novizio, il ministro può prolungare il tempo di prova, ma non oltre sei mesi. Se poi il novizio non sarà ritenuto idoneo, venga dimesso.

2.      Il tempo della professione temporanea non deve essere inferiore a tre anni, né superiore a sei. Se si ritiene opportuno, può essere prolungato, purché il tempo in cui il frate è vincolato dai voti temporanei non superi complessivamente i nove anni.

3.      Se il frate è giudicato idoneo e spontaneamente lo richieda, la professione perpetua si emette nel tempo determinato dal ministro, udito lo stesso profitente. Ciò avvenga sempre dopo un triennio completo di professione temporanea e mai prima che il profitente abbia compiuto il ventunesimo anno di età. Mediante la professione perpetua il frate è definitivamente incorporato nella Fraternità dell’Ordine con tutti i diritti e i doveri, a norma delle Costituzioni.

4.      Compiuto il tempo per il quale fu emessa la professione, il frate può lasciare l’Ordine. Per giusti motivi, il ministro competente, udito il suo Consiglio, può escluderlo dalla rinnovazione dei voti temporanei o non ammetterlo alla professione perpetua.

5.      Si osservino tutti gli altri prescritti del diritto universale riguardanti la professione, specialmente circa la disposizione dei beni prima della professione temporanea e perpetua.

N. 35

1.      Durante la celebrazione della prima professione si consegna il nostro abito religioso, benché i novizi abbiano ricevuto prima i “panni della prova”.

2.      Secondo la Regola e l’uso dell’Ordine, il nostro abito consiste nella tonaca di color castano con il cappuccio, del cingolo e dei sandali o, per giusto motivo, delle scarpe. Circa la consuetudine di portare la barba, si applichi il criterio della pluriformità.

3.      Ricordandoci che san Francesco indossò un abito di penitenza a forma di croce, portiamo anche noi l’abito come richiamo alla conversione, segno della consacrazione a Dio e della nostra appartenenza all’Ordine. Con ciò esprimiamo anche la nostra condizione di frati minori, facendo in modo che anche le vesti che indossiamo siano una testimonianza di povertà.

4.      Rivestiti di Cristo, mite ed umile, dobbiamo essere minori, non falsi, ma realmente tali: nel cuore, nelle parole e nelle opere, perché i segni di umiltà che presentiamo esternamente giovano poco alla salvezza delle anime, se noi stessi non siamo animati dallo spirito di umiltà.

5.      Perciò, seguendo l’esempio di san Francesco, impegniamoci con tutte le forze a diventare buoni e non soltanto ad apparire tali, ad essere coerenti nel parlare e nell’agire. Considerandoci “minori e sottomessi a tutti”, come ammonisce la Regola, riserviamo agli altri stima e onore.

 

N. 36

1.      Il ministro provinciale e, per mandato speciale, anche gli altri dei quali si è detto al numero 20, hanno la facoltà di dimettere il postulante o il novizio ritenuto non idoneo alla nostra vita.

2.      Per un grave motivo che non ammetta dilazione, ha la stessa facoltà sia il maestro dei novizi sia quello dei postulanti, con il consenso però del Consiglio della fraternità. Di ciò deve essere subito informato il ministro competente.

3.      Il ministro generale, con il consenso del suo Consiglio, può concedere ad un frate di voti temporanei, se questi lo chieda per gravi motivi, l’indulto di uscire dall’Ordine. Ciò comporta, per diritto stesso, la dispensa dai voti e da tutti gli obblighi derivanti dalla professione.

4.      Riguardo al passaggio ad un altro istituto di vita consacrata o ad una società di vita apostolica, all’uscita dall’Ordine e alla dimissione del frate dopo la professione sia temporanea che perpetua, si osservino i prescritti del diritto universale della Chiesa.

Articolo VI

La formazione al lavoro e al ministero

 

N. 37

1.      Chiamati alla vita evangelica nella comune consacrazione religiosa, tutti noi, a imitazione di san Francesco e seguendo la tradizione cappuccina, siamo tenuti a esprimere l’apostolicità della nostra vocazione con la testimonianza della vita, in tutti i compiti che svolgiamo nell’obbedienza e nella comunione fraterna.

2.      Perciò, memori dell’ammonizione di san Francesco nel Testamento: “Coloro che non sanno lavorare, imparino”, impegniamoci ad acquisire la preparazione adeguata ad ogni servizio che ci viene richiesto.

3.      Difficilmente infatti si può svolgere un’attività in modo conveniente senza una formazione specifica ed adeguata.

4.      È compito dell’Ordine aiutare ogni frate a sviluppare la propria grazia di lavorare. Svolgendo il loro lavoro, infatti, i frati si sostengono vicendevolmente nella vocazione e viene incrementata l’armonia della vita fraterna.

5.      La formazione al lavoro e al ministero sia programmata in modo tale che i frati, secondo le proprie doti e la loro vocazione, siano adeguatamente formati per i compiti e gli uffici che dovranno svolgere. Perciò alcuni imparino i mestieri e le attività pratiche, gli altri si dedichino agli studi pastorali e scientifici, specialmente sacri.

6.      Si abbia la massima cura a che la preparazione per il lavoro e l’apostolato si sviluppi nel vero spirito di servizio, in coerenza con la consacrazione religiosa e sia armonizzata al cammino della iniziazione, assicurando il primato della vita fraterna.

N.38

1.      Tutti i frati, servendo il Signore in minorità, si ricordino che sopra tutte le cose devono desiderare di avere lo Spirito del Signore e la sua santa operazione.

2.      Perciò, mentre apprendono un’abilità manuale e una solida cultura, procurino di diventare santi e nello stesso tempo competenti nella particolare grazia del lavoro.

3.      Si preparino alla vita apostolica in spirito di abnegazione e di disciplina, secondo le capacità del loro ingegno. In tal modo, con la formazione della propria persona e lo sviluppo della propria cultura, contribuiscono al bene comune dell’Ordine, della Chiesa e della società.

4.      Gli studi, illuminati e vivificati dalla carità di Cristo, siano del tutto consoni all’indole della nostra vita.

5.      I frati, perciò, nell’attendere agli studi, coltivino la mente e il cuore così che, secondo l’intenzione di san Francesco, progrediscano nella vocazione; infatti la formazione a qualsiasi genere di lavoro è parte integrante della nostra vita religiosa.

N. 39

1.      Nel nostro Ordine apostolico, la sollecitudine pastorale pervada tutta intera la formazione, affinché tutti i frati, ciascuno secondo la propria capacità, possano annunciare, come discepoli e profeti del nostro Signore Gesù Cristo, con l’opera e con la parola, il Regno di Dio, tenendo conto delle necessità pastorali delle regioni e del compito missionario ed ecumenico della Chiesa.

2.      La formazione nelle discipline filosofiche e teologiche, trasmessa specialmente secondo la dottrina francescana, converga concordemente alla progressiva apertura delle menti verso il mistero di Cristo.

3.      Tale formazione si faccia nei centri di studio dell’Ordine, provinciali o interprovinciali. Quando ciò non è possibile, per le situazioni di una regione o di una provincia o per altre particolari esigenze, i frati frequentino altri centri di studio. Si preferisca, quando è possibile, la collaborazione con Istituti Francescani e ci si preoccupi di assicurare una adeguata formazione francescano-cappuccina.

4.      I frati che sono chiamati agli ordini sacri devono essere formati secondo le norme date dalla Chiesa, tenuto presente il carattere della nostra Fraternità. Per ricevere gli ordini sacri si richiede il consenso del ministro provinciale e del suo Consiglio.

N. 40

1.      I formatori siano consapevoli che i frati formandi sono gli autori principali della formazione da acquisire, la cui prima responsabilità incombe su di essi, in fiduciosa collaborazione con i formatori.

2.      I frati incaricati dell’insegnamento offrano innanzitutto la testimonianza della vita e promuovano tra loro e con gli alunni una profonda comunione di pensiero e di azione. Nell’insegnamento e nei colloqui con gli alunni adottino un metodo attivo che consenta ai frati in formazione di acquisire una cultura viva e coerente.

3.      Preparino ed espongano le lezioni con diligente cura, seguendo la guida del magistero della Chiesa; siano attenti al progresso delle loro discipline e vi adeguino le loro lezioni.

4.      Si raccomanda, infine, che impegnino le loro energie nella ricerca, composizione e pubblicazione di opere scientifiche, specialmente di argomento francescano. A tal fine, ad essi e agli altri frati, possono essere di aiuto gli Istituti Francescani promossi dall’Ordine.

 

 

Articolo VII

La formazione permanente

 

N. 41

1.      Memori di San Francesco e della sua esortazione: “Cominciamo, fratelli, a servire il Signore Iddio, perché finora abbiamo fatto poco o nessun profitto!”, tutti noi dobbiamo essere consapevoli dell’esigenza di una continua formazione.

2.      La formazione permanente è il processo di rinnovamento personale e comunitario e di coerente aggiornamento delle strutture e delle attività, per renderci idonei a vivere sempre la nostra vocazione secondo il Vangelo nella concreta realtà di ogni giorno.

3.      La formazione permanente riguarda in modo unitario tutta la persona. Essa però ha un duplice aspetto: la conversione spirituale mediante un continuo ritorno alle fonti della vita cristiana e allo spirito primigenio dell’Ordine, da realizzare in forme adatte ai tempi e alle culture; e il rinnovamento culturale e professionale attraverso un adattamento, per così dire, tecnico alle condizioni dei tempi. Tutto questo favorisce una maggiore fedeltà creativa alla nostra vocazione.

 

N. 42

1.      La formazione permanente è destinata a tutti i frati, poiché essa non è altro che un continuo sviluppo della nostra vocazione. Quindi, senza alcun dubbio e al di sopra di tutto, è dovere e diritto dei singoli frati dedicarsi alla cura della propria formazione permanente.

2.      Tutti i ministri e i guardiani considerino un dovere ordinario primario del loro servizio pastorale promuovere la formazione permanente dei frati loro affidati.

3.      In particolare, gli stessi ministri e gli altri formatori abbiano cura di far maturare in coloro che vengono ammessi all’Ordine la convinzione di dover attendere per tutta la vita alla propria formazione, perché nessun frate, conclusa la formazione iniziale, può ritenersi pienamente preparato per tutta la vita.

N. 43

1.      L’Ordine abbia strumenti formativi rispondenti al nostro carisma e li metta a disposizione di tutti i frati.

2.      Nelle singole circoscrizioni si emanino norme particolari riguardanti la formazione permanente, secondo la diversità dei luoghi e le condizioni delle persone e dei tempi.

3.      Il programma sia organico, dinamico e completo: abbracci tutta la vita religiosa alla luce del Vangelo e dello spirito di fraternità.

4.      La vita fraterna quotidianafavorisce molto la formazione permanente. E in verità, la prima scuola di formazione è l’esperienza quotidiana della vita religiosa con il suo normale ritmo di preghiera, di riflessione, di convivenza fraterna e di lavoro.

5.      Si raccomandano inoltre i mezzi straordinari, cioè le iniziative nuove o rinnovate di formazione permanente, con la collaborazione e l’aiuto delle fraternità locali e provinciali, esistenti nell’ambito delle singole province o delle regioni o delle Conferenze dei superiori maggiori.

6.      I ministri abbiano cura che i frati idonei siano preparati in modo particolare presso istituti, facoltà e università, nelle scienze sacre e nelle altre scienze, così pure nelle arti e nelle professioni, come sembrerà opportuno per il servizio della Chiesa e dell’Ordine.

7.      Per favorire lo spirito di fraternità in tutto l’Ordine, per perfezionare la formazione e promuovere la cultura francescana si raccomanda il nostro Collegio internazionale di Roma.

8.      Si raccomanda inoltre di tutelare e valorizzare le biblioteche e gli altri beni culturali dell’Ordine riconoscendone la funzione formativa: essi sono testimonianza della nostra identità, spiritualità e azione apostolica.

 

N. 44

1.      Ciascun frate s’impegni con slancio a camminare degnamente nella vocazione francescano cappuccina, alla quale Dio lo ha chiamato.

2.      Perciò sforziamoci tutti di conservare il dono della vocazione religiosa e della perseveranza, nostra e degli altri, e di consolidarlo con la fedele cooperazione alla grazia divina, con prudente vigilanza e con la preghiera costante.

3.      Guardiamoci anche, fratelli, di non cadere nell’apostasia del cuore, che si ha quando, per tiepidezza, sotto un’apparenza religiosa, si porta un cuore mondano e ci si allontana dallo spirito e dall’amore della propria vocazione, obbedendo allo spirito di superbia e di sensualità di questo mondo. Ma, ricordando il detto dell’Apostolo: “Non vogliate conformarvi alla mentalità di questo mondo”, fuggiamo tutto ciò che sa di peccato e snerva la vita religiosa.

4.      Adoperiamoci quindi, perché, dopo aver lasciato il mondo, niente altro desideriamo, niente altro vogliamo, niente altro ci diletti, se non seguire lo spirito del Signore e la sua santa operazione, e piacergli sempre, così da essere veramente fratelli e poveri, miti e assetati di santità, misericordiosi e puri di cuore, tali insomma che, attraverso di noi, il mondo possa conoscere la pace e la bontà di Dio.

Capitolo III

LA NOSTRA VITA DI PREGHIERA

 

N. 45

1.      La preghiera a Dio, come respirazione di amore, nasce dalla mozione dello Spirito Santo, per cui l’uomo interiore si pone in ascolto della voce di Dio che parla al cuore.

2.      Dio, infatti, che ci ha amato per primo, ci parla in molti modi: in tutte le creature, nei segni dei tempi, nella vitadegli uomini, nel nostro cuore e specialmente mediante il suo Verbo nella storia della salvezza.

3.      Nella preghiera, rispondendo a Dio che ci parla, raggiungiamo la pienezza in quanto usciamo dall’amor proprio e, in comunione con Dio e con gli uomini, ci trasferiamo in Cristo Dio-Uomo.

4.      Cristo stesso, infatti, è la nostra vita, la nostra orazione e la nostra azione.

5.      Perciò, realizziamo veramente un filiale colloquio con il Padre quando viviamo Cristo e preghiamo nel suo Spirito, che grida nel nostro cuore: Abbà, Padre!

6.      Consacrati più intimamente al servizio divino mediante la professione dei consigli evangelici, sforziamoci, in libertà di spirito, di sviluppare fedelmente e costantemente questa vita di preghiera.

7.      Coltiviamo perciò con massimo impegno lo spirito della santa orazione e devozione, al quale tutte le altre cose temporali devono servire, per diventare veri seguaci di san Francesco, che apparve non tanto uno che prega, quanto piuttosto un uomo fatto preghiera.

8.      Desiderando sopra tutte le cose lo Spirito del Signore e la sua santa operazione, pre­gando sempre Dio con cuore puro, rendiamo agli uomini la testimo­nianza di una preghiera autentica, così che tutti vedano e sperimentino nel nostro volto e nella vita delle nostre fraternità il riflesso della bontà e della benignità di Dio presente nel mondo.

N. 46

1.      La nostra preghiera sia manifestazione peculiare della nostra vocazione di frati minori.

2.      Preghiamo veramente come frati quando ci riuniamo nel nome di Cristo, in mutua carità, affinché il Signore sia realmente in mezzo a noi.

3.      E preghiamo veramente come minori quando viviamo con Cristo povero ed umile, offrendo al Padre il grido dei poveri, condividendo effettivamente la loro condizione di vita.

4.      Manteniamoci dunque fedeli a quanto abbiamo promesso, adempiendo nella nostra vita ciò che il Signore vuole e volendo ciò che a Lui piace.

5.      In tal modo l’orazione e l’azione, ispirate dall’unico e medesimo Spirito del Signore, anziché opporsi tra loro, si completano a vicenda.

6.      La preghiera francescana è affettiva, cioè preghiera del cuore, che ci conduce all’intima esperienza di Dio. Contemplando Dio, sommo Bene e tutto il Bene, dal quale procede ogni bene, devono erompere dal nostro cuore l’adorazione, il ringraziamento, l’ammirazione e la lode.

7.      Scorgendo Cristo in tutte le creature, andiamo per il mondo annunciando la pace e la penitenza, invitando tutti alla lode di Dio, come testimoni del suo amore.

 

N. 47

1.      Consacrati al servizio di Dio mediante il battesimo e a Lui più intimamente uniti con la professione religiosa, teniamo in massima considerazione la sacra Liturgia, che è l’esercizio dell’ufficio sacerdotale di Cristo, il culmine di ogni azione della Chiesa e la sorgente della vita cristiana. Alimentiamo la vita spirituale personale e fraterna a questa stessa fonte e apriamo i suoi tesori ai fedeli.

2.      Abbiamo perciò la massima venerazione per il mistero dell’Eucaristia e per l’Ufficio divino, che san Francesco voleva informassero tutta la vita della Fraternità.

3.      Partecipiamo alla sacra Liturgia con devozione e con degno comportamento esteriore.

4.      Coltiviamo diligentemente la fedeltà alle norme liturgiche,coniugandola, secondo il loro genuino spirito, con la creatività, la spontaneità e leculture locali.

5.      Affinché la Parola di Dio penetri più profondamente nei nostri cuori e l’interiore partecipazione ai divini misteri rinnovi sempre più la nostra vita, nelle nostre celebrazioni diamo conveniente spazio al silenzio, che è parte della stessa azione liturgica.

6.      A imitazione di san Francesco, che spesso esprimeva i suoi affetti con il canto e la musica, le azioni liturgiche, per quanto possibile, siano celebrate con il canto, in particolare nei giorni festivi. Facciamo, tuttavia, attenzione non tanto all’espressione melodica della voce quanto piuttosto alla partecipazione interiore, affinché la voce concordi con la mente e la mente con Dio.

7.      Quanto al rito, i frati si conformino alle prescrizioni che le competenti autorità ecclesiastiche hanno emanato per la regione dove essi si trovano.

 

N. 48

1.      Partecipiamo con piena consapevolezza e attivamente all’Eucaristia, fonte della vita ecclesiale e radice, cardine e cuore della nostra vita fraterna. Celebriamo il mistero pasquale di Gesù Cristo finché Egli venga, nulla ritenendo di noi stessi, affinché ci accolga totalmente Colui che totalmente a noi si offre.

2.      Perché sia più evidente che, nella frazione del pane eucaristico, siamo elevati alla comunione con Cristo e fra di noi, e per manifestare quindi l’unità del sacrificio, del sacerdozio e della fraternità, in tutte le nostre case si celebri ogni giorno una messa della fraternità. Se ciò non fosse possibile, si celebri frequentemente l’Eucaristia con la partecipazione di tutti i frati.

3.      L’Eucaristia, nella quale sotto le specie consacrate è presente per noi lo stesso Signore Gesù Cristo, sia conservata nei nostri oratori e nelle nostre chiese nel luogo e nel modo più degni.

4.      Sull’esempio di san Francesco, adoriamo con fede, umile riverenza e devozione Gesù Cristo presente nell’Eucaristia. Con Lui offriamo al Padre mediante lo Spirito noi stessi e le nostre azioni, e dinanzi a Lui, centro spirituale della fraternità, sostiamo frequentemente in fervente preghiera.

N. 49

1.      La Liturgia delle Ore, che estende alle diverse ore del giorno la grazia dell’Eucaristia, è preghiera di Cristo, che unisce a sé la Chiesa nella lode e nella supplice intercessione che Egli rivolge incessantemente al Padre a favore di tutti gli uomini.

2.      Celebriamo degnamente la Liturgia delle Ore, cui la Chiesa ci vincola in forza della nostra professione, per partecipare all’eterno canto di lode, introdotto sulla terra dal Verbo Incarnato, e unirci alla voce della Chiesa che parla a Cristo sposo, pregustando la lode che ininterrottamente risuona davanti al trono di Dio e dell’Agnello.

3.      Tutta la fraternità si riunisca quindi ogni giorno, nel nome di Cristo, per rendere grazie al Padre nello Spirito Santo facendo memoria dei misteri della salvezza con la Liturgia delle Ore, attraverso cui il Mistero di Cristo penetra e trasfigura il tempo. Quando questo non può essere fatto integralmente, si celebrino in comune almeno le Lodi e i Vespri.

4.      Raccomandiamo, inoltre, che i frati facciano lo stesso ovunque siano o si trovino, e che, secondo le circostanze dei luoghi, si celebri la Liturgia delle Ore con i fedeli.

5.      Il Capitolo locale, con l’approvazione del ministro, disponga l’orario della casa e del lavoro in modo che il corso del giorno e ogni nostra attività siano consacrati dalla lode di Dio, tenendo anche conto delle particolari circostanze delle persone, dei tempi e delle culture.

6.      Quando non possiamo celebrare comunitariamente la Liturgia delle Ore, ricordiamoci che anche nella recita individuale ci uniamo spiritualmente a tutta la Chiesa e specialmente ai fratelli. Con questa stessa profonda intenzione preghino quei frati che dicono l’ufficio dei Pater noster, secondo la Regola.

 

N. 50

1.      La nostra preghiera si ispiri all’insegnamento dei profeti e dei salmisti e, soprattutto, all’esempio del Figlio di Dio che, assumendo la condizione umana, anche nella sua preghiera si è fatto partecipe di tutto ciò che vivono i suoi fratelli e, offrendo se stesso, intercede per loro presso il Padre.

2.      San Francesco, che nella contemplazione ha scoperto il piano di Dio, ha voluto partecipare pienamente all’amore di Cristo per l’uomo abbracciando i lebbrosi e annunciando a tutti la buona novella della speranza e della pace attraverso la conversione.

3.      Anche i nostri primi fratelli cappuccini, dando il primato alla vita di contemplazione e di solitudine, furono attenti e solleciti alle necessità degli uomini e sperimentarono la presenza di Dio nelle vicende quotidiane e nelle realtà umane.

4.      Seguendo il loro esempio, sforziamoci di cogliere le manifestazioni dell’amore di Dio nella trama della storia, nella religiosità popolare e nelle particolari culture delle diverse regioni.

5.      Perciò la nostra preghiera sia espressione di universale solidarietà e compassione. Conformandoci da vicino alla preghiera di Gesù, facciamoci voce di ogni realtà, assumendo su di noi le gioie e le speranze, i dolori e le angosce di tutti gli uomini.

N. 51

1.      Consapevoli che nella preghiera noi collaboriamo con Dio per l’avvento del suo Regno e l’edificazione del Corpo di Cristo, e memori dello spirito cattolico di san Francesco, supplichiamo il Signore per la santa madre Chiesa, per il Papa, per coloro che ci governano, per tutti gli uomini, per la salvezza del mondo intero e in particolare per tutta la Famiglia Francescana e per i benefattori.

2.      La fede nel Cristo risorto sostiene la nostra speranza e mantiene viva la comunione con i fratelli che riposano nella pace di Cristo. Uniti in uno scambio di doni spirituali, nella celebrazione dell’Eucaristia e nelle nostre preghiere raccomandiamo a Dio misericordioso tutti i defunti. Con riconoscenza e sentimento di carità, offriamo suffragi particolari secondo quanto stabilito nelle Ordinazioni dei Capitoli generali.

N. 52

1.      La Chiesa, ogni Domenica, fa memoria della resurrezione del Signore e durante l’Anno liturgico, che ha il suo centro nel Triduo pasquale, ricorda e dispensa i misteri della redenzione a tutti i fedeli, perché essi possano essere ripieni della grazia della salvezza.

2.      Viviamo la Domenica, Pasqua della settimana, nell’ascolto della Parola e nella comunione dell’unico pane spezzato per rinvigorire la nostra vita in fraternità. Nel giorno del Signore dedichiamoci generosamente al servizio pastorale. Celebrando con gioia e gratitudine il dono della creazione, alimentiamo in noi la fervida attesa della domenica senza tramonto, che ci introdurrà nel riposo di Dio.

3.       Abbracciamo con tutto il cuore, come sorgente di spirito e di vita, la ricchezza di grazia che a noi proviene dalla celebrazione dell’Anno liturgico e dai Sacramenti, fonte inesauribile di nutrimento spirituale e via maestra della nostra formazione.

4.       Celebrando i misteri della salvezza, come figli di Dio, nella preghiera lasciamoci condurre dallo Spirito Santo, affinché ci faccia crescere ogni giorno di più nel Cristo per raggiungere la pienezza della comunione con il Padre e con i fratelli.

5.       Nello spirito del santo Vangelo e seguendo l’itinerario dell’Anno liturgico, veneriamo e predichiamo ai fedeli in modo speciale i misteri dell’umanità di Cristo, particolarmente del Natale e della Passione, nei quali san Francesco ammirava l’amore e l’umiltà del Signore.

6.      Anche nelle feste della vergine Maria e nelle memorie dei santi, la Chiesa proclama la Pasqua del suo Signore. Veneriamo dunquecon singolare devozione, specialmente con il culto liturgico, l’Angelus e il rosario, Maria Madre di Dio e Vergine concepita senza peccato, figlia e serva del Padre, madre del Figlio e sposa dello Spirito Santo, fatta Chiesa - secondo l’espressione di san Francesco - e promuoviamone la devozione tra il popolo. Ella infatti è nostra madre e avvocata, patrona del nostro Ordine, partecipe della povertà e della passione del Figlio suo e - come testimonia l’esperienza - via per raggiungere lo spirito di Cristo povero e crocifisso.

7.      Allo stesso tempo veneriamo piamente, secondo l’antica tradizione, san Giuseppe, sposo fedele della Vergine Maria, custode del Redentore e umile lavoratore.

8.      Coltiviamo e promuoviamo, secondo le consuetudini locali, la devozione al santo Padre Francesco, modello dei minori, a santa Chiara e ai santi, specialmente nostri, facendo attenzione che tale venerazione sia sempre conforme allo spirito della sacra Liturgia.

N. 53

1.      Nella Liturgia Dio stesso viene incontro a noi con la sua Parola e ci parla; noi, pregando con le sue stesse parole tratte dalla Scrittura, gli rispondiamo con fiduciosa apertura del cuore.

2.      Poiché la nostra vita di consacrazione nasce e viene edificata dalla Parola di Dio, seguendo l’esempio di san Francesco coltiviamo una intensa familiarità con essa per progredire nella esperienza di Dio e diventare una trasparenza evangelica per la Chiesa e per il mondo.

3.      Dedichiamo ogni giorno tempo sufficiente alla lettura orante della Sacra Scrittura e nutriamo la vera devozione anche con altri libri spirituali.

4.      Alimentiamo, altresì, la nostra vita evangelica in fraternità dandoci tempi di condivisione della Parola di Dio e lasciandoci interpellare da essa.

5.      Per avere sempre davanti agli occhi della mente la via e la vita che abbiamo professato, in ogni circoscrizione si diano norme sia per la lettura in comune della Sacra Scrittura, della Regola, del Testamento e delle Costituzioni, sia per la rinnovazione comunitaria della professione.

N. 54

1.      Custodiamo e promuoviamo quello spirito contemplativo che risplende nella vita di san Francesco e dei nostri antichi frati. Perciò dedichiamo ad esso un più ampio spazio coltivando l’orazione mentale.

2.      L’orazione mentale è la maestra spirituale dei frati, i quali, se sono veri e spirituali frati minori, incessantemente pregano quanto più interiormente. Pregare, infatti, non è altro che parlare a Dio con il cuore, e, in realtà, non prega chi parla a Dio soltanto con la bocca. Ognuno perciò si sforzi di attendere all’orazione mentale o contemplazione e - secondo l’insegnamento di Cristo, ottimo maestro - di adorare l’eterno Padre in spirito e verità, adoperandosi con sollecita cura ad illuminare la mente e ad infiammare il cuore più che di formulare parole.

3.      L’autentica orazione mentale ci conduce allo spirito della vera adorazione, ci unisce intimamente a Cristo e accresce di continuo nella vita spirituale l’efficacia della sacra Liturgia.

4.      E perché non si affievolisca mai in noi lo spirito di orazione e preghiera, ma si accenda ogni giorno sempre di più, dobbiamo dedicarci quotidianamente a questo esercizio.

5.      I ministri, i guardiani e gli altri, ai quali è affidata la cura della vita spirituale, si adoperino perché tutti i frati progrediscano nella conoscenza e nella pratica dell’orazione mentale.

6.      I frati poi attingano alle fonti genuine della spiritualità cristiana e francescana lo spirito di orazione e la preghiera stessa per apprendere la sublime conoscenza di Gesù Cristo.

N. 55

1.      Il primato dello spirito e della vita di preghiera sia assolutamente attuato dalle fraternità e dai singoli frati, dovunque si trovino, come è richiesto dalle parole e dall’esempio di san Francesco e dall’autentica tradizione cappuccina.

2.      È della massima importanza formare la coscienza alla necessità vitale della preghiera personale. Ogni frate, dovunque si trovi, si procuri ogni giorno il tempo sufficiente per l’orazione mentale, per esempio un’ora intera.

3.      I Capitoli provinciali e locali provvedano che tutti i frati abbiano ogni giorno il tempo necessario per l’orazione mentale da farsi in comune e in privato.

4.      La fraternità locale nei Capitoli si interroghi sulla preghiera comunitaria e personale dei frati. I frati e, per il loro ufficio pastorale, prima di tutto i guardiani, si ritengano reciprocamente responsabili nella animazione della vita di preghiera.

5.      Come discepoli di Cristo, benché poveri e fragili, perseveriamo nella preghiera, affinché coloro che cercano sinceramente il Signore si sentano attratti a pregare con noi.

6.      Coltiviamo nel popolo di Dio lo spirito e lo sviluppo della preghiera, soprattutto interiore, poiché questo, fin dall’inizio, fu carisma della nostra Fraternità di Cappuccini e, come testimonia la storia, germe di genuino rinnovamento. Perciò, impegniamoci con zelo ad apprendere l’arte della preghiera e a trasmetterla agli altri.

7.      L’educazione alla preghiera e alla esperienza di Dio con metodo semplice qualifichi la nostra azione apostolica. Gioverà molto adoperarsi affinché le nostre fraternità siano autentiche scuole di preghiera.

N. 56

1.      Per rinnovare continuamente la nostra vita religiosa, tutti i frati, ogni anno, facciano gli esercizi spirituali e ci siano anche altri periodi di ritiro.

2.      A questo fine i ministri e i guardiani provvedano affinché ciascun frate, anche coloro che vivono fuori della casa religiosa, abbia il tempo necessario e l’opportunità.

N. 57

1.      Ogni fraternità deve essere veramente una fraternità orante. A questo scopo in tutte le circoscrizioni si ponga la massima cura per formare allo spirito e alla pratica della preghiera i singoli frati e le fraternità stesse, utilizzando i mezzi adeguati.

2.      Giova istituire in singole o più circoscrizionifraternità di ritiro e di contemplazione. I frati che, secondo la multiforme grazia di Dio, costituiscono tali fraternità, vivendo in comunione con la fraternità provinciale, tengano presente ciò che san Francesco scrisse per quelli che vogliono condurre vita religiosa negli eremi.

3.      Le stesse fraternità di ritiro siano aperte a tutti gli altri frati, i quali, come Dio concederà loro, desiderano trascorrere in esse periodici intervalli di tempo per attendere più intensamente alla preghiera e alla vita con Dio.

N. 58

1.      Il silenzio, che è custode fedele della vita interiore ed è richiesto dalla carità nella vita in comune, venga tenuto in grande stima in tutte le nostre fraternità per tutelare la vita di preghiera, di studio e di riflessione.

2.      È compito del Capitolo locale proteggere nelle nostre fraternità il clima di preghiera e di raccoglimento, allontanando tutto ciò che lo impedisce.

N. 59

1.      Nella santa carità, che è Dio, san Francesco esorta tutti i frati, affinché, allontanato ogni impedimento e messa da parte ogni preocupazione e ogni affanno, si impegnino a servire, amare, adorare e onorare il Signore Iddio, con cuore puro e con mente pura.

2.      Accogliendo con cuore docile e aperto l’appello del nostro Padre e Fratello, fissiamo costantemente in Dio lo sguardo e il cuore, affinché, interiormente purificati, interiormente illuminati e accesi dal fuoco dello Spirito Santo, possiamo attrarre tutti all’amore delle realtà invisibili e il mondo, assetato di Dio, venga illuminato dalla conoscenza del Signore e riempito della sua beatitudine.

3.      Guidati dallo Spirito, costruiamo in noi una casa e una dimora permanente al Signore Dio onnipotente, Padre, e Figlio e Spirito Santo.


 

Capitolo   IV

LANOSTRAVITAINPOVERTÀ

 

 

ArticoloI

Ilnostroimpegnodipovertà

N.60

1.      IlDioaltissimo,TrinitàperfettaeUnitàsemplice,èmisterodiumiltà.LapurarelazionediamoretralePersonedivine,chetraboccanellacreazioneenellastoriadellasalvezza,èmodellodiognirelazioneumanaefondamentodellanostravitainpovertàeumiltà.

2.      Massimamanifestazionedell’umiltàdiDioèGesùCristo,ilFigliochetuttoricevedalPadreetuttocomunicaconilPadrenelloSpiritoechefumandatoadevangelizzareipoveri.Egli,cheeraricco,sièfattopoveropernoidiventandosimileagliuomini,affinchénoidiventassimoricchipermezzodellasuapovertà.

3.      Dallanascitanelpresepiofinoallamorteincroceamòipoverietestimoniòl’amoredelPadrechelicerca,adesempioperidiscepoli.

4.      LaChiesariconoscelapovertàvolontariacomesegnodellasequeladiCristo,specialmenteneireligiosi,eproponesanFrancescocomeimmagineprofeticadellapovertàevangelica.

5.      Egli,infatti,colmodistuporeperlabellezzadiDio,cheèumiltà,pazienzaemansuetudine,fucondottoallasceltadellapovertà,sperimentatanell’umiltàdellaIncarnazioneenellacaritàdellaPassione,perseguirenudoilnudoSignorecrocifisso.

6.      L’idealeevangelicodellapovertàindusseFrancescoallaumiltàdelcuoreeallaradicaleespropriazionedisé,allacompassioneversoipoverieidebolieallacondivisionedellalorovita.

N.61

1.       AderendoalleintuizionievangelichedisanFrancescoeallatradizionedell’Ordine,assumiamocomenostrocompitospecialeseguirelapovertàdelSignoreGesùCristoinsemplicitàdivitaelietaausterità,nellavoroassiduo,nellafiducianellaProvvidenzaenellacaritàversogliuomini.

2.       Lapovertà,sceltaperseguireCristo,cirendepartecipidellasuarelazionefilialeversoilPadreedellasuacondizionedifratelloediservoinmezzoagliuomini,eciinduceallasolidarietàconipiccolidiquestomondo.

3.       L’adesioneall’idealeevangelico della povertàrichiedeladisponibilità nell’amoreelaconformitàconCristopoveroecrocifisso,venutonelmondoperservire.

4.       Nonappropriamocideidonidinaturaedigraziacomesecivenisserodatisolopernoistessi,masforziamocidimetterlicompletamenteadisposizionedelpopolodiDio.

5.       Usiamodeibenitemporalicongratitudine,condividiamoliconibisognosienellostessotempooffriamolatestimonianzadelrettousodellecoseagliuominicheledesideranoconavidità.

6.       AnnunceremoveramenteaipovericheDioèconloronellamisuraincuisaremodisponibiliversodiloroerealmentepartecipidellalorocondizione.

N.62

1.      Perchélanostrapovertàindividualeecomunitariasiaautentica,deveesseremanifestazionedellapovertàinteriore,eperciòtaledanonaverebisognodialcunainterpretazione.

2.      Lapovertàesigeuntenoredivitasobrioesemplice.Perciòsforziamocidiridurrealminimolenostreesigenzematerialiperviveresolodelnecessario,ripudiandodecisamenteognimentalitàepraticaconsumistica.

3.      L’austeritàcirendepiùapertiaivaloridellospirito,cipreservadatuttociòchesnervailnostrorapportoconDioeconifratellieciapreallasolidarietà.

4.      La minorità esigedinoncercarepernoiformediprestigio,dipotere,didominiosociale,politicooecclesiastico;scegliamopiuttostodiessereserviesoggettiadogniumanacreatura,accettandolaprecarietàelavulnerabilitàdellanostracondizionedifratiminori.

5.      Abbracciamo,dunque,tutteleesigenzedelviveresenzanulladiproprio,consapevoliche, senza la minorità, la povertà non ha senso e diventa orgoglio, e altrettanto coscienti che, senza la povertà, la minorità è falsa.

N.63

1.      Viviamoinconsapevolesolidarietàcongliinnumerevolipoveridelmondoeconlanostraattivitàapostolicainduciamoilpopolo,specialmenteicristiani,adoperedigiustiziaedicaritàperpromuovereilbenecomune.

2.      Sonodalodareifraticheinparticolarisituazionidell'ambiente,vivendoconipoveriepartecipandoallelorocondizionieaspirazioni,lispingono al progresso socialeeculturaleeallasperanzadeibenieterni.

3.      Sia chiaro, tuttavia, che l’opzionepreferenzialeperipovericiinterpellacomefraternitàedesigeconcreteattuazionicomunitarie,fruttodisceltecondivise.

N.64

1.      Pratichiamolavitacomuneecondividiamovolentieritranoilecosedateaisingoli.

2.      A motivo della nostra professione religiosa siamotenutiaconsegnareallafraternitàtuttiibeni,compresistipendi,pensioni,sovvenzioni,assicurazionicheinqualunquemodocipervengono.

3.      Lafraternitàprovvedaaognifrateilvitto,ilvestitoelecosenecessarieperl'eserciziodelproprioufficio.Perrispettarelamedesimadignitàdituttiifratelli,sievitiogniformasiadiprivilegiochediegualitarismo.Inoltre,sitengasemprecontocheilnostrostiledivitadevecostituireunatestimonianzadipovertàevangelica, di minorità efraternitàneidiversicontestisocialieculturali.

4.      Iministrieiguardianisiano per i frati esempiodiminorità nella custodiadellapovertàenepromuovanol'osservanza.

N. 65

1.      Poichélapovertàevangelicaèunimpegnoessenzialedellanostraformadivita,neiCapitolisiageneralicheprovincialielocali,prendiamodecisionisulmododiosservarlasemprepiùfedelmenteconformeconvenientialcorsodeltempoealladiversitàdeiluoghi,eperciòsempredariformare.

2.      Con vicendevole carità e docili allo Spirito del Signore, verifichiamo spesso il nostro modo di osservare la povertà: il nostro stile di vita personale e comunitario sia sempre semplice e austero, la testimonianza delle nostre fraternità profetica e credibile, la nostra missione nei confronti dei poveri generosa e autentica.

ArticoloII

Lapovertàriguardoaibeniealdenaro

N. 66

1.      Osserviamo la povertà che abbiamo promesso, memori delle intenzioni e delle parole di san Francesco: “I frati non si approprino di nulla, né casa, né luogo, né alcuna altra cosa”.

2.      Usiamo i beni temporali per le necessità della vita, dell'apostolato, della carità, soprattutto verso i poveri.

3.      Perciò, come pellegrini e forestieri in questo mondo, mentre siamo in cammino verso la terra dei viventi, serviamo il Signore in povertà e umiltà.

N. 67

1.      Come figli dell'eterno Padre, messa da parte ogni ansiosa preoccupazione, riponiamo la nostra fiducia nella Provvidenza divina e affidiamoci alla sua bontà infinita.

2.      Non facciamo quindi provviste eccessive di beni, nemmeno di quelli necessari al vitto.

3.      Procuriamo, soprattutto con il nostro lavoro, i mezzi e i sussidi necessari alla vita e all'apostolato.

4.      E se questi ci venissero a mancare, andiamo con fiducia alla mensa del Signore, secondo le disposizioni della Chiesa universale e particolare. Mentre chiediamo agli uomini l'elemosina, diamo loro testimonianza di fraternità, minorità, povertà e letizia francescana.

 

N. 68

1.      San Francesco, secondo il proprio carisma di povertà e di minorità nella Chiesa, comandò ai suoi di non accettare il denaro in nessun modo, in quanto segno di ricchezza, pericolo di avarizia e di dominio nel mondo.

2.      Tuttavia, poiché per le mutate condizioni dei tempi l'uso del denaro si è reso necessario, i frati, volendo compiere la volontà del serafico Padre, usino il denaro solo come mezzo ordinario di scambio e di vita sociale necessario anche ai poveri, e secondo le prescrizioni del nostro diritto proprio.

 

N. 69

1.      Iministrieiguardianiche,inforzadelloroufficio,hannoildoverediaveresollecitacuradellenecessitàdeifrati,usinoildenaroperlenecessitàdellavitaeperleoperedell'apostolatoedellacarità.

2.      Tutti i frati, secondo le norme stabilite in ogni circoscrizione, hanno il dovere di rendere conto del denaro che è stato loro affidato per le necessità della vita.

3.      Pertutti,tuttavia,siaperiministrieiguardianicheperglialtrifrati,l'usodeldenarodeveesseresempretaledanoneccedereilmodochecorrispondeveramenteaipoveri.

4.      Perrimanerefedeliallapovertàifratinonsirivolganoagliamicieaiparenticonlarichiestadidenaroodialtrecose,néricevanodoniperlorousoesclusivosenzailpermessodelguardianoodelministro.

 

N. 70

1.      Iministri,conilconsensodelloroConsiglio,possonoricorrerealleassicurazionioadaltreformediprevidenzasociale,dovetaliistituzionisocialisonorichiesteodallapubblicaautorità,siaecclesiasticachecivile,pertuttioperalcunecategoriedipersone,oppureseviricorronocomunementeipoveridiquellaregione.

2.      Evitino, però,accuratamentequelleassicurazionichenellaregioneincuidimoranopresentanocaratteredilussoodilucro.

3.      È tuttaviaopportunocheiministrieiguardiani,comefalagentedimodestecondizioni,depositinoildenaroveramentenecessariopressobancheoaltrisimiliistituti,osservandoquantoprescrittodalnostrodirittoproprio.

4.      Nonricevanoperòfondazioni,legatiperpetuiedereditàcondirittiedoneriperpetui.

N. 71

1.      Ifraticonlalorovitamostrinoaglialtriuominicome lapovertàvolontarialiliberidallacupidigia,cheèradicedituttiimali,edall'ansiosasollecitudinedeldomani.

2.      Perciòiministrie i guardianinell’usodeldenaroevitinoogniaccumuloospeculazione,salvounpiccolomarginedisicurezza.

3.      Perogniusodeibeni,anchedeldenaro,lecircoscrizioni,lefraternitàeifratiseguanoquestocriterioprecisoepratico:ilminimonecessario,nonilmassimoconsentito. Tale criterio sia attuato neidiversicontestisocialiincuiviviamo.

4.      PernondiventarefiglidegeneridisanFrancescotrattenendolecoseingiustamente,ibenichenonsononecessariallesingolefraternitàsianoconsegnatiaiministri perlenecessitàdellacircoscrizioneedell’Ordineosianodistribuitiaipoveriovenganodestinatiperilprogressodeipopoli,secondolenormefissatedalCapitoloprovinciale.RiguardoatuttoquestosifacciaabbastanzaspessounacomuneriflessionenelCapitololocale.

5.      IfratinelCapitololocale,secondolospiritodelleCostituzioni,riflettanosulrettousodeibeniriguardoalvitto,alvestiario,aidonidicaratterepersonaleecomunitario,all'usodeimediaedeglistrumentitecnologici,aiviaggiesimili.

6.      Riflettiamoanchesuimezzidaimpiegarenell'espletamentodeicompitieministeri,scegliendosemprequellicheconvengonoallanostracondizionedifratiminori.

N. 72

1.      Seguendol'insegnamentodisanFrancesco,inspiritodiminorità,manifestiamociconfiduciaogninecessità,riconoscendonellamutuadipendenzaunacomponenteessenzialedellacomunionefraternaelafontedelreciprocosostegno.

2.      Pratichiamolasolidarietà,privilegiataespressionedell'amorefraterno,eimpegniamocicondecisavolontàperilbenedituttiediciascuno,perchénoituttisiamoresponsabiliditutti.

3.      Incasodibisogno,lesingolefraternitàdellastessaarea,comeanchelecircoscrizionidell'Ordine,condividanotraloroconprontezzaeinspiritodisacrificioibenianchenecessari.

4.      EsprimiamolanostrasolidarietàatuttiifratelliesorelledellaFamigliaFrancescana e,incollaborazioneconloro,condividiamocontuttelepersonedibuonavolontàl'impegnoperlapromozionedellagiustiziaeperunagiustadistribuzionedeibeni.

5.      Promuoviamounaculturadicondivisione,inducendogliuominiallaconsapevolezzadelladestinazioneuniversaledeibeni,iqualidevonoessereusaticonsensodiresponsabilitàversolegenerazionifuture.Favoriamocosìunautenticosvilupposocialeedeconomicosubasieticheereligiose,fondatosullacrescitadelsensodiDio,delladignitàdellapersonaumana,dellagiustiziaedellapacetraipopoli.

ArticoloIII

La povertànellenostreabitazioni

N. 73

1.      Dobbiamovivereincaseumiliepovere,alloggiandovisemprecomepellegrinieforestieri.

2.      Nelloscegliereilluogoperunanuovacasa,sitenganopresentilanostravitadipovertàeilcontestoabitativodeipoveridellaregione,ilbenespiritualedeifratieleesigenzedellevarieattivitàchevisidovrannosvolgere.Taliabitazionisianostrutturateinmododarisultare accessibili a tutti,specialmenteallagente di piùumilecondizione.

3.      Lecasesianoadeguatamenteproporzionateallerealinecessitàeagliimpegnidellafraternità,efavoriscanolapreghiera,illavoroelavitafraterna.

4.      NeiCapitolisiverifichilacorrispondenzadellenostreabitazioniallaveritàdellavitainpovertàeminoritàesitrattidell'usosocialedeibeniaffidatiallefraternità,siadeldenarocomedellecaseedeiterreni,chedobbiamoimpiegarevolentieriavantaggiodegliuomini,evitandoaccuratamentediaccumularesiadenarochebeniimmobili.

N. 74

1.      Lechiesesianosemplici,decoroseepulite.Siabbiadiligentecurachefavoriscanolavitadipreghieradellafraternità,sianoidoneeallecelebrazioniliturgicheeallapartecipazioneattivadeifedeli.

2.      Lesacrestiedevonoessereadeguateesufficientementeprovvistedisuppellettilesacra.Tuttociòcheservealcultosiadecorosoeconformeallenormeliturgiche,senzaoffenderelapovertàelasemplicità.

 

 

ArticoloIV

L'amministrazionedeibeni

N. 75

1.      Alloscopodigarantirel'osservanzadellapovertàe della minorità,nostraopzionedifamiglia,curiamoancheunaamministrazioneresponsabile,precisaeoculatadeibenianoiaffidati.

2.      La trasparenza qualifica la nostra vita personale e fraterna e alimenta tra noi fiducia, sincerità e comunione. Essa caratterizzi anche la nostra amministrazione dei beni, ad ogni livello, e ci impegni a rendere conto di tutto ciò che riceviamo e usiamo.

3.      Poichésiamocorresponsabilidellavitafraterna,favoriamolapartecipazioneattivadituttiifrati,affinchéledecisioni,ancheinambitoamministrativo,sianomaturateinsiemeecondivisenellamanierapiùampiapossibile,nelrispettodeiruoliedellecompetenzespecifiche.

4.      E sempre ricordiamoci che l'efficace testimonianza della nostra vita deve prevalere sull'efficienza e la produttività.

5.      Nellaformazione,sindaltempodellainiziazione,sipongaladovutacuraaffinchéifratiacquisiscanolarettacomprensionedellospirito,deiprincipiedellapraticadell'economiafraterna,secondoleesigenzedellanostravitainpovertàeminorità.

 

N. 76

1.      Perl'amministrazionedeldenaroedeglialtribeni,nellaCuriageneraleeinquelleprovinciali,cisiano degli econominominatidalrispettivoministroconilconsensodelsuoConsiglio.

2.      Anchenellesingolecasecisianodeglieconomilocali,nominatidalministroconilconsensodelsuoConsiglio.

3.      Glieconomisianoveramentecompetentiecompianoilloroufficioincoerenzaconilnostrostiledivita,sottoladirezioneelavigilanzadelpropriosuperiore,anormadeldirittouniversaleeproprio.

4.      Perl'importanzae i rischidel compitoaloroaffidato,gliamministratorieglieconomiordinariamentenonpermanganopertroppianninellostessoufficio.

5.      Nell'amministrazionedeibenicisiavvalgaopportunamentedilaicicompetenti,sul cui operato vigilare.Quandositrattidioperesocialiecaritative,siaffidiailaicil'amministrazione,determinandoneilimitidicompetenza,vigilandochesianorispettatel'indoleelefinalitàdell'operaeriservandoanoil'animazionepastorale.

6.      Nell’amministrazionedeibeni,neicontrattienellealienazioni,siosservinoconprecisionelenormedeldirittocanonicoecivileecisiattengarigorosamenteaiprincipietici,inconformitàalladottrinasocialedellaChiesa.

7.      L'Ordineverifichiperiodicamenteicriterielelineeoperativecuiattenersiperunasanaegiustaamministrazioneeperlagestionedellerisorsepecuniarie.Secondoopportunità,raccolgalerelativedisposizioniinappositistatuti.Allostessomodosioperinellesingolecircoscrizioni.

N. 77

1.      Chiamatiallaviaevangelicadellapovertà,abituiamociasoffrireprivazionisull'esempiodiCristoememoridisanFrancesco,chevolleesserecosìpoverodaaffidarsi,spogliodituttelecoseeliberodailegamidelcuore,alPadrechesiprendecuradinoi.

2.      Enonvogliamoesserenelnumerodeifalsipoveri,cheamanoesserepoveriacondizioneperòchenonmanchiloronulla.

3.      RiflettiamochelapovertàevangelicaelasuaperfezioneconsistonoprincipalmentenellapienadisponibilitàversoDioeversogliuomini.

4.      Nonattacchiamociperciòconaffettodisordinatoaibeniterreni, ma usiamodiquestomondocomesenonneusassimo,enellalodeenell'azionedigrazierestituiamotuttiibenialSignoreDioaltissimoesommo,cheètuttalanostraricchezzaa sufficienza.


CapitoloV

ILNOSTROMODODILAVORARE

N. 78

1.      Dio Padre, che ha fatto ogni cosa con sapienza e amore, chiama tutti a partecipare all'opera della creazione mediante il lavoro, attraverso il quale l'uomo corrisponde al disegno originario di Dio, matura se stesso, aiuta il prossimo e coopera al miglioramento della società.

2.      Gesù Cristo, Verbo di Dio, assumendo la condizione umana, ha sperimentato anche la fatica del lavoro. Egli ha conferito al lavoro una nuova dignità e lo ha elevato a strumento di salvezza per tutti, sia lavorando con le proprie mani e alleviando la miseria umana, sia proclamando il Regno di Dio.

3.      Lo Spirito Santo, creatore e santificatore,anima la Chiesa ad annunciare il Vangelo del lavoro unendo la luce della Rivelazione all'impegno di quanti si adoperano nell'affermare il valore autentico del lavoro e nel tutelare la dignità della persona.

4.      San Francesco, alla sequela di Gesù Cristo, ha lavorato con le proprie mani. Egli ha dichiarato la propria volontà di lavorare, considerando in modo singolare il lavoro una grazia da accogliere e vivere con gratitudine. Per questo ha esortato fermamente i suoi frati a fuggire l'ozio, che è nemico dell'anima, e a lavorare con fedeltà e devozione.

5.      Come suoi fedeli seguaci e secondo la tradizione dei cappuccini, stimiamo la grazia del lavoro, assumendone ogni giorno la fatica con responsabilità e animo lieto, a lode di Dio e a servizio del suo popolo. Impegniamoci a lavorare diligentemente, partecipi, da veri minori, della condizione di quanti debbono procurarsi il necessario per vivere.

6.      Viviamo e promuoviamo nel popolo un’autentica spiritualità del lavoro. Esso riceve la sua luce più grande dal mistero pasquale di Cristo ed è mezzo di santificazione. Sostenendo la fatica di ogni giorno, cooperiamo con il Figlio di Dio alla redenzione dell'umanità e al compimento del Regno.

7.     Testimoniamoilsensoumanodellavoro,svoltoinlibertàdispiritoerestituitoallasuanaturadimezzodisostentamentoediservizio.Vivendoquestoaspettoessenzialedellapovertàevangelica,rispondiamoalleprovocazionidell’individualismoedellariduzionedellavoroastrumentodimeroprofittoeconomico.

8.     FormandocialladottrinasocialedellaChiesa,adoperiamociaffinchésiasempretutelataladignitàdeilavoratoriedellavorostesso,particolarmentesollecitiversoquantinonriesconoatrovareunimpiego.

N. 79

1.      Il lavoro è il mezzo fondamentale per il nostro sostentamento e per l'esercizio della carità.

2.      Perciò ciascuno di noi faccia fruttificare i talenti ricevuti da Dio e, secondo la condizione d'età e di salute, spenda senza riserve e gioiosamente le proprie forze per il bene della fraternità e per la solidarietà verso i poveri con i quali dobbiamo condividere volentieri il frutto del nostro lavoro.

3.      Il lavoro dei singoli frati sia espressione di tutta la fraternità e ne manifesti la comunione di intenti. Pertanto, i frati assumano e svolgano le attività dopo un adeguato discernimento comunitario e con la benedizione dell’obbedienza, affinché il lavoro venga sempre espletato come mandato della fraternità.

4.      I frati non si approprino del loro lavoro, ma vi si dedichino con apertura ai bisogni della fraternità locale, della circoscrizione e dell’Ordine, e siano sempre disponibili all'itineranza.

N. 80

1.      Guardiamoci dal fissare nel lavoro il fine supremo o dal porre in esso un affetto disordinato, affinché non si spenga in noi lo spirito di orazione e di devozione, al quale tutte le altre cose devono servire.

2.      Evitiamo, dunque, l'eccessiva attività, che compromette l'unione con Dio, disorienta la nostra persona, ostacola la vita fraterna e impedisce la formazione permanente.

3.      Parimenti, come san Francesco, consideriamo attentamente il monito dell'Apostolo: “chi non vuole lavorare neppure mangi”. Evitiamo pertanto la pigrizia che approfitta del lavoro degli altri, produce tiepidezza nella vita spirituale e ci rende oziosi nel campo di Dio.

4.      Rivolgiamo, quindi, con amore tutte le nostre intenzioni e le nostre forze a Dio, e nella celebrazione eucaristica, unendoci al sacrificio di Cristo, offriamo al Padre la fatica e il frutto del nostro lavoro quotidiano.

N. 81

1.      Varie sono le attività che, in maniera diversa, secondo le attitudini di ognuno e i doni particolari di Dio, si addicono a ciascuno di noi.

2.      Assumiamo i servizi e i ministeri nella misura in cui corrispondono alla vita della nostra Fraternità o lo richieda la necessità della Chiesa e della società.

3.      A noi si addicono soprattutto le attività che più chiaramente manifestano la povertà, l'umiltà e la fraternità; non reputiamo infatti alcun lavoro meno dignitoso o di minor valore rispetto agli altri.

4.      Per rendere più fruttuosa per noi e per gli altri la grazia del lavoro, procuriamo, nella varietà delle attività, di conservare l'indole comunitaria, pronti ad aiutarci reciprocamente lavorando insieme, e progredendo così anche nella conversione del cuore.

5.      E teniamo sempre in mente la nostra vocazione apostolica, affinché per mezzo di ogni nostra attività diamo agli uomini testimonianza di Cristo.

N. 82

1.      I frati, ciascuno nel proprio ufficio e incarico, si impegnino a perfezionare per tutta la vita la cultura spirituale, dottrinale e tecnica, e a coltivare le proprie attitudini, affinché il nostro Ordine possa corrispondere continuamente alla sua vocazione nella Chiesa. L'impegno intellettuale, pertanto, sia stimato come ogni altro lavoro.

2.      Secondo la tradizione dell'Ordine, i frati apprezzino il lavoro manuale e, nel rispetto dei compiti affidati a ciascuno, vi si dedichino volentieri per la propria crescita e per la comune utilità, soprattutto quando la carità o l'obbedienza lo richiedano.

3.      I ministri e i guardiani, discernendo i doni e le doti dei singoli frati, l'utilità della fraternità e della Chiesa, offrano ad essi l'opportunità, per quanto è possibile, di acquisire competenza in settori particolari, fornendo volentieri tempo e mezzi a questo scopo.

4.      Inoltre i ministri e i guardiani, per il bene della Chiesa, dell'Ordine e dei frati stessi, nell'assegnare gli uffici e gli incarichi, abbiano anche cura di tenere presente l'attitudine e la competenza di ognuno, e non li distolgano facilmente dalle attività nelle quali sono esperti, purché venga salvaguardata la vita fraterna e la disponibilità di tutti all'obbedienza.

 

N. 83

1.      La nostra vita di povertà e minorità richiede che ciascuno di noi prenda parte, per quanto possibile, ai lavori domestici in spirito di fraterna comunione. Tale partecipazione favorisce la mutua dipendenza e l'aiuto reciproco, qualifica la fraternità e conferisce credibilità alla nostra vita.

2.      Il lavoro di ogni frate non lo dispensa dalla cura della casa e dai servizi quotidiani della fraternità; assumiamoli come parte integrante della nostra vita ordinaria.

3.      I ministri e le fraternità prestino particolare attenzione a questa dimensione di semplicità domestica e di servizio feriale.

4.      Solo quando è realmente necessario, ricorriamo per i lavori domestici all'assunzione di collaboratori esterni; la loro scelta sia condivisa il più possibile dalla fraternità e ispirata a criteri di prudenza. Essi siano trattati con rispetto, cortesia, equità e a norma di legge.

 

N. 84

1.      Secondo le diverse condizioni delle circoscrizioni e in conformità alle norme date dal ministro con il consenso del suo Consiglio o dalla Conferenza dei superiori maggiori, nonché dall'Ordinario del luogo, i frati possono lavorare anche presso gli estranei all'Ordine, in quanto ciò è richiesto dallo zelo apostolico e dalla urgenza di alleviare le nostre e altrui necessità.

2.      Ricordino però i frati l'esortazione di san Francesco ad assumere solo quelle attività in cui si può meglio testimoniare la nostra vocazione al servizio e la nostra condizione di minori e sottomessi a tutti, evitando ogni ricerca di prestigio e di potere.

3.      Sia sempre fermo, inoltre, che i frati che lavorano fuori devono vivere in comunione con la fraternità.

4.      Offrano poi a tutti la testimonianza evangelica e rendano visibile la carità di Cristo, soccorrano i bisognosi senza mai coinvolgersi imprudentemente in attività non conformi al nostro stato.

N. 85

1.      Tutto ciò che i frati ricevono in compenso del lavoro deve essere sempre consegnato integralmente alla fraternità. Ma il lavoro dei frati non venga valutato soltanto in base alla retribuzione ricevuta per esso.

2.      Non dedichiamoci ad attività che provocano la bramosia del guadagno o la vanagloria, contrarie allo spirito di povertà e di umiltà.

3.      Guardiamoci dal trasformare il lavoro in uno strumento per accumulare beni o denaro; anzi, siamo sempre disponibili a lavorare anche gratuitamente tutte le volte che la carità lo richieda.

N. 86

1.      Riconosciamo l'importanza del riposo: anch'esso ci aiuta a vivere la grazia del lavoro. I frati godano ogni giorno di una conveniente ricreazione in comune per favorire la convivenza fraterna e per ritemprare le forze; e tutti abbiano un po' di tempo libero da dedicare a se stessi.

2.      Secondo le consuetudini e le possibilità delle regioni, si dia ai frati un certo tempo di ferie, da farsi nel modo confacente al nostro stato di frati minori.

 

N. 87

1.      L'apostolo Paolo ammonisce: “Finché abbiamo tempo, operiamo il bene verso tutti”.

2.      Perciò, consapevoli del dono prezioso del tempo, della irripetibilità di ogni istante e delle occasioni favorevoli, viviamo intensamente e responsabilmente ogni giorno della vita.

3.      Per non sciupare il tempo favorevole, verifichiamo spesso se le nostre opere ed attività sono rispondenti alle condizioni presenti e apriamoci al futuro con una sapiente previsione e programmazione.

4.      Scrutiamo alla luce del Vangelo i segni dei tempi, poiché nel tempo il Signore ci viene incontro e ci fa crescere verso la pienezza della salvezza. Corrispondiamo ogni giorno ai doni di Dio con vigilanza e pazienza.


Capitolo VI

La nostra vita in fraternità

 

 

N. 88

1.      La vita fraterna ha il suo fondamento nel mistero di amore della Trinità perfetta e della santa Unità del Padre, del Figlio e dello Spirito.

2.      Nella pienezza dei tempi il Padre ha mandato il suo Figlio, primogenito tra molti fratelli, per fare degli uomini una fraternità attraverso la sua morte e risurrezione e mediante il dono dello Spirito Santo.

3.      La Chiesa, scaturita dal costato di Cristo come sacramento di unità, è essenzialmente mistero di comunione, la cui ricchezza e profondità si rispecchia nella vita fraterna, spazio umano abitato dalla Trinità.

4.      La stessa vita fraterna, fermento di comunione ecclesiale, è profezia dell’unità definitiva del popolo di Dio e costituisce una testimonianza essenziale per la missione apostolica della Chiesa.

5.      Per tale ragione, la Chiesa promuove gli istituti i cui membri, radicati e fondati nella carità, conducono vita fraterna in comunità, aiutandosi reciprocamente nella fedeltà alla vocazione e favorendo così il progresso della dignità umana dei figli di Dio nella libertà.

6.      San Francesco, per divina ispirazione, diede origine ad una forma di vita evangelica che chiamò Fraternità e ne scelse come modello la vita di Cristo e dei suoi discepoli.

7.      Noi, quindi, professando questa forma di vita, costituiamo veramente un Ordine di Fratelli.

8.      Pertanto, uniti dalla fede in Dio Padre nostro, nutriti alla mensa della divina Parola e dell’Eucaristia, ci amiamo vicendevolmente, perché il mondo possa riconoscere in noi i discepoli di Cristo.

Articolo i

L’impegno alla vita fraterna

N. 89

1.      Come fratelli dati gli uni agli altri dal Signore e dotati di doni diversi, accogliamoci a vicenda con animo riconoscente.

2.      Perciò, dovunque viviamo, riuniti nel nome di Gesù, siamo un cuor solo e un’anima sola, nello sforzo costante verso una maggiore perfezione. Per essere veri discepoli di Cristo, amiamoci vicendevolmente con tutto il cuore, portando i difetti e i pesi gli uni degli altri, esercitandoci incessantemente nell’amore di Dio e nella carità fraterna, procurando di essere esempio di virtù fra noi e per tutti, e dominando le nostre passioni e inclinazioni cattive.

3.      Camminiamo nella umiltà per imparare ad essere fratelli, sempre pervasi da spirito di mutua comprensione e di stima sincera. Coltiviamo il dialogo fra di noi, comunicandoci con confidenza le nostre esperienze e manifestandoci le nostre necessità.

4.      Particolare impegno si abbia per il Capitolo locale, che è strumento privilegiato per manifestare l’indole e promuovere la crescita della nostra vita nella comunione fraterna. In esso bene si esprime l’obbedienza caritativa, che caratterizza la nostra Fraternità. Grazie ad essa i frati sono a servizio l’uno dell’altro, si stimola la creatività e i doni di ciascuno sono a vantaggio di tutti.

N. 90

1.      A motivo della stessa vocazione i frati sono tutti uguali. Perciò, secondo la Regola, il Testamento e la primitiva consuetudine dei cappuccini, chiamiamoci tutti, senza distinzione, fratelli.

2.      La precedenza, necessaria per il servizio della fraternità, dipende dai compiti ed uffici che attualmente si esercitano.

3.      Nell’ambito dell’Ordine, della provincia e della fraternità locale, tutti gli uffici e i servizi devono essere accessibili a tutti i frati, tenuto conto tuttavia degli atti che richiedono l’ordine sacro.

4.      Tutti, secondo i doni dati a ciascuno, si aiutino vicendevolmente anche nei servizi che si devono svolgere quotidianamente nelle nostre case.

N. 91

1.      Si abbia cura che nelle nostre fraternità la differenza di età aiuti la concordia degli animi e la mutua integrazione.

2.      Ai frati anziani si manifestino segni di una carità premurosa e riconoscente.

3.      I giovani abbiano nella dovuta stima i frati di età più matura e si giovino volentieri della loro esperienza; gli anziani, da parte loro, accolgano le nuove e sane forme di vita e di attività; e gli uni e gli altri si comunichino le proprie ricchezze.

N. 92

1.      Se un frate si ammala, il guardiano provveda subito con fraterna carità tutte le cose necessarie al corpo e all’anima, secondo l’esempio e l’ammonizione di san Francesco, e affidi l’infermo alle cure di un frate idoneo e, se il caso lo richiede, anche del medicoo di altre persone competenti.

2.      Ogni frate, considerando che nell’infermo è presente la persona di Cristo sofferente, rifletta che cosa vorrebbe che gli si facesse in caso di infermità, e ricordi pure ciò che san Francesco scrisse nella Regola, che cioè nessuna madre è così tenera e premurosa verso il proprio figlio, quanto ciascuno di noi deve esserlo verso il suo fratello spirituale.

3.      Ciascuno s’impegni dunque ad aver cura del fratello infermo, a visitarlo volentieri e a confortarlo fraternamente.

4.      Il ministro e il guardiano visitino spesso e fraternamente i malati, e non trascurino di sollevare spiritualmente l’animo dell’infermo, personalmente o per mezzo di altri e, se lo vedranno colpito da grave malattia, lo avvertano con prudenza della sua condizione e lo dispongano a ricevere i sacramenti.

N. 93

1.      I frati infermi si ricordino della nostra condizione di frati minori.

2.      Lascino la cura di se stessi al medico e a coloro che li assistono, per non violare la santa povertà con danno della propria anima, ma di tutto ringrazino il Creatore.

3.      Ricordino che essi, mediante le tribolazioni della malattia e dell’infermità liberamente accettate, sono invitati, secondo la loro vocazione, ad una più completa conformità con Cristo sofferente, eprocurino di sperimentare, con pio sentimento, in se stessi una piccola parte dei suoi dolori. Imitino Francesco, che lodava il Signore per coloro che sostengono in pace le infermità e le tribolazioni, secondo la sua santissima volontà. Ricordino anche che essi, completando nella loro carne ciò che manca alla passione di Cristo redentore, possono contribuire alla salvezza del popolo di Dio, all’evangelizzazione del mondo e a rafforzare la vita fraterna.

N. 94

1.      Nel costituire le fraternità si tengano presenti l’indole personale dei frati e le necessità della vita e dell’apostolato.

2.      I ministri e i guardiani,primi animatori e custodi della nostra forma di vita,promuovano costantemente la vita fraterna in comune.

3.      Tutti i frati, come membri della stessa famiglia, partecipino assiduamente agli atti comuni della fraternità, soprattutto alla preghiera comunitaria, dedichino volentieri tempo ai fratelli, concordino insieme gli impegni e promuovano il lavoro in collaborazione.

4.      Così, sostenendoci vicendevolmente nel comune cammino verso la santità, faremo delle nostre fraternità una casa e scuola di comunione.

 

N. 95

1.      Per favorire la quiete richiesta per la preghiera e lo studio e per conservare l’intimità nella convivenza fraterna, l’ingresso degli estranei alle nostre case o abitazioni sia regolato con prudenza e discrezione.

2.      Per salvaguardare la vita religiosa, nelle nostre case si osservi la clausura o un ambito riservato solo ai frati.

3.      Coloro che vengono alle nostre case ordinariamente siano ricevuti nei parlatori; e questi siano disposti secondo le regole della semplicità, della prudenza e dell’ospitalità.

4.      Secondo le norme stabilite dal Capitolo provinciale, possono essere ammessi nella fraternità i laici che desiderano partecipare più strettamente alla nostra vita sia nella preghiera che nella convivenza fraterna e nell’apostolato.

5.      Le nostre fraternità non limitino la loro carità solo tra le pareti domestiche, ma si aprano piuttosto con sollecitudine evangelica alle necessità della gente, secondo la finalità particolare di ciascuna casa.

 

N. 96

1.      I mezzi di comunicazione sociale contribuiscono allo sviluppo della persona e ad estendere il Regno di Dio. La loro scelta e uso richiedono maturità di giudizio e moderazione, evitando ciò che è in contrasto con la fede, con la morale e con la vita di consacrazione.

2.      Tutta la fraternità, sotto la guida del guardiano, operi un attento discernimento sui mezzi di comunicazione sociale, affinché vengano protette la povertà, la vita di preghiera e il silenzio, la comunione fraterna e il lavoro, e, nel medesimo tempo, tali mezzi servano al bene e all’attività di tutti.

3.      I frati, specialmente i ministri e i guardiani, provvedano a far conoscere, con mezzi adatti, ciò che di importante avviene nelle fraternità, nelle circoscrizioni e in tutto l’Ordine.

 

N. 97

1.      I frati, prima di uscire di casa, chiedano il permesso del guardiano, secondo l’uso della propria circoscrizione

2.      Per quanto riguarda i viaggi, ogni frate, prima di chiedere il permesso, ne esamini nella sua coscienza le motivazioni alla luce dello stato di povertà, della vita spirituale e fraterna ed anche della testimonianza che si deve dare alla gente.

3.      I ministri e i guardiani usino prudenza nel concedere i permessi di fare viaggi.

4.      Nell’uso dei mezzi di trasporto i frati si ricordino del nostro stato di povertà e di umiltà.

N. 98

1.      Tutti i frati che vengono a noi siano accolti con fraterna carità e con animo lieto.

2.      I frati che sono in viaggio, quando è possibile, si rechino volentieri nelle case dell’Ordine, almeno per passarvi la notte, e partecipino alla vita della fraternità conformandosi agli usi del luogo.

3.      I frati, che sono mandati in altre province per la formazione o per altre ragioni, siano accolti dai ministri e guardianie dalle fraternità locali come loro membri e si inseriscano in tutto nella fraternità, tenute presenti le norme del n.121,5 delle Costituzioni.

N. 99

1.      I frati che in particolari circostanze, con la benedizione dell’obbedienza, devono vivere fuori della casa, essendo membri della fraternità alla quale sono stati assegnati, ne godano i benefici come gli altri.

2.      Si sentano sempre uniti alla fraternità e, a loro volta, non tralascino di contribuire all’incremento spirituale e al sostentamento economico dell’Ordine.

3.      Come veri fratelli in san Francesco, frequentino le nostre case e amino intrattenervisi per qualche tempo, specialmente per il ritiro spirituale.

4.      E vi siano ricevuti con carità e si offrano loro gli aiuti necessari materiali e spirituali.

5.      I ministri e i guardiani ne abbiano sollecita cura, li visitino il più spesso possibile e li confortino.

N. 100

1.      Membri di un Ordine di fratelli, alimentiamo in noi il senso di appartenenza all’intera Famiglia Cappuccina.

2.      Volentieri intraprendiamo e sviluppiamo la collaborazione tra le nostre circoscrizioni, sostenendo la vitalità del nostro carisma e il bene dell’Ordine più che la sopravvivenza di strutture.

3.      In spirito di fraternità, mutua dipendenza e minorità, le singole circoscrizioni rispondano con sollecitudine alle necessità delle altre e si servano reciprocamente.

4.      Ispirandosi alla mobilità e itineranza che caratterizza la nostra tradizione, i frati, nell’obbedienza della carità, siano disponibili a recarsi fuori della loro circoscrizione.

5.      Consapevoli che il battesimo e la professione stabiliscono tra noi vincoli più forti dei legami naturali, accogliamo la molteplice ricchezza delle diverse culture, promuovendone anche tra di noi l’incontro e il dialogo.

6.      Quando richiesto dal bene dell’Ordine e della Chiesa o dalla necessità delle circoscrizioni, si promuovano fraternità di diverse circoscrizioni e differenti paesi e nazioni, quale occasione favorevole sia per il mutuo arricchimento e lo scambio dei doni spirituali sia per una efficace testimonianza della comunione universale.

 

N. 101

1.      La varietà degli istituti religiosi che, per disegno divino, è andata crescendo per il bene della Chiesa, fiorisce anche nella stessa ed unica spirituale Famiglia Francescana. In essa tanti fratelli e sorelle, in comunione vitale reciproca, rendono presente il carisma del comune Serafico Padre nella vita e nella missione della Chiesa.

2.      Viviamo dunque la comunione dello stesso spirito con tutti i fratelli del Primo Ordine Francescano. In reciproca collaborazione, promuoviamo volentieri gli studi e le iniziative comuni di vita e di attività francescana.

3.      Memori della promessa di san Francesco a Chiara e alle sorelle povere di San Damiano, dobbiamo avere sempre diligente cura e speciale sollecitudine per le nostre sorelle del Secondo Ordine che, nella vita contemplativa, offrono quotidianamente il sacrificio della lode, cercano nella solitudine e nel silenzio l’unione con Dio e dilatano la Chiesa con segreta fecondità apostolica.

4.      Da fraterno affetto siamo legati anche a quegli istituti religiosi che sono uniti spiritualmente al nostro Ordine.

 

N. 102

1.      Nell’ambito della Famiglia Francescana ha un posto particolare la Fraternità o Ordine Francescano Secolare, che ne condivide e ne promuove il genuino spirito e che è necessario alla pienezza del carisma francescano.

2.      In esso i fratelli e le sorelle, spinti dallo Spirito Santo a raggiungere la perfezione della carità nel proprio stato secolare, con la professione si impegnano a vivere il Vangelo alla maniera di san Francesco e mediante la loro Regola.

3.      In virtù del comune carisma e della comunione di vita della Famiglia Francescana, l’Ordine Francescano Secolare è affidato dalla Chiesa alla cura spirituale e pastorale del Primo Ordine Francescano e del Terzo Ordine Regolare di san Francesco.

4.      I nostri ministri hanno la facoltà di erigere fraternità dell’Ordine Francescano Secolare in tutte le nostre case e anche altrove. Essi inoltre hanno il dovere di fare la visita pastorale e di garantire che le fraternità dell’Ordine Francescano Secolare ai vari livelli abbiano un’assistenza spirituale e pastorale continua e impegnata, specialmente per mezzo di frati idonei e debitamente preparati. Espletino il loro ufficio a norma del diritto universale e di quello proprio sia del nostro Ordine che dello stesso Ordine Francescano Secolare. Vigilino che sia favorita una vera reciprocità vitale tra le fraternità del nostro Ordine e quelle dell’Ordine Francescano Secolare.

5.      A tutti i frati stia a cuore manifestare ai membri dell’Ordine Francescano Secolare un senso veramente fraterno, alimentare con il loro esempio la fedeltà alla vita evangelica e promuovere efficacemente lo stesso Ordine sia presso il clero secolare che presso i laici. Offrano volentieri a quest’Ordine l’assistenza spirituale. Memori sempre della sua condizione secolare, ne rispettino la legittima autonomia e non si intromettano nel suo governo, eccetto nei casi previsti dal diritto.

6.      Similmente si promuovano e si aiutino spiritualmente tutte le associazioni, specialmente quelle giovanili, che coltivano lo spirito di san Francesco. Le nostre case diventino centro fraterno di incontro e di animazione per tutti coloro, chierici e laici, che vogliono seguire le orme di Cristo sotto la guida di Francesco.

N. 103

1.      Seguendo l’esempio di san Francesco che chiamava madre sua e di tutti i frati la madre di ogni fratello, adempiamo i nostri doveri di pietà e di familiarità verso tutti i nostri genitori, parenti, benefattori, collaboratori e verso quelli che appartengono alla nostra Famiglia spirituale; raccomandiamoli a Dio nelle nostre preghiere, anche comunitarie.

2.      Eventuali bisogni spirituali o materiali della famiglia di origine siano considerati, in dialogo con la fraternità, con carità e discrezione.

3.      Abbiamo rispetto fraterno anche verso i frati che lasciano la vita religiosa. I ministri li trattino con equità e carità evangelica.

 

N. 104

1.      Cristo, Egli stesso pellegrino sulla terra, nel giudizio finale, dirà a quelli che saranno alla sua destra: “ero forestiero e mi avete ospitato”.

2.      Anche san Francesco volle che si ricevesse con benevolenza chiunque giungesse alle nostre case; accogliamo perciò tutti, specialmente gli afflitti e gli sventurati, con la massima carità, aiutandoli nelle loro necessità.

3.      Coloro poi, e particolarmente i sacerdoti e i religiosi, che, secondo le circostanze, si possono ospitare nella nostra stessa casa, siano trattati dalla fraternità con ogni cortesia.

Articolo ii

La vita dei frati nel mondo

N. 105

1.      Godendo immensamente del mondo creato e redento, san Francesco si sentiva unito da vincolo fraterno non solo con gli uomini, ma anche con tutte le creature, come Egli stesso le ha cantate con slancio mirabile nel Cantico di Frate Sole.

2.      Illuminati da questa contemplazione, ammiriamo le opere della creazione, delle quali Cristo è principio e fine, proteggiamole nella loro integrità e usiamo con rispetto e parsimonia le risorse della madre terra.

3.      Attraverso l’indagine scientifica le opere della creazione divengono ai nostri occhi ancor più grandiose, meravigliose e misteriose. Esse ci conducono ad adorare il Padre nella sua sapienza e potenza. Riserviamo quindi grande stima a tutto ciò che l’intelligenza dell’uomo ha saputo trarre dalle cose create, specialmente nelle opere della cultura e dell’arte, con le quali si rivelano a noi i doni di Dio.

4.      Vediamo nel mistero di Cristo anche il mondo degli uomini, che Dio ha tanto amato da dare il suo Figlio unigenito.

5.      Il mondo, infatti, pur essendo ferito da tanti peccati, è però dotato di grandi possibilità ed offre le pietre vive per la costruzione di quella dimora di Dio che è la Chiesa.

 

N. 106

1.      San Francesco, per divina ispirazione, comprese di essere stato inviato a riformare gli uomini in novità di vita.

2.      Suscitando, quindi, una nuova forma di vita evangelica, Egli, pur non essendo più del mondo, rimase tuttavia nel mondo e volle che anche la sua Fraternità vivesse ed operasse tra gli uomini, per testimoniare con l’opera e la parola il lieto messaggio della conversione evangelica.

3.      Perciò anche noi, resi partecipi della sua missione, viviamo in mezzo al mondo come fermento evangelico, in modo che gli uomini, vedendo la nostra vita fraterna conformata allo spirito delle beatitudini, riconoscano che il Regno di Dio è già cominciato in mezzo a loro.

4.      Saremo così presenti nel mondo per servire il Dio vivente, e, nella carità, nell’umiltà e nella letizia francescana saremo operatori di pace e di bene per il progresso del mondo e della Chiesa.

 

N. 107

1.      Secondo lo spirito di san Francesco, annunziamo la pace e la salvezza non solo con le parole, ma propaghiamole anche con iniziative ispirate dalla carità fraterna.

2.      Mossi da questo spirito, sforziamoci di indurre con stile evangelico ad una convivenza pacifica e stabile coloro che sono divisi dall’odio, dall’invidia, dai contrasti ideologici, dalle differenze di classe, di razza, di religionee di nazionalità.

3.      Promuoviamo il rispetto della dignità e dei diritti delle persone, soprattutto dei poveri e degli emarginati.

4.      Collaboriamo quindi alacrementecon le iniziative e organizzazioni nazionali e internazionali, che lavorano rettamente per l’unità del genere umano, per la giustizia universale e per la pace.

 

N. 108

1.      Confidando soprattutto nella provvidenza del Padre, camminiamo nel mondo con speranza e letizia francescana in modo da rafforzare la fiducia dei nostri contemporanei.

2.      Liberati dalle vane preoccupazioni del tempo presente e come collaboratori della divina Provvidenza, sentiamoci in dovere di venire in aiuto con la nostra azione alle necessità dei poveri e, specialmente in tempo di calamità pubbliche, mettiamo a disposizione di tutti i bisognosi i servizi e i beni della fraternità.

3.      Sull’esempio di san Francesco, che ebbe una grande compassione verso i poveri, e anche degli iniziatori della Fraternità Cappuccina, che prestarono assistenza agli appestati, viviamoaccanto ai fratelli bisognosi, specialmente i malati, protesi con tutto il cuore ad offrire loro un servizio fraterno.

4.      Sapendo che la divina Provvidenza si manifesta non solo in eventi e fatti, ma anche attraverso nuove correnti di pensiero ed esperienze di vita, con animo aperto e fiducioso vagliamo ogni cosa trattenendo il bene.

5.      In tal modo sapremo cooperare meglio con Dio che è presente e agisce nella storia del mondo; e, facendo la verità nella carità, saremo testimoni della speranza nel Signore Dio e aiuteremo gli uomini di buona volontà a riconoscere Dio, Padre onnipotente e sommo Bene.

 


Capitolo VII

LA NOSTRA VITA DI PENITENZA

 

N. 109

1.      Gesù Cristo, annunciando il Vangelo del Regno, chiamò gli uomini alla penitenza, cioè a quel totale cambiamento di se stessi, per cui cominciano a pensare, a giudicare e a conformare la propria vita a quella santità e carità di Dio, che si sono manifestate nel Figlio.

2.      Questa conversione in una nuova creatura, che inizia con la fede e il battesimo, esige uno sforzo costante di rinuncia quotidiana a noi stessi.

3.      Così, vivendo solo per il Signore, con la penitenza instauriamo nuovi rapporti con gli uomini, specialmente con i poveri, e veniamo fortificati per l'edificazione della fraternità evangelica.

4.      San Francesco, per grazia del Signore, cominciò la vita di penitenza-conversione esercitando la misericordia verso i lebbrosi e compiendo il suo esodo dal secolo.

5.      Con grande fervore dello spirito e gaudio della mente impostò la sua vita secondo le beatitudini del Vangelo, predicò incessantemente la penitenza, animando gli uomini con l'opera e con la parola a portare la croce di Cristo, e volle che i suoi frati fossero uomini di penitenza.

6.      Lo spirito di penitenza in una vita austera è caratteristica peculiare del nostro Ordine; noi infatti, sull'esempio di Cristo e di san Francesco, abbiamo scelto la via stretta del Vangelo.

7.      Mossi dallo stesso spirito e constatando il peccato in noi e nella società umana, impegniamoci continuamente alla conversione nostra e degli altri per essere configurati a Cristo crocifisso e risuscitato.

8.      Con tale impegno, completando in noi ciò che manca ai patimenti di Cristo, partecipiamo alla vita della Chiesa, santa e sempre bisognosa di purificazione, e favoriamo l’unità della famiglia umana nella carità perfetta promuovendo così l'avvento del Regno di Dio.

 

N. 110

1.      La penitenza, in quanto esodo e conversione, è una disposizione del cuore che esige manifestazioni esterne nella vita quotidiana, alle quali deve corrispondere una vera trasformazione interiore.

2.      I penitenti francescani devono distinguersi sempre per una carità delicata e affettuosa e per la letizia, come i nostri santi, rigidi con se stessi, ma pieni di bontà e di rispetto verso gli altri.

3.      In ogni tempo, spinti dallo spirito di conversione e di rinnovamento, dedichiamoci alle opere di penitenza, secondo la Regola e le Costituzioni e come Dio ci ispirerà, affinché il mistero pasquale di Cristo operi sempre di più in noi.

4.      Prima di tutto ricordiamo che la nostra stessa vita dedicata a Dio è un’ottima forma di penitenza.

5.      Offriamo quindi per la salvezza nostra e degli altri la povertà, l’umiltà, i disagi della vita, il lavoro da compiere con fedeltà ogni giorno, la disponibilità al servizio di Dio e del prossimo e l’impegno a coltivare la vita fraterna, il peso della malattia e degli anni ed anche le persecuzioni per il Regno di Dio. Così, soffrendo con chi soffre, possiamo sempre godere della nostra conformità a Cristo.

6.      Seguiamo la stessa via della conversione di san Francesco, andando incontro specialmente a coloro che, nei nostri tempi, sono emarginati e privi di tutto.

N. 111

1.      Cristo Signore, ricevuta la missione dal Padre e guidato dallo Spirito Santo, nel deserto digiunò quaranta giorni e quaranta notti.

2.      Anche il suo discepolo san Francesco, acceso dal desiderio di imitare il Signore, visse nei digiuni e nelle preghiere.

3.      Pratichiamo dunque anche noi il digiuno, la preghiera e le opere di misericordia, che ci conducono alla libertà interiore e ci aprono all’amore di Dio e del prossimo.

4.      Siano considerati da noi tempi di più intensa penitenza, sia privata che comunitaria, l’avvento e soprattutto la quaresima di Pasqua, ma anche tutti i venerdì.

5.      Si raccomandano inoltre la quaresima detta “Benedetta”, che comincia dall’Epifania, e le vigilie delle solennità di san Francesco e dell’Immacolata Concezione della beata Vergine Maria.

6.      In questi giorni dedichiamoci con maggior zelo e sollecitudine a quelle opere che favoriscono la conversione: la preghiera, il raccoglimento, l'ascolto della Parola di Dio, la mortificazione corporale e il digiuno in fraternità. Condividiamo fraternamente con gli altri poveri ciò che, a causa di una più rigorosa parsimonia, ci proviene dalla mensa del Signore e pratichiamo con fervore più grande le opere di misericordia secondo il nostro uso tradizionale.

7.      Per quanto riguarda le leggi dell’astinenza e del digiuno, osserviamo le prescrizioni della Chiesa sia universale che locale.

N. 112

1.      La nostra vita si conformi al precetto evangelico della penitenza, e perciò sia semplice e parca in tutto, come si addice ai poveri.

2.      Memori della Passione di Gesù, sull’esempio di san Francesco e dei nostri santi, pratichiamo la mortificazione anche volontaria moderandoci volentieri nel mangiare, nel bere e nei divertimenti, affinché tutto testimoni la nostra condizione di esuli e pellegrini.

3.      Tuttavia i ministri e i guardiani, dovendo procurare il necessario, soprattutto per gli infermi, abbiano presente il precetto della carità e l’esempio di san Francesco.

 

N. 113

1.      Con il dolore nel cuore per i nostri peccati e per quelli degli altri, e desiderosi di camminare in novità di vita, compiamo le opere di penitenza, adattandole comunque alle diverse mentalità secondo i luoghi e i tempi.

2.      Con amore e verità, cerchiamo di praticare la correzione fraterna insegnataci da Gesù.

3.      Interroghiamoci alla luce del Vangelo, personalmente e in fraternità, soprattutto nel Capitolo locale, sul nostro stile di vita e sulle nostre scelte: siano sempre espressione di un cammino di conversione comunitaria.

N. 114

1.      Mediante il Sacramento della penitenza o della riconciliazione, per l’opera dello Spirito Santo, il quale è la remissione dei peccati, mentre sperimentiamo i benefici della morte e della risurrezione di Cristo, partecipiamo più intimamente all’Eucaristia e al mistero della Chiesa.

2.      In questo sacramento non solo i singoli frati, ma anche la comunità dei frati è purificata e risanata per ristabilire l’unione con il Salvatore e insieme la riconciliazione con la Chiesa.

3.      Purificati e rinnovati dai sacramenti della Chiesa, veniamo anche rafforzati nell’impegno di fedeltà alla nostra forma di vita.

4.      Perciò teniamo in grandissima stima il Sacramento della riconciliazione e approfittiamone frequentemente. Riconciliati con Dio, impegniamoci a diffondere il suo amore tra di noi, attraverso il perdono reciproco e promuovendo la riconciliazione fraterna.

5.      Stimiamo grandemente anche l’esame di coscienza quotidiano e l’accompagnamento spirituale, per poter rispondere alle mozioni dello Spirito con generosità e orientarci decisamente verso la santità.

6.      Consapevoli della dimensione sociale della conversione, cerchiamo di praticare anche la celebrazione comunitaria della Penitenza sia nelle nostre fraternità che con il popolo di Dio.

7.      I ministri e i guardiani abbiano sollecita cura che i frati siano fedeli alla vita sacramentale e usufruiscano dell’accompagnamento spirituale.

 

N. 115

1.      La facoltà di ricevere la confessione sacramentale dei frati viene conferita, oltre che dall’Ordinario del luogo, dal proprio Ordinario. Per casi singoli e ad modum actus può essere conferita dal guardiano.

2.      Qualunque sacerdote dell’Ordine, cui è stata conferita la facoltà dal proprio Ordinario, può ricevere la confessione dei frati in qualunque parte del mondo.

3.      I frati possono confessarsi liberamente da qualunque sacerdote, cui è stata conferita la facoltà da qualunque Ordinario.

4.      I confessori abbiano presente l’esortazione di san Francesco di non adirarsi e di non turbarsi per il peccato di alcuno, ma di trattare il penitente con ogni bontà nel Signore.

N. 116

1.      Amandoci vicendevolmente con la stessa carità con cui Cristo ci ha amati, se un frate si trova in difficoltà, non lo sfuggiamo, ma aiutiamolo premurosamente. Se sarà caduto, ricordiamoci che ognuno di noi cadrebbe in situazioni peggiori, se il Signore nella sua bontà non ci preservasse. Non siamo quindi suoi giudici, ma veri fratelli e amiamolo ancora di più.

2.      I ministri e i guardiani siano vicini con paterna misericordia ai frati che peccano o che sono in pericolo, e offrano loro gli aiuti opportuni ed efficaci secondo Dio.

3.      Con la stessa sollecitudine, per quanto è nelle loro possibilità e competenze, i ministri e i guardiani operino nei confronti delle persone o delle comunità, eventualmente danneggiate dai peccati dei frati.

4.      Non impongano pene, specialmente canoniche, se non costretti da manifesta necessità e lo facciano con grande prudenza e carità, fermi restando, tuttavia, i prescritti del diritto universale. Comunque, nello stesso spirito, i ministri possono anche prendere altre iniziative necessarie sia per il bene della comunità e della società che per il bene del fratello.

5.      Ricordiamo sempre le parole di san Francesco nella Lettera ad un ministro: “Da questo voglio conoscere che ami il Signore e me, servo suo e tuo, se ti comporterai così: cioè che non esista al mondo un fratello, il quale abbia peccato quanto è possibile peccare, eppure, dopo che avrà visto i tuoi occhi, se chiede perdono, mai se ne torni senza il tuo perdono. E se non ti chiedesse perdono, domanda tu a lui se vuole essere perdonato. E se mille volte, in seguito, peccasse davanti ai tuoi occhi, amalo più di me, al fine di trarlo al Signore”.

 


 

Capitolo VIII

IL GOVERNO DEL NOSTRO ORDINE

 

N. 117

1.      La nostra Fraternità, guidata dallo Spirito Santo, è come un organismo nel Corpo mistico di Cristo, e si caratterizza come comunione di persone consacrate che, alla sequela del Maestro, cercano di compiere insieme la volontà del Padre e contribuiscono, con vari impegni e servizi, ad edificare la Chiesa nella carità.

2.      Perciò sentiamo come nostro specifico dovere favorire il bene della Chiesa e della Fraternità, secondo la grazia ricevuta e la nostra vocazione cappuccina.

3.      I Capitoli e i superiori, espressione dell’unità spirituale e visibile dell’Ordine, alimentano il vincolo di comunione tra i frati. Essi esercitano l’autorità ricevuta da Dio mediante il ministero della Chiesa in spirito di servizio e con sollecitudine pastorale, a norma del diritto universale e di queste Costituzioni.

Articolo I

La struttura dell'Ordine

N. 118

1.      L’Ordine o Fraternità nostra è costituito da fratelli, ognuno dei quali è aggregato a una circoscrizione e assegnato a una fraternità locale. Ogni circoscrizione e ogni fraternità locale, singolarmente presa, è una vera fraternità.

2.      Le Circoscrizioni sono ordinariamente le province e le custodie, unite in rapporto vitale tra loro sotto l’autorità del ministro generale.

3.      Tutte le circoscrizioni sono costituite da un gruppo di frati riuniti in fraternità locali o case e hanno un ambito territoriale proprio ed esclusivo, che deve essere determinato nel decreto di erezione.

4.      Per circostanze particolari il ministro generale, con il consenso del suo Consiglio e sentite le parti interessate, può costituire altre forme di circoscrizione o di aggregazione di case a norma di queste Costituzioni e delle Ordinazioni dei Capitoli generali.

5.      Ogni circoscrizione, canonicamente eretta con formale decreto del ministro generale, acquista personalità giuridica.

6.      La Provincia è parte precipua e immediata dell’Ordine, ed è governata dal ministro provinciale. Ha una consistenza propria che le consente di esprimere e sviluppare la vitalità del nostro carisma, per una efficace testimonianza apostolica e ad utilità della vita dell’Ordine.

7.      La Custodia è una parte dell’Ordine nella quale i frati, posti a servizio delle Chiese e dei loro pastori nell’opera evangelizzatrice, gradualmente sviluppano la presenza della vita consacrata mediante l’impegno per la implantatio Ordinis. È governata dal custode, che ha potestà ordinaria vicaria.

8.      La Fraternità locale è costituita da un gruppo di almeno tre frati professi, che abitano in una casa legittimamente costituita ed è governata dal superiore locale o guardiano.

9.      Il ministro generale col consenso del suo Consiglio può stabilire che qualche fraternità locale dipenda direttamente da lui e, se il caso lo richiede, abbia uno statuto proprio. Similmente può stabilire che qualche fraternità locale dipenda direttamente dalla Conferenza dei superiori maggiori e che abbia uno statuto proprio.

10.    Ciò che in queste Costituzioni è detto delle province vale anche per le custodie, eccetto che non appaia diversamente dalla natura della cosa o dal testo e contesto.

N. 119

1.      Spetta al ministro generale con il consenso del suo Consiglio decidere la costituzione, l’unione, la separazione, la variazione e la soppressione delle circoscrizioni, osservate le disposizioni del diritto, dopo aver consultato la Conferenza dei superiori maggiori, i ministri e i relativi Consigli interessati.

2.      Decisa l’erezione di una nuova circoscrizione, il ministro generale, dopo aver consultato i frati di voti perpetui interessati, con il consenso del suo Consiglio, ne nomina il ministro e i consiglieri; quindi determina la composizione del primo Capitolo. Tale Capitolo, che non è elettivo, deve essere celebrato entro un anno dalla erezione della nuova circoscrizione.

3.      Il ministro generale con il suo Consiglio abbia una particolare attenzione per le circoscrizioni in forte decrescita, ricorrendo agli strumenti previsti dalla nostra legislazione per garantire una presenza fraterna in un determinato territorio.

N. 120

1.      Spetta al ministro provinciale, con il consenso del suo Consiglio e previo il voto favorevole del Capitolo, erigere canonicamente le case, osservate le disposizioni del diritto. Nei casi urgenti, mancando il voto del Capitolo, si richiede il consenso del ministro generale udito ilsuo Consiglio.

2.      Spetta invece al ministro generale, con il consenso del suo Consiglio, sopprimere le case sia su richiesta della parte interessata sia per altre cause, osservate le norme del diritto.

N. 121

1.      Ogni frate, incorporato all’Ordine per la professione, viene aggregato alla circoscrizione per la quale il ministro lo ha ammesso alla professione.

2.      Il giorno della professione temporanea determina anche l’anzianità nella fraternità.

3.      Spetta al ministro generale, con il consenso del suo Consiglio, considerati il bene di tutto l’Ordine e le necessità delle circoscrizioni o dei singoli frati, ascoltati i superiori maggiori e i loro Consigli, aggregare i frati ad altra circoscrizione.

4.      I ministri provinciali, in spirito di fraterna collaborazione, siano disponibili a venire incontro alle necessità sopra indicate, inviando i loro frati temporaneamente in altra circoscrizione.

5.      Per mandare i frati a servizio di un’altra circoscrizione, si osservi quanto stabilito nelle Ordinazioni dei Capitoli generali.

6.      Ogni frate esercita i diritti di voto in una sola circoscrizione dell’Ordine, eccetto che, per ragioni di ufficio o per altre ragioni, non gli competano anche altrove. Coloro che vengono inviati in un’altra circoscrizione per motivi di servizio esercitano i diritti di voto in quella circoscrizione a norma delle Ordinazioni dei Capitoli generali, non nella propria. Invece i frati che per altri motivi risiedono in un’altra circoscrizione, esercitano i propri diritti solo nella propria circoscrizione.

 

 

Articolo II

I superiori e gli uffici in genere

 

N. 122

1.      Sotto la suprema autorità del Sommo Pontefice, nell’Ordine sono superiori con potestà ordinaria propria: il ministro generale in tutto l’Ordine, il ministro provinciale nella sua provincia e il superiore locale o guardiano nella sua fraternità.

2.      Sono superiori con potestà ordinaria vicaria: il vicario generale, il vicario provinciale, il custode e il vicario locale.

3.      Tutti questi, eccetto il superiore locale e il suo vicario, sono superiori maggiori.

4.      Ciò che in queste Costituzioni e nelle Ordinazioni dei Capitoli generali si dice dei ministri provinciali vale anche per i custodi, eccetto che risulti il contrario dalle deleghe ricevute o dalla natura della cosa o dal testo e contesto.

5.      La potestà ordinaria vicaria non si estende a quei negozi che il diritto proprio riconosce esclusivi del superiore titolare dell’ufficio, a meno che per essi non sia stata data espressa delega. Se è impedito o vacante l’ufficio del ministro provinciale, il custode faccia riferimento al vicario provinciale.

 

N. 123

1.      Gli uffici nell’Ordine si conferiscono o per elezione o per nomina.

2.      Nel conferire gli uffici i frati procedano con retta intenzione, semplicemente e secondo le norme del diritto.

3.      In vista del bene dell’Ordine, può esser fatta una consultazione previa sulle persone da eleggere; ma la consultazione è obbligatoria se si tratta di persone da nominare.

4.      Se l’elezione ha bisogno di conferma, questa deve essere chiesta nel tempo utile di otto giorni.

5.      I frati, come veri minori, non ambiscano le cariche; se però vi vengono chiamati dalla fiducia dei fratelli, non rifiutino ostinatamente il servizio di superiore o di altro ufficio.

6.      Siccome noi siamo un Ordine di fratelli, secondo la volontà di san Francesco e la genuina tradizione cappuccina, tutti i frati di voti perpetui possono accedere a tutti gli uffici o incarichi, salvo quelli che derivano dall’ordine sacro. Ma l’ufficio di superiore può essere conferito validamente solo ai frati che hanno emesso la professione perpetua da almeno tre anni.

7.      Quando si tratta di conferimento di uffici per elezione, nel nostro Ordine è ammessa la postulazione. L’accettazione della postulazione e la dispensa dall’impedimento competono all’autorità che ha la facoltà di conferma, cioè al ministro generale o al ministro provinciale; ma l’accettazione della postulazione del ministro generale compete all’autorità della Santa Sede.

8.      Spetta al ministro generale accettare l’atto di rinuncia agli uffici di ministro provinciale, vicario provinciale, consigliere provinciale, custode generale e rispettivi consiglieri. Spetta al ministro provinciale accettare la rinuncia del custode e dei rispettivi consiglieri.

9.      Per la rimozione dagli uffici che i frati esercitano nell’Ordine o anche al di fuori di esso, si osservino il diritto della Chiesa e le Ordinazioni dei Capitoli generali. La rimozione, anche quando non ha carattere penale, non comporta la concessione di un nuovo ufficio.

Articolo III

Il governo generale dell’Ordine

N. 124

1.      Il Capitolo generale, che è eminente segno e strumento dell’unità e della solidarietà di tutta la Fraternità riunita nei suoi rappresentanti, gode della suprema autorità nell’Ordine.

2.      Il Capitolo ordinario, che viene indetto e convocato dal ministro generale, si celebri ogni sei anni nelle modalità indicate nelle Ordinazioni dei Capitoli generali e nel Regolamento per la celebrazione del Capitolo generale.

3.      Oltre al Capitolo ordinario, per esigenze particolari, il ministro generale, con il consenso del suo Consiglio, può convocare un Capitolo straordinario.

4.      Nel Capitolo generale, sia ordinario che straordinario, hanno voce attiva: il ministro generale, il vicario generale, i consiglieri generali, l’ultimo ministro generale immediatamente dopo la scadenza del suo mandato e fino al successivo Capitolo generale ordinario compreso, i ministri provinciali, i custodi, il segretario generale, il procuratore generale, i delegati delle province e altri frati di professione perpetua secondo le norme stabilite nelle Ordinazioni dei Capitoli generali.

5.      Se il ministro provinciale è impedito per una causa grave, conosciuta dal ministro generale, o il suo ufficio è vacante, al Capitolo vada il vicario provinciale. Se invece è impedito il custode, o il suo ufficio sia vacante, partecipi al Capitolo il primo consigliere.

N. 125

1.      Nel Capitolo generale, sia ordinario che straordinario, venga trattato quanto si riferisce alla fedeltà alle nostre sane tradizioni, al rinnovamento della nostra forma di vita, allo sviluppo dell’attività apostolica, nonché altri temi di grande importanza per la vita dell’Ordine, sui quali tutti i frati devono essere precedentemente consultati.

2.      Nel Capitolo generale ordinario, secondo quanto è prescritto dal Regolamento per la celebrazione del Capitolo generale, si elegga per primo il ministro generale, che assume l’autorità su tutto l’Ordine e su tutti i frati.

3.      Il ministro generale uscente può essere rieletto una sola volta per il sessennio immediatamente successivo, fermo restando quanto previsto al n. 123,7 delle Costituzioni.

4.      Nell’elezione dei consiglieri generali il ministro generale uscente ha soltanto voce attiva.

5.      Successivamente si eleggano, a norma dello stesso Regolamento per la celebrazione del Capitolo generale, i consiglieri generali secondo il numero stabilito dalle Ordinazioni dei Capitoli generali; di questi al massimo la metà possono essere fra gli eletti nel Capitolo precedente.

6.      Fra i consiglieri si elegga il vicario generale, il quale, in forza dell’elezione, diviene primo consigliere.

7.      A norma delle Costituzioni e secondo lo statuto della Curia generale approvato dal Capitolo generale, il compito dei consiglieri è di aiutare il ministro generale nel governo di tutto l’Ordine.

8.      Il ministro generale e i suoi consiglieri risiedano a Roma.

9.      I consiglieri generali, durante il loro ufficio, non hanno voce passiva nell’elezione dei ministri delle circoscrizioni.

N. 126

1.      Il vicario generale è il primo collaboratore del ministro generale e, se questi è assente, ne fa le veci. Se però il ministro generale è in qualunque modo reperibile, prima di prendere decisioni importanti il vicario generale lo consulti e si attenga alle disposizioni ricevute.

2.      Sono comunque riservati al ministro generale la conferma dei ministri provinciali, la nomina dei visitatori generali e gli altri affari che egli stesso si sarà riservati.

3.      Se il ministro generale è impedito di esercitare il suo ufficio, il vicario generale lo sostituisca in tutto nel governo dell’Ordine. Egli, a tempo opportuno, riferisca al ministro generale sugli atti principali e non operi contro le intenzioni e la volontà del ministro generale. Se l’impedimento è grave e si protrae oltre due mesi, il vicario generale ricorra alla Sede Apostolica per le opportune disposizioni e per poter assumere gli affari riservati al ministro generale.

4.      Se anche il vicario generale fosse impedito, faccia le veci del ministro generale il consigliere più anziano di professione tra quelli eletti nel Capitolo generale. Per il fatto stesso, tale consigliere è delegato per tutti gli atti di governo e per le facoltà proprie del ministro generale. Tuttavia, entro il tempo massimo di due mesi, egli è tenuto a ricorrere alla Sede Apostolica.

N. 127

1.      Restando vacante l’ufficio di ministro generale, gli succede il vicario generale che, quanto prima, ne informa la Sede Apostolica.

2.      Se la sede di ministro generale rimane vacante nei tre anni precedenti la scadenza naturale del Capitolo generale, il vicario generale assume il pieno governo dell’Ordine fino alla fine del sessennio e, nel tempo stabilito, indice la celebrazione del Capitolo generale.

3.      Se la sede di ministro generale resta vacante tra i tre e i due anni prima della scadenza naturale del Capitolo generale il vicario generale e i consiglieri, come stabilito dalle Costituzioni al n. 127,6, eleggano un nuovo consigliere da scegliere nella Conferenza del vicario generale.

4.      Se la sede di ministro generale resta vacante oltre i tre anni dalla scadenza naturale del Capitolo generale, il vicario generale, entro tre mesi, convoca l’assemblea elettiva per l’elezione del ministro generale che assume il governo dell’Ordine fino alla scadenza naturale del sessennio. All’occorrenza la stessa assemblea elegga poi un nuovo consigliere e il vicario generale. La composizione dell’assemblea elettiva è determinata dalle Ordinazioni dei Capitoli Generali n. 8/14.

5.      Se resta vacante l’ufficio di vicario generale oltre un anno prima del Capitolo, il ministro generale e il suo Consiglio, in forma collegiale, eleggano a scrutinio segreto tra i consiglieri un nuovo vicario generale; quindi eleggano un altro consigliere. Se invece tale ufficio resta vacante meno di un anno prima del Capitolo generale, venga eletto come stabilito il nuovo vicario generale, senza poi eleggere un nuovo consigliere.    

6.      Se resta vacante l’ufficio di consigliere generale oltre un anno prima del Capitolo, il ministro generale e il suo Consiglio, consultata la Conferenza dei superiori maggiori del ceto capitolare al quale quel consigliere apparteneva, in forma collegiale ne eleggano un altro.

N. 128

1.      Per il retto ed efficace servizio dell’Ordine è di particolare aiuto al ministro generale e al suo Consiglio la curia generale. Tutti i frati che ne fanno parte, provenienti dalle diverse circoscrizioni, formano una fraternità locale immediatamente dipendente dal ministro generale e di fondamentale importanza per esprimere e promuovere l’unità dell’Ordine.

2.      A tale scopo siano scelti frati idonei, che abbiano anche la dovuta competenza per il servizio da svolgere. Essi sono nominati dal ministro generale con il consenso del suo Consiglio e svolgono il loro incarico secondo lo statuto della curia generale e le eventuali indicazioni date dal ministro generale.

3.      Lo statuto della curia generale, approvato dal Capitolo generale, delinei la specificità di questa fraternità locale e precisi le competenze proprie dei diversi uffici e organismi.

Articolo IV

Il governo delle province

N. 129

1.      La prima autorità della provincia compete al Capitolo provinciale.

2.      Il Capitolo provinciale ordinario sia indetto e convocato dal ministro provinciale dopo aver ottenuto il consenso del ministro generale udito il suo Consiglio, e si celebri con la frequenza indicata nelle Ordinazioni dei Capitoli generali.

3.      Per esigenze particolari, oltre al Capitolo ordinario, il ministro provinciale, con il consenso del suo Consiglio e informato il ministro generale, può convocare un Capitolo straordinario, che non può essere elettivo.

4.      Nel Capitolo provinciale, sia ordinario che straordinario, si trattino argomenti attinenti alla vita e all’attività della provincia e della custodia, sui quali tutti i frati devono essere precedentemente consultati.

N. 130

1.      Nel Capitolo provinciale, sia ordinario che straordinario, hanno voce attiva: il ministro generale, se presiede; il ministro provinciale e i consiglieri provinciali; i custodi; i frati professi perpetui della provincia, e i delegati delle custodie, secondo i criteri stabiliti dalle Ordinazioni dei Capitoli generali e dal Regolamento per la celebrazione del Capitolo della provincia.

2.      Il Capitolo provinciale si può celebrare a suffragio diretto ovvero con la partecipazione di tutti i frati di voti perpetui, o per delegati, secondo quanto previsto dalle Ordinazioni dei Capitoli generali. Nel Capitolo per delegati i membri, riuniti in fraterna comunione, rappresentano tutta la provincia.

3.      Tutti i frati professi perpetui che ne hanno il diritto sono obbligati a partecipare al Capitolo; se qualcuno di loro non può intervenire, lo comunichi al ministro provinciale, al quale spetta giudicare il caso. Solo i frati realmente presenti in Capitolo hanno diritto di voto.

4.      Se il custodenon può partecipare al Capitolo per ragioni gravi riconosciute dal ministro provinciale, oppure se il suo ufficio fosse vacante, prenda parte al Capitolo il primo o il secondo consigliere, secondo le possibilità.

N. 131

1.      Indetto il Capitolo provinciale per delegati, tutti i frati della Provincia e i frati di altre circoscrizioni dei quali si parla al n. 121,6, che a quella data sono professi perpetui, eccetto quelli che appartengono alle custodie o quelli che sono privati della voce attiva e passiva, eleggano i delegati e i sostituti.

2.      I frati delle custodie eleggano i propri delegati e i loro sostituti.

3.      I frati che partecipano di diritto, il numero dei delegati della provincia, delle custodie e il modo di eleggerli siano stabiliti dal Capitolo provinciale.

N. 132

1.      Nel Capitolo ordinario il ministro provinciale viene eletto secondo il Regolamento per la celebrazione del Capitolo, approvato dal Capitolo provinciale.

2.      Il ministro provinciale può essere eletto consecutivamente solo per due mandati, fermo restando quanto previsto al n. 123,7 e nelle Ordinazioni dei Capitoli generali.

3.      Seguendo il Regolamento predetto, si eleggano quattro consiglieri provinciali, eccetto che il ministro generale con il consenso del suo Consiglio non creda opportuno che se ne abbia un numero maggiore; di questi la metà può essere degli eletti nel Capitolo precedente.

4.      Poi tra i consiglieri si elegga il vicario provinciale, il quale, in forza dell’elezione, diviene primo consigliere.

5.      Il ministro provinciale eletto esercita l’ufficio come delegato del ministro generale fino a quando la sua elezione non sarà confermata. Se il ministro generale non conferma l’elezione, si procede a nuova elezione; in questa l’eletto non confermato non ha voce passiva.

6.      Avvenuta l’elezione o la nomina del ministro provinciale e dei consiglieri, i frati continuano ad esercitare i propri uffici fino a quando non sarà provveduto diversamente. Questa norma, con le debite differenze, vale anche per le custodie.

 

N. 133

1.      Per gravi motivi il ministro generale, con il consenso del suo Consiglio, può nominare il ministro provinciale e i consiglieri, dopo aver ottenuto per iscritto il voto consultivo di tutti i frati di voti perpetui della provincia. Però tale procedura non può essere applicata per due volte consecutive.

2.      Fatta questa nomina, al momento opportuno si celebri il Capitolo provinciale per trattare i problemi.

N. 134

1.      È compito del vicario provinciale aiutare il ministro provinciale nelle attività che gli vengono affidate e, se assente o impedito il ministro provinciale, trattare gli affari della provincia, eccetto quelli che il ministro provinciale si è riservato.

2.      Il vicario provinciale, qualora si rendesse vacante l’ufficio di ministro provinciale, è tenuto a ricorrere immediatamente al ministro generale e a governare la provincia fino a quando non riceverà disposizioni.

3.      Se l’ufficio di ministro provinciale si rende vacante oltre diciotto mesi prima della scadenza naturale del mandato, il ministro generale con il consenso del suo Consiglio, avuto prima il voto consultivo di tutti i frati di voti perpetui della provincia, nomini il nuovo ministro, che governerà la provincia fino alla celebrazione del Capitolo.

4.      Se il vicario provinciale è impedito, ne assume temporaneamente l’ufficio il consigliere che lo segue nell’ordine di elezione, come delegato del ministro provinciale.

5.      Se si rende vacante l’ufficio di consigliere provinciale oltre un anno prima del Capitolo provinciale, il ministro generale con il consenso del proprio Consiglio, dopo aver consultato il ministro provinciale e il suo Consiglio, nomini un altro consigliere, che prenda il posto dell’ultimo consigliere. Se invece si rende vacante l’ufficio di vicario provinciale, si ricostituisca prima il numero dei consiglieri, poi il ministro provinciale con il suo Consiglio eleggano in forma collegiale e a scrutinio segreto un altro vicario provinciale dall’interno del Consiglio. Di questo si informi il ministro generale.

N. 135

1.      Il ministro provinciale, con il consenso del suo Consiglio, nomini, tra i frati di voti perpetui, il segretario provinciale, nonché gli altri ufficiali necessari per lo svolgimento del lavoro nella curia provinciale e, se ce ne sarà bisogno, anche per la direzione di altri speciali uffici.

2.      Il segretario provinciale dipende soltanto dal ministro provinciale; al Capitolo provinciale spetta decidere quali altri ufficiali debbano dipendere solo dal ministro provinciale.

3.      Si raccomanda che nelle singole province il ministro provinciale con il consenso del suo Consiglio nomini delle commissioni speciali per trattare particolari problemi.

Articolo V

Il governo delle custodie

N. 136

1.      La custodia, che ha tra i suoi scopi principali la implantatio Ordinis nella Chiesa particolare, è una circoscrizione dell’Ordine affidata a una provincia o, per circostanze particolari, direttamente dipendente dal ministro generale. Le custodie dipendenti dal ministro generale hanno uno statuto proprio approvato dallo stesso ministro con il consenso del suo Consiglio. Ad esse si applica per analogia la normativa che riguarda le custodie affidate ad una provincia.

2.      A ciascuna custodia è preposto un custode con il suo Consiglio. Spetta al ministro provinciale, dopo aver consultato i membri della custodia e con il consenso del suo Consiglio, determinare il numero dei consiglieri, che può essere variato secondo le necessità, ma non può essere inferiore a due. Della variazione del numero dei consiglieri venga informato il ministro generale.

3.      Spetta al custode, ottenuto il consenso del ministro provinciale,indire econvocare il Capitolo della custodia, nel quale hanno voce attiva tutti i frati professi perpetui ed anche il ministro provinciale, se presiede. Riguardo ai frati che non possono partecipare al Capitolo, vale quanto è stato detto per il Capitolo provinciale.

4.      Il custode e i consiglieri vengono eletti dal Capitolo a suffragio universale, secondo le modalità stabilite dal Capitolo della custodia e possono essere rieletti; ma il custode può essere rieletto immediatamente soltanto per un altro mandato, salvo quanto disposto al n. 123,7. La durata del mandato è stabilita nelle Ordinazioni dei Capitoli generali.

5.      Il custode eletto deve essere confermato dal ministro provinciale. Fino a tale conferma, esercita l’ufficio come delegato del ministro provinciale, al quale spetta informare il ministro generale dell’elezione avvenuta. Se il ministro provinciale non conferma l’elezione, si procede a nuova elezione; in questa l’eletto non confermato non ha voce passiva.

6.      Dal momento della conferma della sua elezione, il custode acquisisce la potestà ordinaria vicaria per esercitare il suo ufficio. Il ministro provinciale conferisca per iscritto al custode le facoltà che gli vengono delegate e indichi quelle che riserva a sé.

7.      Con il previo consenso del ministro provinciale il custode può convocare il Capitolo straordinario. È opportuno che anche questo Capitolo sia presieduto dal ministro provinciale, il quale ha voce attiva.

8.      Il Capitolo della custodia prepari il proprio Regolamento e lo statuto della custodia, che devono essere approvati dal ministro provinciale con il consenso del suo Consiglio. Gli argomenti da trattare nel Capitolo della custodia siano concordati tra il ministro provinciale e il custode, consultati i rispettivi Consigli.

9.      Se il custode è assente o impedito, ne fa le veci il primo consigliere o, in successione, il consigliere che segue nell’ordine dell’elezione. Al consigliere che assume temporaneamente l’ufficio di custode, il ministro provinciale deve conferire le opportune deleghe o, potendo, il custode, se ha facoltà di subdelegare.

10.    Se per qualunque motivo è vacante l’ufficio di consigliere, il fatto venga notificato al ministro provinciale, il quale procede per analogia con il n. 134,5.

11.    Con la licenza del ministro generale, per gravi motivi il ministro provinciale, con il consenso del suo Consiglio, può nominare il custode e i suoi consiglieri, dopo aver ottenuto per iscritto il voto consultivo dei frati della custodia. Però tale procedura non può essere applicata per due volte consecutive.

N. 137

1.      Il custode convochi i suoi consiglieri più volte all’anno. Egli ha bisogno del loro parere o del loro consenso tutte le volte che, a norma delle Costituzioni, il ministro provinciale ha bisogno del parere o del consenso del suo Consiglio.

2.      Proponga al ministro provinciale le iniziative che comportano oneri di notevole entità per la custodia o per la provincia.

3.      Per l’apertura di nuove case, il cambio d’uso di case già esistenti o il trasferimento di case di formazione richieda l’autorizzazione del ministro provinciale con il consenso del suo Consiglio.

 

N. 138

1.      Appartengono alla custodia tutti i frati che ad essa sono stati aggregati, o che vi sono stati mandati a tempo determinato dall’autorità competente e i frati che in essa hanno emesso la professione, anche se, per motivi di formazione o per altra causa, vivono altrove.

2.      Nell’esercizio dell’apostolato la custodia si prenda assidua cura delle vocazioni. Per questo, insieme alla testimonianza di un coerente stile di vita, sviluppi un’attività pastorale attenta alle reali esigenze delle persone e alle varie necessità del luogo.

3.      La provincia, secondo le sue possibilità, invii nella custodia ad essa affidata tanti religiosi quanti sono richiesti dalle necessità della stessa custodia. Favorisca anche espressioni di effettiva collaborazione reciproca e di servizio tra i frati di diverse circoscrizioni.

4.      Nello scegliere i religiosi da inviare o da richiamare, il ministro provinciale, consultato il custode e il suo Consiglio, tenga in considerazione le particolari attitudini dei frati in relazione alle condizioni dei luoghi, alla formazione dei giovani e all’apostolato da esercitare nella custodia. Similmente anche il custode agisca in accordo con il ministro provinciale.

5.      Il custode, tenuto conto delle necessità, sentito il proprio Consiglio e con il consenso del ministro provinciale, può stipulare opportune convenzioni con altre circoscrizioni o Conferenze dei superiori maggiori. Queste convenzioni dovranno essere confermate dal ministro provinciale, e se il caso lo richiede, dal ministro generale.

 

Articolo VI

Il governo della fraternità locale

N. 139

1.      Celebrato il Capitolo provinciale, a tempo opportuno, il ministro provinciale con il consenso del suo Consiglio e, per quanto è possibile, ascoltati i frati, costituisca le fraternità locali e in ognuna nomini il guardiano e il vicario. I frati cui si ritiene di conferire tali uffici siano previamente consultati.

2.      Allo stesso modo, considerate le circostanze particolari, vengano costituite le fraternità e il rispettivo guardiano e vicario nelle custodie.

3.      Il guardiano viene nominato per un mandato. Ma potrà essere nominato consecutivamente per un secondo o, in caso di evidente necessità, per un terzo mandato, e per giusti motivi anche nella stessa casa.

4.      Colui che è stato guardiano per il tempo massimo consentito, sarà libero da questo ufficio almeno per un anno.

5.      Affinché siano veramente animatori della propria fraternità, i guardiani non assumano impegni tali per cui siano assenti troppo e troppo a lungo dalla casa.

N. 140

1.      Il vicario ha il compito di assistere come consigliere il guardiano nel governo della comunità e, se questi è assente o impedito oppure è vacante l’ufficio di guardiano, di governare la fraternità.

2.      In ogni casa con almeno sei frati, oltre il vicario, che di diritto è il primo consigliere, il Capitolo locale elegga, tra i frati di voti perpetui, un consigliere. Lo stesso Capitolo, in case con un numero di frati superiore a dieci, stabilisca quanti consiglieri eleggere. I consiglieri hanno il compito di aiutare con le loro valutazioni il guardiano nelle cose spirituali e materiali.

3.      Nei casi di maggiore importanza, secondo le Costituzioni e gli statuti propri di ogni circoscrizione, si richiede il consenso del Consiglio.

4.      Il Capitolo provinciale determini chi debba presiedere la fraternità locale quando sono assenti o impediti il guardiano e il vicario.

5.      Se l’ufficio di guardiano resta vacante per oltre sei mesi prima della scadenza naturale del mandato, il ministro provinciale, con il consenso del suo Consiglio, ne nomini un altro. Se invece resta vacante per meno di sei mesi prima della scadenza naturale del mandato, la fraternità venga governata dal vicario.

N. 141

1.      Il Capitolo locale è composto da tutti i frati professi.

2.      È compito del Capitolo locale, sotto la guida del guardiano, confermare lo spirito fraterno, promuovere la coscienza di tutti i frati per il bene comune, dialogare sui vari aspetti della vita fraterna, soprattutto quando si tratta di favorire la preghiera, di osservare la povertà, di promuovere la formazione e di sostenere le attività apostoliche, nella ricerca comune della volontà di Dio.

3.      Il Capitolo locale si celebri spesso durante l’anno; i ministri lo promuovano efficacemente e qualche volta lo animino di persona.

4.      Le votazioni del Capitolo locale sono consultive, a meno che non sia stabilito diversamente dal diritto universale o da quello proprio.

5.      Spetta solo ai frati professi perpetui partecipare alle elezioni e alle votazioni per l’ammissione dei frati alla professione, a norma delle Costituzioni.

N. 142

1.      Nella curia generale, in quella delle singole circoscrizioni e in tutte le nostre case ci sia l’archivio, cui si può accedere solo con il permesso del superiore competente. In esso si conservino ordinatamente e sotto segreto tutti i documenti prodotti e acquisiti che riguardano i frati, la nostra vita e la nostra attività.

2.      L’accesso agli archivi dell’Ordine sia regolato dalle disposizioni dei ministri, osservando attentamente le norme ecclesiastiche e civili.

3.      Tutti i fatti degni di memoria siano annotati accuratamente da chi ne ha ricevuto l’incarico.

Articolo VII

La collaborazione nell’Ordine

Consiglio Plenario e Conferenze dei Superiori Maggiori

N. 143

1.      Il Consiglio plenario dell’Ordine ha lo scopo di esprimere il rapporto vitale fra l’intera Fraternità e il suo governo centrale, di promuovere la coscienza di tutti i frati alla corresponsabilità e alla collaborazione, di favorire l’unità e la comunione dell’Ordine nella pluriformità.

2.      Il Consiglio plenario, che è organo di riflessione e di consultazione, esamina tematiche di particolare importanza offrendo la propria collaborazione al governo dell’Ordine per la formazione dei frati e la loro missione apostolica, per l’incremento dell’Ordine e il suo adeguato rinnovamento.

3.      Il ministro generale, con il consenso del suo Consiglio, può convocare un Consiglio plenario, che si svolgerà secondo il Regolamento approvato dallo stesso ministro generale con il consenso del suo Consiglio.

4.      Sono membri del Consiglio plenario: il ministro generale, i consiglieri generali e i delegati delle Conferenze dei superiori maggiori, con una certa proporzionalità stabilita dal ministro generale con il consenso del suo Consiglio.

5.      Ciascuna Conferenza stabilisce le modalità per la scelta dei delegati fra le proprie circoscrizioni; i delegati non devono necessariamente essere scelti tra i ministri della Conferenza stessa.

6.      Il ministro generale, con il consenso del suo Consiglio, può confermare le conclusioni del Consiglio plenario, comunicarle opportunamente a tutti i frati e trarne indicazioni operative per l’Ordine.

 

N. 144

1.      Le Conferenze dei Superiori maggiori sono organismi di animazione e di collaborazione tra il ministro generale e i singoli ministri delle circoscrizioni. Operano secondo lo statuto generale delle Conferenze e gli statuti propri di ciascuna di esse, approvati dal ministro generale con il consenso del suo Consiglio; si riuniscono almeno una volta all’anno.

2.      Le Conferenze sono costituite dal ministro generale con il consenso del suo Consiglio; sono formate dai ministri provinciali e dai custodi di un territorio.

3.      Le Conferenze hanno lo scopo di favorire la responsabilità di ciascun ministro nei confronti dell’Ordine; di promuovere la collaborazione sia delle circoscrizioni fra loro sia con gli altri organismi ecclesiali, in particolare quelli analoghi dei religiosi; di garantire, per quanto è possibile, l’unità di azione e di apostolato sul loro territorio.

4.      Ogni Conferenza, a norma dello statuto generale e proprio, elegge un presidente, un vicepresidente e un segretario. Laddove le Conferenze, in ragione del loro funzionamento lo necessitassero, possono eleggere anche un Consiglio.

5.      Per adempiere ai compiti loro affidati dalle Costituzioni, dagli statuti o dal ministro generale, e per provvedere al bene dell’Ordine, le Conferenze possono proporre norme speciali per i frati e le circoscrizioni del proprio territorio. Tali norme, per essere valide, devono essere approvate all’unanimità da tutti i ministri della Conferenza, avuto il consenso dei loro rispettivi Consigli, e approvate dal ministro generale con il consenso del suo Consiglio.

6.      I ministri e i loro Consigli collaborino volentieri e attivamente con la Conferenza per un maggior coordinamento delle forme di testimonianza e formazione francescana, per il rinnovamento della vita di fede, la promozione della pace, della giustizia e la salvaguardia del creato.

N. 145

1.      Riconosciamo, fratelli, che le strutture di governo dell’Ordine e le sue istituzioni sono anch’esse espressione della nostra vita e vocazione, e accompagnano il cammino della nostra Fraternità lungo la storia.

2.      Benché soggette al limite di ogni istituzione temporale, esse ci aiutano a sviluppare il senso di appartenenza alla nostra Famiglia e ne qualificano la vita e la missione.

3.      Accogliamole, dunque, in spirito di fede e con semplicità come concreta possibilità di crescita personale e di aiuto vicendevole, cercando in ogni cosa il bene comune, il servizio alla Chiesa e al Regno di Dio.


Capitolo IX

La nostra vita apostolica

N. 146

1.      Il Figlio di Dio è stato mandato dal Padre nel mondo affinché, assunta la condizione umana e consacrato con l’unzione dello Spirito, portasse il lieto annunzio ai poveri, guarisse i pentiti di cuore, annunziasse la liberazione ai prigionieri, restituisse la vista ai ciechi e proclamasse la grazia del Signore.

2.      Cristo ha stabilito che questa missione, con la forza dello Spirito Santo, continuasse nella Chiesa, che la accoglie quale grazia e vocazione propria, espressione profonda della sua identità.

3.     Lo stesso Spirito ha suscitato san Francesco e la sua Fraternità apostolica affinché, seguendo l’esempio di Gesù e dei suoi primi discepoli, andassero per il mondo predicando la penitenza e la pace, cooperando così alla missione evangelizzatrice della Chiesa.

4.      Perciò la nostra Fraternità, obbedendo allo Spirito del Signore e alla sua santa operazione, adempie nella Chiesa il debito di servizio verso tutti gli uomini, evangelizzandoli con l’opera e con la parola.

 

N. 147

1.      Nell’attività apostolica esprimiamo le note caratteristiche del nostro carisma nelle forme più adatte alle condizioni dei tempi e dei luoghi.

2.      Il primo apostolato del frate minore è vivere nel mondo la vita evangelica in verità, semplicità e letizia.

3.      E poiché la vita fraterna è peculiare partecipazione alla missione di Cristo, qualifichiamone l’efficacia apostolica con un’intima e ardente dedizione al Signore Gesù, rendendo sempre più autentiche le nostre relazioni fraterne e coinvolgendoci generosamente nella missione dell'Ordine.

4.      Trattiamo tutti con stimae rispetto e offriamo sempre disponibilità al dialogo.

5.      Seguendo l’esempio di Cristo e di san Francesco, mentre preferiamo l’evangelizzazione dei poveri, non temiamo di proclamare la conversione, la verità, la giustizia e la pace del Vangelo anche agli uomini che detengono il potere o reggono le sorti dei popoli.

6.      Attendiamo volentieri a qualunque opera di ministero e attività apostolica, purché convengano alla nostra forma di vita e rispondano alle necessità della Chiesa.

7.      Mossi dall’amore del Padre, che vede nel segreto,scegliamo consapevolmente la via della minorità e assumiamo con generosità anchecompiti e servizi ritenuti vili o difficili,senza farcene alcun vanto.

8.      Anzi, come discepoli di Cristo e figli di san Francesco, ricordiamoci che la vita apostolica richiede un animo disposto ad affrontare la croce e la persecuzione, fino al martirio, per la fede e per l’amore di Dio e del prossimo.

N. 148

1.      Con animo pronto esercitiamo qualunque genere di apostolato, anche di iniziativa personale, secondo l’ispirazione del Signore. Le varie attività apostoliche siano promosse e coordinate come espressione di tutta la fraternità e siano svolte sotto l’obbedienza dell’autorità competente.

2.      Salvo il diritto del Sommo Pontefice di disporre del servizio dell’Ordine per il bene della Chiesa universale, l’esercizio di qualunque attività apostolica è sottoposto all’autorità del Vescovo diocesano, dal quale i frati ricevono le facoltà necessarie, dopo che sono stati approvati dai loro ministri. Questi poi, per quanto possibile e nel rispetto del nostro carisma, acconsentano volentieri quando i Vescovi ci invitano a servire il popolo di Dio e a collaborare perla salvezza degli uomini.

3.      È compito del Capitolo provinciale adattare l’attività apostolica alle esigenze dei tempi, rispettando la nostra identità francescano-cappuccina. Spetta poi al ministro provinciale, col consenso del suo Consiglio, coordinare le energie apostoliche nella provincia.

4.      Il guardiano, dopo aver consultato il Capitolo locale nei casi di maggiore importanza, distribuisca gli impegni, tenendo conto delle condizioni dei singoli frati e prestando attenzione alle necessità della Chiesa locale e alle direttive pastorali della gerarchia ecclesiastica.

5.      Per il bene della Chiesa e secondo le necessità, le circoscrizioni collaborino volentieri tra di loro in opere e iniziative apostoliche, da sviluppare con sapiente progettualità. Sostenuti dal senso della comunione ecclesiale, cooperiamo fraternamente anche con gli altri istituti di vita consacrata, soprattutto francescani.

N. 149

1.      Abituiamocia leggere i segni dei tempi, nei quali con gli occhi della fede scopriamo il disegno di Dio, affinché le iniziative apostoliche corrispondano alle esigenze della evangelizzazione e alle necessità degli uomini.

2.      Promuoviamo le consuete opere di apostolato, come le missioni popolari, gli esercizi spirituali, la confessione sacramentale dei fedeli, la cura spirituale delle religiose, specialmente francescane, l’assistenza agli infermi e ai carcerati, le opere di educazione e di promozione sociale.

3.      Intraprendendo anche forme nuove di apostolato, dedichiamoci con sollecitudine particolare a coloro che sono lontani dalla fede e dalla pratica religiosa, nonché a quanti, per la loro condizione di vita, mancano di cura pastorale ordinaria, come i giovani in crisi nella vita cristiana, i migranti, gli operai e le persone assillate da preoccupazioni economiche o discriminate e perseguitate per qualunque causa.

4.      Testimoniamo la cultura della vita e adoperiamoci assiduamente affinché la vita umana, dal suo concepimento fino alla morte, sia sempre difesa e promossa. Operiamo a favore dell’infanzia e impegniamoci nell’educazione e nella formazione della gioventù, anche con la presenza nelle scuole e nelle realtà educative. Sosteniamo con sollecitudine la famiglia fondata sul matrimonio, Chiesa domestica e cellula vitale della società, mostrandoci vicini e solidali specialmente alle famiglie più bisognose.

5.      Dedichiamoci anche con particolare impegno a servizio del dialogo ecumenico nella carità, nella verità e nella preghiera con tutti i cristiani, partecipando alla sollecitudine della Chiesa per raggiungere l’unità voluta da Cristo.

6.      Similmente sforziamoci di stabilire un dialogo di salvezza anche con le persone di altra religione e con i non credenti, fra i quali viviamo o ai quali siamo inviati.

7.      Tutti i servizi prestati agli uomini devono essere basati su una vita plasmata dal Vangelo. Ricordandoci che il mondo ascolta più i testimoni che i maestri, viviamo vicini al popolo in semplicità di cuore, comportandoci da veri frati minori nello stile di vita e nel modo di parlare.

 

N. 150

1.      Gesù dedicò la sua vita ad annunciare il Regno di Dio e inviò gli apostoli ad evangelizzare tutte le genti.

2.      San Francesco, araldo di Cristo, con l’autorevole approvazione della Chiesa, percorse le città e sparse ovunque il seme del Vangelo, annunciando al popolo di Dio il mistero di Cristo con discorsi brevi e semplici.

3.      Perciò noi, docili al mandato del divino Maestro, seguendo l’esempio di San Francesco e la tradizione del nostro Ordine, predichiamo la Parola del Signore con chiarezza di linguaggio aderendo fedelmente alle Sacre Scritture.

4.      Con sommo impegno sforziamoci di imprimere nel nostro cuore la Parola di Dio, che è Cristo, e con tutte le forze di dare a Lui il possesso totale di noi stessi, affinché sia il Signore stesso che ci spinge a parlare per sovrabbondanza di amore. Così predicheremo Cristo con la vita, con le opere e con la parola.

5.      Per raggiungere questo scopo, impegniamoci a progredire continuamente nella sapienza di Cristo, che si acquista soprattutto vivendola, e questo specialmente con la lettura assidua, la meditazione e lo studio approfondito delle Sacre Scritture.

6.      Procuriamo che ogni nostro servizio pastorale sia impregnato dalla Parola di Dio. Curiamo la catechesi della fedecon metodi appropriati alle esigenze dei diversi gruppi umani, favorendo l'affermarsi di una cultura permeata dai valori evangelici.

N. 151

1.      Nella celebrazione dei sacramenti Cristo si fa presente ai fedeli con la sua virtù salvifica, li santifica ed edifica il suo Corpo, mentre il popolo di Dio rende un degno culto al Signore suo Dio.

2.      Perciò i frati siano pronti ad amministrare i sacramenti, sia in ragione del loro ufficio sia perché invitati dal clero, affinché, con la celebrazione dei misteri, i fedeli vengano aiutati a nutrire, irrobustire ed esprimere la loro fede.

3.      Prepariamoci diligentemente a dispensare i misteri di Dio, desiderosi di imitare ciò che celebriamo e di conformare la nostra vita al mistero della Croce del Signore. Alimentiamo nei fedeli una vita cristiana centrata sull’Eucaristia, attingendo noi stessi a questa medesima fonte la carità pastorale che ci spinge a donarci per il bene del prossimo.

 

N. 152

1.      I frati sacerdoti, nello spirito di Cristo buon pastore, annuncino la misericordia di Dio. Siano fedeli dispensatori del perdono dei peccati, che Dio offre nel sacramento della riconciliazione, e volentieri si prestino ad ascoltare le confessioni dei fedeli; tanto più che questo ministero si addice particolarmente a noi frati minori e spesso ci rende prossimi delle persone che più sperimentano la miseria del peccato.

2.      In loro risplenda lo zelo della santità di Dio e la sua misericordia, il rispetto della dignità della persona umana, la carità, la pazienza e la prudenza.

3.      I confessori si preoccupino di progredire continuamente nella scienza pastorale e nel retto esercizio del loro ministero.

 

N. 153

1.      Sull’esempio di san Francesco e secondo la tradizione costante dell’Ordine, assumiamo volentieri l’assistenza spirituale, ma anche corporale, dei malati e dei sofferenti.

2.      Così, seguendo Cristo che percorreva le città e i villaggi curando ogni malattia e ogni infermità, come segno della venuta del Regno di Dio, compiamo la missione della Chiesa che per mezzo dei suoi figli è solidale con gli uomini di ogni condizione, soprattutto con i poveri e gli afflitti, e volentieri si prodiga per essi.

3.      I ministri e i guardiani favoriscano questo ministero, che è una luminosa e valida opera di carità e di apostolato.

 

N. 154

1.      Secondo l’indole e la tradizione del nostro Ordine, i frati siano disponibili a dare aiuto pastorale al clero della Chiesa particolare nelle parrocchie.

2.      I ministri, considerando le urgenti necessità dei fedeli, con il consenso del loro Consiglio, accettino con prudenza anche la cura parrocchiale in spirito di servizio alla Chiesa particolare.

3.      Affinché assumendo questo ministero si conservi la conformità alla nostra vocazione, ordinariamente si preferiscano quelle parrocchie dove più facilmente possiamo dare testimonianza di minorità e possiamo condurre un genere di vita e di lavoro in fraternità. In tal modo il popolo di Dio può opportunamente partecipare al nostro carisma.

4.      I santuari affidati al nostro Ordine siano centri di evangelizzazione e di sana devozione. Operiamo in essi seguendo le indicazioni della Chiesa e testimoniando i valori fondamentali della nostra vita. Si sviluppino tra le circoscrizioni adeguate collaborazioni per il servizio dei santuari di maggior rilievo a noi affidati.

 

N. 155

1.      Riconosciamo e promuoviamo il ruolo e la missione propria dei fedeli laici nella vita e nell’azione della Chiesa. Collaboriamo volentieri con loro, specialmente nell’opera di evangelizzazione. Sosteniamo anche le associazioni dei fedeli, i cui membri si impegnano a vivere e annunziare la Parola di Dio e a cambiare il mondo dall’interno.

2.      Tra queste associazioni ci stia a cuore l’Ordine Francescano Secolare. Collaboriamo con i francescani secolari affinché le loro fraternità crescano come comunità di fede dotate di particolare efficacia di evangelizzazione. Cooperiamo anche alla formazione dei singoli membri, affinché diffondano il Regno di Dio non soltanto con l’esempio della vita, ma anche con varie forme di apostolato.

 

N. 156

1.      San Francesco, vedendo nelle cose belle Colui che è bellissimo, ha invitato tutte le creature a lodare e magnificare il Signore. Educhiamoci anche noi a riconoscere tutte le cose buone e belle che il Signore ha seminato nel cuore dell’uomo e nell’armonia del creato. Impegniamoci a far conoscere la bellezza di Dio con la parola, gli scritti, e anche con espressioni artistiche cristianamente ispirate.

2.      Diffondiamo l’annuncio di Cristo avvalendoci anche dei mezzi di comunicazione sociale, che offrono grandi opportunità di evangelizzazione. Perciò i ministri abbiano cura che frati idonei possano acquisire una preparazione specifica in questo ambito. Tutti i frati poi siano convenientemente istruiti sul loro uso responsabile.

3.      Collaboriamo volentieri nell’apostolato della stampa, specialmente se si tratta di divulgare opere francescane.

4.      Nelle nostre pubblicazioni, nell’uso dei mezzi di comunicazione sociale e nelle presenze nei media, esprimiamo piena adesione ai valori evangelici e alla dottrina della Chiesa.

5.      Le pubblicazioni e comunicazioni che rappresentano ufficialmente il nostro Ordine, sia a livello locale che universale, devono essere debitamente vagliate e autorizzate dal superiore competente. Si curi con particolare attenzione che esprimano il genuino pensiero dell’Ordine.

6.      In ciò che riguarda i mezzi di comunicazione sociale si osservino le norme del diritto universale; e, se si tratta di scritti su argomenti religiosi o di morale, si tenga presente che si richiede anche l’autorizzazione del ministro.

7.      Ai vari livelli dell’Ordine siano opportunamente costituiti uffici idonei perché l’attività apostolica, attraverso i mezzi di comunicazione, sia coordinata, sostenuta e adeguatamente valorizzata.

 

N. 157

1.      In ogni nostra attività apostolica riconduciamo sempre a unità la nostra vita e la nostra azione nell’esercizio della carità verso Dio e verso gli uomini, che è l’anima di ogni apostolato.

2.      Ricordiamoci anche che non possiamo compiere la nostra missione se non ci rinnoviamo continuamente nella fedeltà alla nostra vocazione.

3.      Esercitiamo quindi l’attività apostolica in povertà e umiltà, non appropriandoci del ministero, affinché sia evidente a tutti che cerchiamo solo Gesù Cristo. Conserviamo quella unità fraterna che Cristo volle così perfetta da far riconoscere al mondo che il Figlio è stato inviato dal Padre.

4.      Vivendo fraternamente insieme, coltiviamo la vita di preghiera e di studio per essere uniti intimamente con il Salvatore e, mossi dalla forza dello Spirito Santo, offriamoci con animo pronto e generoso per testimoniare nel mondo il lieto annuncio.

 


Capitolo X

LA NOSTRA VITA IN OBBEDIENZA

N. 158

1.      Gesù Cristo, assumendo la condizione di servo, si è fatto obbediente fino alla morte di croce. Così, liberandoci dalla schiavitù del peccato, ci ha svelato che la libertà umana è cammino di obbedienza alla volontà del Padre e l'obbedienza è cammino di progressiva conquista della vera libertà.

2.      In religioso ascolto del Verbo fatto carne, la Chiesa, docile all’azione dello Spirito, con l’obbedienza della fede corrisponde al disegno di amore del Padre che nel Figlio ha rivelato se stesso e ci ha fatto conoscere il mistero della sua volontà.

3.      Perciò il cristiano, alla sequela di Gesù, il cui cibo era fare la volontà del Padre, è chiamato a crescere ogni giorno nella libertà dei figli di Dio mediante un’obbedienza fiduciosa, sulla quale si costruisce e si realizza la pienezza dell’uomo. Così egli, uscendo da se stesso e purificandosi dagli idoli, si apre agli orizzonti della vita divina nell’accoglienza di una volontà salvifica che non mortifica ma fonda e sviluppa la sua dignità.

4.      San Francesco ci ha insegnato che la vita dei frati minori è obbedire a Gesù Cristo presente nel Vangelo e nei sacramenti. A Cristo Egli si donò totalmente, nulla di sé trattenendo per sé, riconoscendo nell’obbedienza la perfezione del vivere senza nulla di proprio e il fondamento della comunione con Dio, con la Chiesa, con i fratelli, con gli uomini e con tutte le creature.

5.      Pertanto, in forza del nostro impegno di vivere in obbedienza, serviamoci l’un l’altro per carità di spirito, e, senza distinzione di ufficio, aspiriamo all’ultimo posto nella comunità dei discepoli del Signore e siamo sottomessi ad ogni creatura umana per amore di Dio.

6.      Docili allo Spirito Santo, in fraterna comunione di vita, cerchiamo e compiamo la volontà di Dio in ogni avvenimento e in ogni azione.

7.      Ne conseguirà che i ministri e i guardiani, che si dedicano al servizio dei frati a loro affidati, e gli altri frati che nella fede si sottomettono a loro, faranno sempre ciò che piace a Dio.

Articolo I

Il servizio pastorale dei ministri e dei guardiani

N. 159

1.      Cristo non è venuto per essere servito ma per servire; e, per dimostrarlo, lavò i piedi agli apostoli e raccomandò loro di fare altrettanto.

2.      Anche il suo servo Francesco, fedele alle parole evangeliche, volle che i suoi frati non esercitassero alcun potere o dominio, soprattutto tra di loro.

3.      Perciò i ministri e i guardiani, che sono servi dei frati loro affidati e dei quali dovranno rendere conto a Dio, li servano umilmente, ricordando che essi stessi debbono obbedire a Dio e ai fratelli. Accolgano il servizio fraterno come grazia e, soprattutto nelle difficoltà e nelle incomprensioni, lo vivano come vera obbedienza.

4.      Non esercitino l’autorità come padroni, ma presiedano le loro fraternità nella carità con animo generoso e si facciano volentieri modelli degli altri frati, amministrando loro lo spirito e la vita con l’esempio e la parola.

N. 160

1.      I ministri e i guardiani compiano con diligenza l’ufficio loro affidato ed abbiano sollecitudine per i frati e cura di tutte le cose, specialmente di quelle spirituali.

2.      Nella preghiera intensa e con discernimento prudente, insieme ai frati cerchino assiduamente la volontà di Dio per adempierla fedelmente.

3.      Nello spirito del Vangelo favoriscano volentieri il dialogo sia comunitario che individuale con i frati. Ricordino che alla decisione finale non si perviene da soli, bensì valorizzando il più possibile l’apporto libero di tutti i fratelli. Quindi li ascoltino attentamente e con animo aperto prendano in considerazione i loro consigli. Tutti però siano consapevoli che, in forza dell’ufficio, la decisione ultima spetta ai superiori.

4.      Per il bene di tutta la fraternità, curino una adeguata informazione dei frati, li coinvolgano in una attiva partecipazione alla vita e alle iniziative della stessa fraternità, favoriscano la collaborazione responsabile di tutte le energie, soprattutto di coloro che svolgono incarichi speciali.

5.      Poiché il vincolo della fraternità è tanto più forte quanto più centrale e vitale è ciò che si mette in comune, i ministri e i guardiani promuovano la condivisione dei doni e delle capacità personali e soprattutto dei beni spirituali, dell’ascolto della Parola di Dio e della vita di fede.

N. 161

1.      Si adoperino i ministri e i guardiani affinché le nostre fraternità siano luogo in cui si cerchi Dio e lo si ami in ogni cosa e sopra ogni cosa; coltivando essi stessi per primi la vita spirituale, sostengano il cammino dei fratelli verso la santità; garantiscano ai frati e alle fraternità il tempo e la qualità della preghiera, vegliando sulla fedeltà quotidiana ad essa.

2.      Ricordino quindi che essi hanno il dovere di proporre ai frati la Parola di Dio e di procurar loro con sollecitudine una conveniente istruzione e formazione religiosa.

3.      Si impegnino a promuovere la conoscenza del nostro carisma ed esortino i frati ad osservare fedelmente la Regola e queste Costituzioni; li aiutino a mantenere vivo il senso della fede e della comunione ecclesiale ed a favorire dovunque il bene del popolo di Dio.

4.      A questo scopo, secondo i luoghi e i tempi, si intraprendano le iniziative più opportune, come per esempio: lo studio dei documenti della Chiesa e dell’Ordine, delle lettere circolari dei ministri, o la partecipazione a convegni su argomenti religiosi e francescani. I ministri e i guardiani non trascurino il colloquio spirituale sia individuale che nel Capitolo locale, e l’omelia ai fratelli nella celebrazione dell’Eucaristia o della Parola di Dio.

N. 162

1.      I ministri e i guardiani, desiderando che i singoli frati corrispondano al progetto del Padre, che per amore li ha chiamati, li stimolino a cercare e compiere attivamente e responsabilmente la volontà di Dio.

2.      Guidino i frati loro affidati come figli di Dio, nel rispetto della persona umana, in modo che obbediscano spontaneamente.

3.      Non impongano precetti in forza del voto di obbedienza se non costretti dalla carità e dalla necessità, con grande prudenza, per iscritto o alla presenza di due testimoni.

N. 163

1.      I ministri e i guardiani, memori delle istruzioni di san Francesco, siano segno e strumento dell’amore di Dio che accoglie e perdona, e si adoperino affinché le loro fraternità si conformino all’insegnamento evangelico della misericordia.

2.      Esercitino con fermezza e insieme con mansuetudine e carità il compito, che ad essi compete in forza della Regola, di ammonire, confortare e, quando necessario, correggere i frati.

3.      Cerchino di correggere i difetti dei singoli frati in privato con il dialogo fraterno, tenendo conto della persona e delle circostanze. A loro volta, i frati accolgano volentieri la correzione, a vantaggio delle loro anime.

4.      I ministri e i guardiani parlino dei difetti e delle omissioni della fraternità con i frati stessi, soprattutto nel Capitolo locale, ed insieme cerchino ed applichino rimedi efficaci.

N. 164

1.      La visita pastorale, prescritta dalla Regola e dal diritto universale, giova molto all’animazione della nostra vita, al rinnovamento e all’unione dei frati.

2.      I ministri perciò vi si dedichino con particolare impegno, personalmente o per mezzo di altri, secondo le prescrizioni della Chiesa e del nostro diritto proprio.

3.      Nella visita i ministri o gli altri frati ad essa delegati abbiano un dialogo sincero con i frati sia singolarmente che riuniti comunitariamente su tutte le cose spirituali e temporali che servono a tutelare e a far crescere la vita dei frati; né trascurino la visita delle case.

4.      Agiscano con ogni comprensione e prudenza, adattandosi ai tempi e alle condizioni delle diverse regioni, in modo che i frati manifestino con fiducia, libertà e sincerità il loro parere ed insieme cerchino ciò che porta al rinnovamento costante della nostra vita e allo sviluppo dell’attività.

Articolo II

L’obbedienza caritativa dei frati

N. 165

1.      I frati, seguendo le orme del Signore Gesù, che per tutta la vita depose la sua volontà nella volontà del Padre, con il voto di obbedienza offrono a Dio la loro volontà come sacrificio di se stessi, si conformano costantemente alla volontà salvifica di Dio, sommamente amato, e si vincolano al servizio della Chiesa.

2.      Inoltre, vivendo nell’obbedienza, insieme alla fraternità scoprono la volontà di Dio con sicurezza maggiore, manifestano la comunione delle tre Persone divine e irrobustiscono la stessa unione fraterna.

3.      In quello spirito di generosità con il quale hanno promesso i consigli evangelici, obbediscano ai superiori in modo attivo e responsabile, con fede ed amore verso la volontà di Dio.

4.      Siano pienamente coscienti che l’offerta della propria volontà a Dio fatta spontaneamente contribuisce moltissimo alla perfezione personale e diventa per gli altri testimonianza del Regno di Dio.

5.      Stringendosi a Cristo che, pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza dalle cose che patì, accettino i limiti delle mediazioni umane della volontà di Dio. Memori che la croce è la prova del più grande amore che esige il dono di se stessi, perseverino nella comunione fraterna vivendo così nella perfetta obbedienza e partecipando all’opera della redenzione.

 

N. 166

1.      I frati trattino con carità e rispetto i loro ministri e i guardiani. Pronti ad obbedire ad essi in spirito di fede, manifestino loro il proprio parere e le proprie iniziative in vista del bene comune. Spetta ai superiori, dopo aver valutato tutto volentieri con i frati, decidere e comandare le cose da farsi.

2.      È obbedienza vera anche tutto ciò che di bene il frate fa con retta intenzione e di propria iniziativa, quando sa che ciò non è contro la volontà dei superiori e che non incide negativamente sull’unione fraterna.

3.      E se qualche volta un frate, dopo un dialogo fraterno, vede cose migliori e più utili di quelle che il ministro gli comanda, sacrifichi a Dio volontariamente le sue e di fatto si impegni ad adempiere con l’opera quelle del ministro. Questa è infatti l’obbedienza caritativa che soddisfa Dio e il prossimo.

 

N. 167

1.      Coloro che per motivi personali o per situazioni esterne non possono osservare la Regola spiritualmente, possono, anzi devono ricorrere al ministro per chiedere con fiducia consigli, incoraggiamento e soluzioni.

2.      Il ministro li riceva e li aiuti con fraterna carità e sollecitudine.

N. 168

1.      Tutti noi, i ministri e gli altri frati, camminando nella verità e nella sincerità del cuore, conserviamo tra noi una grande familiarità e, per lo spirito di carità, serviamoci volontariamente e obbediamoci reciprocamente.

2.      Coltiviamo una stima reciproca tale da non dire mai, in assenza del fratello, ciò che non oseremmo dire con carità alla sua presenza.

3.      Così facendo, saremo nel mondo, che deve essere consacrato a Dio, segno di quella carità perfetta che risplende nel Regno dei cieli.

4.      Riponiamo tutta la nostra speranza in Dio sommamente amato se dovremo soffrire privazioni, persecuzioni e tribolazioni a causa della testimonianza della vita evangelica.

5.      Spinti e sostenuti dallo Spirito del Signore e dalla sua santa operazione, come poveri e uomini di pace, proseguiamo con coraggio nella sublime via intrapresa, sicuri di essere premiati da Dio se persevereremo fino alla fine.


Capitolo XI

LA NOSTRA VITA NELLA CASTITÀ CONSACRATA

 

N. 169

1.      Tra i consigli evangelici la castità per Cristo e per il suo Regno è un insigne dono di Dio da apprezzare grandemente.

2.      Esso costituisce un riflesso dell’amore infinito che lega le tre Persone divine; amore testimoniato dal Verbo incarnato, fino al dono della sua vita; amore riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo, che stimola ad una risposta di amore totale per Dio e per i fratelli.

3.      Poiché Dio stesso è splendore infinito, la vita nella castità a Lui consacrata è irradiazione della divina bellezza in coloro che si lasciano trasfigurare dalla potenza dello Spirito Santo.

4.      Lo stesso Spirito, suscitando l’amore per la bellezza divina, ci configura alla vita verginale di Cristo e ci rende partecipi del mistero della Chiesa che vive nella dedizione piena ed esclusiva a Cristo suo sposoe si prepara all’incontro definitivo con Lui.

5.      Il consiglio evangelico della castità, che volontariamente abbiamo scelto e promesso con voto, trae la sua unica ragione dall’amore preferenziale per Dio ed, in Lui, per ogni persona. Esso ci dona in modo singolare una più ampia libertà di cuore, per cui aderiamo a Dio con amore indiviso e possiamo farci tutto a tutti.

6.      Il carisma del celibato, che non tutti possono capire, preannuncia profeticamente la gloria del Regno celeste, che già fin da ora opera in mezzo a noi e trasforma l’uomo nella sua interezza. Con questo dono, da custodire fedelmente e coltivare assiduamente, la nostra fraternità offre un particolare annuncio della vita futura, nella quale i risorti sono fratelli fra loro davanti a Dio, che sarà per loro tutto in tutti.

N. 170

1.      Poiché la castità sgorga dall’amore per Cristo, leghiamo indissolubilmente il nostro cuore a Colui che per primo ci ha scelti ed amati fino al dono supremo di sé, preoccupandoci di appartenergli totalmente.

2.      Coltiviamo un intenso rapporto con la beata Vergine, santa Maria, Tota Pulchra fin dalla sua concezione immacolata, esempio sublime di perfetta consacrazione a Dio e di amore per la divina bellezza, la sola che può appagare totalmente il cuore dell’uomo.

 

N. 171

1.      Mentre siamo in cammino verso la pienezza del Regno di Dio, la vita di castità porta sempre con sé qualche privazione, che è necessario riconoscere ed accettare con cuore lieto, poiché quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la loro carne con le sue passioni e i suoi desideri per partecipare già fin da ora al possesso della gloria del Signore.

2.      La castità consacrata a Dio, dono dato agli uomini, si alimenta, si sostiene e cresce con la partecipazione alla vita sacramentale, soprattutto con il convito eucaristico e con il sacramento della riconciliazione, con la preghiera perseverante e con l’unione intima con Cristo e con la sua Vergine Madre.

3.      Il ricorso diligente ai mezzi soprannaturali e naturali rende possibile l’equilibrio e permette di evitare i pericoli che più minacciano la nostra condizione di celibi, quali la noia della vita, la solitudine del cuore, l’amore delle comodità, le compensazioni indebite o la deviazione morbosa dell’affettività e l’utilizzo disordinato e improprio dei mass-media.

4.      Così, dunque, senza presumere delle proprie forze, ma confidando nell’aiuto di Dio, preoccupiamoci di rispondere generosamente a questo dono.

N. 172

1.      La maturazione affettiva e sessuale percorre un itinerario di conversione dall’amore egoistico e possessivo all’amore oblativo, capace di donarsi agli altri.

2.      In questo itinerario assume importanza peculiare l’impegno per crescere nella virtù della temperanza, dalla quale dipende strettamente la capacità di vivere casti.

3.      Educhiamoci, tra l’altro, al valore spirituale degli affetti, alla giusta stima del proprio corpo, all’accoglienza serena della propria identità sessuale e della differenza tra uomo e donna.

4.      Di fronte all’edonismo, che riduce la sessualità a gioco e consumo, testimoniamo un amore gratuito e universale con la forza della padronanza di sé e della disciplina, necessarie per non cadere nella schiavitù dei sensi e degli istinti. In questo modo la castità consacrata diventa esperienza di gioia e di libertà.

5.      Tutti noi, e specialmente i ministri e i guardiani, ricordiamo che l’amore scambievole tra di noi e il servizio fraterno sono un aiuto particolarmente valido per la castità.

6.      La vera fraternità, serena e aperta agli altri, rende più facile lo sviluppo naturale della propria affettività. L’impegno fraterno esige la continua rinuncia all’amor proprio e richiede la dedizione agli altri. Questo favorisce le amicizie autentiche e profonde, che giovano molto alla pienezza della vita affettiva.

7.      Coscienti della fragilità umana, fuggiamo le occasioni e i comportamenti pericolosi o che generano ambiguità per la castità e che possono suscitare sospetti. In campo affettivo e sessuale, la mancanza di rispetto per gli altri offende la castità, tradisce la fiducia, è abuso di potere e può ledere anche gravemente la dignità altrui. In questi casi, sempre da verificare, i ministri e i guardiani intervengano con prudenza e determinazione.

8.      Oltre alla disciplina dei sensi e del cuore, vivendo in umiltà e penitenza, dedichiamoci con animo lieto ad un lavoro assiduo e serviamoci degli altri mezzi che favoriscono la salute dello spirito e del corpo.

N. 173

1.      Francesco, conquistato dall’amore di Dio e degli uomini, anzi di tutte le cose create, è fratello ed amico universale. Una delle sue caratteristiche più significative è la ricchezza degli affetti e la capacità di esprimerli.

2.      Sommamente cortese e nobile, pieno di stupore di fronte ad ogni cosa buona e bella, vuole che i suoi frati siano cantori lieti della penitenza-conversione, immersi nella pace e nella fraternità universale, anzi addirittura cosmica.

3.      Attingendo alla fonte dell’amore trinitario, sviluppiamo anche noi la capacità di un amore universale. Amiamo tutti gli uomini in Cristo e, con modi fraterni ed amichevoli, cerchiamo di condurli a partecipare al Regno di Dio.

4.      Sull’esempio dell’affetto nobile dello stesso frate Francesco per sorella Chiara, il nostro comportamento con le donne sia caratterizzato da cortesia, rispetto e senso di giustizia, promuovendone la dignità e la missione nella società e nella Chiesa.

5.      L’amicizia è un dono grande e favorisce la crescita umana e spirituale. In forza della nostra consacrazione e per il rispetto dovuto alla vocazione di coloro con i quali siamo in relazione, evitiamo di legare gli altri a noi; anzi, diventiamo un dono per loro. Si crea così un’amicizia liberante e non distruttiva della fraternità.

6.      Le buone relazioni con la famiglia di origine favoriscono la nostra crescita armonica. Ricordiamoci tuttavia che l’amore preferenziale di Cristo richiede piena accoglienza della sua esigente sequela e che la fraternità è la nostra nuova famiglia.

7.      In comunione con le altre vocazioni, testimoniamo con gioia la nostra consacrazione nel celibato quale richiamo costante all’assoluto del Regno, nel quale anche il matrimonio e la famiglia trovano il loro significato e valore.

 

N. 174

1.      Meditiamo spesso le parole di san Francesco con le quali Egli esorta i suoi frati affinché, allontanata ogni preoccupazione ed ogni affanno, con cuore puro, con corpo casto e con santa operazione, servano, amino ed adorino il Signore Dio sopra tutte le creature.

2.      Niente dunqueci ostacoli, niente ci separi, niente si interponga a che lo Spirito del Signore agisca e si manifesti in noi e nella nostra Fraternità.


 

Capitolo XII

L’annuncio del Vangelo e la vita di fede

Articolo I

Il nostro impegno di evangelizzare

N. 175

1.      Cristo Gesù, Vangelo di Dio, primo e massimo annunciatore del Vangelo, ha inviato gli apostoli ad evangelizzare tutte le genti e ha costituito la sua Chiesa sacramento universale di salvezza e, perciò, missionaria per sua stessa natura.

2.      Nella Chiesa, comunità di fede e di amore, vivificata dallo Spirito Santo e pellegrinante nel tempo, tutti i battezzati, e in modo particolare i religiosi, in forza della loro speciale consacrazione, sono chiamati a vivere la grazia di evangelizzare, adempiendo così il mandato del Signore.

3.      San Francesco, nel suo tempo, per divina ispirazione, rinnovò lo spirito missionario con l’esempio della vita e con il vigore della sua Regola.

4.      La sua Fraternità, vivendo in minorità e itineranza, diede impulso all’attività missionaria della Chiesa per l’annunzio del Vangelo e l’avvento del Regno, che trasforma l’uomo stesso e crea un mondo nuovo nella giustizia e nella pace.

5.      Pertanto il nostro Ordine accoglie come proprio il compito di evangelizzare che appartiene a tutta la Chiesa, apprezzando l’attività missionaria ed assumendola tra i suoi principali impegni apostolici, per contribuire al rinnovamento e all’edificazione del Corpo di Cristo.

N. 176

1.      Nella nostra Fraternità apostolica, tutti noi siamo chiamati a portare il lieto annunzio della salvezza a coloro che non credono in Cristo, in qualunque continente o regione essi si trovano; perciò ci riteniamo tutti missionari.

2.      Oltre al comune impegno missionario svolto in comunità cristiane capaci di irradiare la testimonianza evangelica nella società, riconosciamo la condizione particolare di quei frati, comunemente chiamati missionari, che lasciano la propria terra di origine, mandati a svolgere il loro ministero in contesti socio-culturali differenti, in cui il Vangelo non è conosciuto o dove si richiede il servizio alle giovani Chiese.

3.      Allo stesso modo, riconosciamo la particolare condizione missionaria dei frati inviati in ambienti che necessitano di una nuova evangelizzazione perché la vita di interi gruppi non è più informata dal Vangelo e molti battezzati hanno smarrito, in parte o totalmente, il senso della fede.

4.      Impegniamoci, dunque, a non lasciare inascoltato ed inoperante il comando missionario del Signore, perché ogni persona ha il diritto di udire la buona novella per attuare in pienezza la propria vocazione.

N. 177

1.      Secondo l’insegnamento di san Francesco, i frati missionari inviati nelle diverse parti del mondo, vivano spiritualmente tra gli uomini, cioè: sottomessi ad ogni creatura umana per amore di Dio, con grande fiducia testimonino la vita evangelica per mezzo della carità; e, quando vedranno che piace a Dio, annunzino apertamente la parola di salvezza.

2.      Infiammati dall’amore di Cristo e sostenuti dall’esempio dei nostri santi missionari i frati vadano in missione spinti dal desiderio di servire le Chiese particolari nell’opera di evangelizzazione.

3.      Rendano evidente tale atteggiamento ponendosi volentieri in ascolto e in dialogo con le altre componenti ecclesiali e tengano presente che l’azione missionaria ha il suo culmine nello sviluppo della Chiesa particolare, dove il clero, i religiosi e i laici, ognuno per la propria competenza, hanno le loro responsabilità.

4.      I frati, prestando la loro opera e il loro consiglio, collaborino con i missionari laici, soprattutto con i catechisti, curino con loro un’intensa animazione spirituale e promuovano anche il bene sociale ed economico della gente.

5.      Secondo la tradizione cappuccina, siano inseriti cordialmente tra la gente di ogni condizione, non leghino la loro azione evangelizzatrice alla sicurezza delle risorse economiche o al prestigio sociale, ma ripongano la loro fiducia in Dio e nell’efficacia della vita evangelica.

6.      In spirito di carità valutino le condizioni storiche, religiose, sociali e culturali alla luce del Vangelo e, spinti da animo profetico, agiscano con la libertà dei figli di Dio.

7.      In dialogo con le altre Chiese cristiane e con le diverse religioni ricerchino con rispetto i segni della presenza di Dio e i germi del Verbo nelle varie culture, discernendone i valori autentici, accogliendoli per una più approfondita comprensione del mistero stesso di Dio e contribuendo al loro perfezionamento con la testimonianza del proprio carisma.

8.       Promuovano anche quei cambiamenti che favoriscono la venuta di un mondo nuovo, e siano attenti alle idee che influiscono sul modo di pensare e di agire dei popoli.

N. 178

1.      I frati, che per ispirazione divina si sentono chiamati all’attività missionaria in regioni in cui è necessario il primo annuncio, il sostegno a Chiese giovani o dove è urgente la nuova evangelizzazione, facciano conoscere il loro proposito al proprio ministro.

2.      Lo stesso ministro, dopo adeguato discernimento, secondo le condizioni di ciascuno, offra loro la preparazione teorica e pratica in missiologia, in ecumenismo e nel dialogo interreligioso, e conceda le lettere obbedienziali, osservate le disposizioni del nostro diritto proprio. Il ministro può proporre anche ad altri frati idonei di andare in missione.

3.      I ministri non rifiutino di inviare le persone adatte, a motivo della scarsità dei frati in provincia, ma rimettano ogni loro preoccupazione e pensiero in Colui che ha continua cura di noi.

4.      Le diverse circoscrizioni dell’Ordine si aiutino generosamente fra loro secondo l’opportunità ed offrano a quelle più bisognose missionari ed aiuti attraverso il ministro generale.

5.      I frati siano invitati a prender parte all’attività missionaria, anche temporaneamente, soprattutto per alcuni servizi speciali.

6.      I ministri promuovano nei frati l’amore e lo spirito di collaborazione per l’azione missionaria in modo che tutti, ognuno secondo la propria condizione e capacità, adempiano il proprio dovere missionario attraverso il rapporto fraterno con i missionari, pregando per le nuove chiese e in unione con esse e suscitando l’interesse del popolo cristiano.

N. 179

1.      Poiché lo stato di coloro che professano i consigli evangelici appartiene alla vita e alla santità della Chiesa, i frati missionari lo promuovano con sollecitudine favorendo in particolare il nostro spirito e la presenza del nostro carisma nelle Chiese particolari.

2.      Favoriamo lo sviluppo di tutte le espressioni della Famiglia Francescana. Valorizziamo anche la particolare dimensione missionaria della vita contemplativa delle nostre sorelle del Secondo Ordine, aiutandole per quanto possibile nella fondazione dei loro monasteri e accompagnandole spiritualmente.

3.      I ministri facciano in modo che tra i missionari vi siano dei frati idonei a formare i candidati all’Ordine.

4.      La forma della nostra vita e il patrimonio spirituale del nostro Ordine, che è universale e comprende tutti i riti della Chiesa cattolica, siano trasmessi ed esprimano, secondo le situazioni regionali, il genio culturale di ogni popolo e l’indole della Chiesa particolare. Non si trapiantino gli usi particolari della propria regione in un’altra. Spetta al ministro generale, con il consenso del suo Consiglio, decidere sul rito delle singole circoscrizioni, a norma del diritto.

N. 180

1.      È compito del ministro generale, con il consenso del suo Consiglio e d’accordo con l’autorità ecclesiastica, promuovere e coordinare l’attività missionaria dell’Ordine nelle Chiese particolari.

2.      Spetta al ministro provinciale, con il consenso del suo Consiglio, accettare l’impegno missionario proposto dal ministro generale e anche stipulare le convenzioni con il rispettivo superiore ecclesiastico, previa l’approvazione del ministro generale con il consenso del suo Consiglio.

3.      Il ministro generale e i ministri provinciali con il consenso dei loro rispettivi Consigli, istituiscano il segretariato per la evangelizzazione, l’animazione e la cooperazione missionaria e ne determinino i compiti.

4.      I frati collaborino costantemente con gli istituti religiosi che nello stesso territorio si dedicano alla evangelizzazione o operano nell’attività missionaria della Chiesa particolare oppure con quelli che nei luoghi di origine si dedicano all’animazione missionaria.

N. 181

1.      Ricordiamoci di san Francesco, che volle inviare i suoi compagni nel mondo, sull’esempio dei discepoli di Cristo, in povertà e con piena fiducia in Dio Padre, per annunciare, dovunque, la pace, con la vita e con la parola.

2.      Andiamo quindi per le vie del mondo, disponibili ad affrontare anche le situazioni più difficili, vivendo con semplicità il radicalismo delle beatitudini, assetati dell’Assoluto, che è Dio, e offriamo una silenziosa testimonianza di fraternità e minorità.

3.      Affidiamo questa grande opera all’intercessione della beata Vergine Maria, Madre del Buon Pastore, che ha generato Cristo, luce e salvezza di tutte le genti, e che il mattino di Pentecoste, sotto l’azione dello Spirito Santo, presiedette in preghiera l’inizio dell’evangelizzazione.

Articolo II

La nostra vita di fede

N. 182

1.      Come veri discepoli di Cristo e figli di san Francesco, aiutati dalla grazia divina, conserviamo ferma fino alla fine la fede che da Dio abbiamo ricevuto mediante la Chiesa. Penetriamo sempre più profondamente in essa con tutte le nostre forze e con retto giudizio, e facciamo in modo che la fede informi sempre di più la nostra vita e diriga ogni nostra azione.

2.      Imploriamo da Dio, con assidua preghiera, l’aumento di questo dono inestimabile e viviamolo in intima comunione con tutto il popolo di Dio.

3.      Poiché la fede si rafforza donandola,sotto la guida dello Spirito Santo, non stanchiamoci di testimoniare Cristo dovunque e, a chi ce lo chiede, rendiamo ragione della speranza della vita eterna che è in noi.

 

 

N. 183

1.      San Francesco ebbe sommamente a cuore aderire fedelmente al magistero della Chiesa, quale custode della Parola di Dio, trasmessa nella Scrittura e nella Tradizione, e della vita evangelica.

2.      Per conservare integra questa eredità spirituale, nutriamo una devozione particolare alla santa madre Chiesa.

3.      Viviamo, quindi, in piena consonanza con la Chiesa: nel pensiero, nelle parole e nell’azione, ed evitiamo con diligenza le teorie false o pericolose.

4.      Animati da un senso di attiva e consapevole responsabilità, prestiamo il religioso ossequio della volontà e dell’intelletto al Romano Pontefice, maestro supremo della Chiesa universale, e ai Vescovi, i quali, come testimoni della fede, assieme al Sommo Pontefice insegnano al popolo di Dio.

5.      I ministri, all’inizio dell’ufficio ricevuto, come anche gli altri frati, secondo quanto stabilito dal diritto, emettano la professione di fede.

N. 184

1.      Corrispondendo alla vocazione divina, con la quale tutti i giorni Dio ci chiede di prender parte a realizzare il suo progetto di salvezza, ricordiamo quanto in forza della professione siamo legati a Cristo davanti al popolo di Dio.

2.      Preoccupiamoci dunque di camminare degnamente e di distinguerci sempre più nella vocazione alla quale siamo stati chiamati, memori che Dio non revoca mai i suoi doni e quindi nemmeno quello della vocazione. Non ci mancherà la sua grazia per superare le difficoltà in questa via stretta che conduce alla vita.

3.      Dedicandoci assiduamente al nostro rinnovamento, perseveriamo con cuore lieto nell’impegno della nostra vita. Consapevoli della fragilità umana, avanziamo sulla via della conversione con tutta la Chiesa, che è sempre rinnovata dallo Spirito Santo.

 

*** *** ***

 

N. 185

1.      Il nostro Ordine è retto dal diritto universale della Chiesa, dalla Regola di san Francesco, confermata da Papa Onorio III, e dalle Costituzioni approvate dalla Santa Sede.

2.      In forza della nostra professione, siamo tenuti ad osservare la Regola con semplicità e fede cattolica, secondo queste Costituzioni, le uniche che hanno forza giuridica in tutto l’Ordine.

3.      La interpretazione autentica della Regola è riservata alla Santa Sede, la quale dichiara abrogate, quanto al loro valore precettivo, le anteriori dichiarazioni pontificie della Regola, ad eccezione di quelle che sono contenute nel diritto universale vigente e in queste Costituzioni.

4.      La Santa Sede riconosce ai Capitoli generali la facoltà di adattare opportunamente la Regola alle nuove situazioni, purché tali adattamenti ottengano il valore di legge mediante la sua approvazione.

N. 186

1.      L’interpretazione autentica delle Costituzioniè riservata alla Santa Sede. È compito del Capitolo generale, con il consenso dei due terzi dei vocali, integrare le Costituzioni, cambiarle, derogarvi o abrogarle, secondo le esigenze dei tempi, per favorire una certa continuità in vista di un adeguato rinnovamento, salva tuttavia l’approvazione della Santa Sede.

2.      Fuori del Capitolo generale spetta al ministro generale con il consenso del suo Consiglio sciogliere i dubbi e colmare le lacune, che potrebbero esserci nel nostro diritto particolare. Tali soluzioni, comunque, hanno valore fino al successivoCapitolo.

3.      I ministri e i guardiani, se lo giudicano utile per un maggior bene spirituale, in casi particolari possono dispensare temporaneamente i propri sudditi e gli ospiti dalle disposizioni disciplinari delle Costituzioni.

4.      Per applicare adeguatamente le Costituzioni alle varie condizioni di vita, i Capitoli provinciali o le Conferenze dei superiori maggiori, possono stabilire statuti particolari, che dovranno essere approvati dal ministro generale con il consenso del suo Consiglio.

5.      Tutte le questioni di diritto contenzioso sia tra i religiosi che tra le case o tra le circoscrizioni dell’Ordine vengono risolte nella carità a norma del diritto e del nostro Modus procedendi.

 

N. 187

1.      Dal momento che non è possibile stabilire leggi e statuti per tutti i casi particolari, in ogni nostra azione teniamo davanti agli occhi il santo Vangelo, la Regola promessa a Dio, le sane tradizioni e gli esempi dei santi.

2.      I ministri e i guardiani precedano i frati nella vita fraterna e nell’osservare la Regola e le Costituzioni e con l’audacia della carità li spingano ad osservarle.

 

 

*** *** ***

 

 

 

N. 188

1.      San Francesco, vicino alla morte, impartì la benedizione della santissima Trinità, insieme alla sua, ai veri osservanti della Regola. Perciò tutti, messa da parte ogni negligenza, impegniamoci con amore fervente a raggiungere la perfezione evangelica mostrata nella stessa Regola e nel nostro Ordine.

2.      Ricordiamo, fratelli carissimi, il tema sul quale il serafico Padre tenne un discorso al Capitolo dei frati: “Grandi cose abbiamo promesso al Signore, ma Dio ne ha promesse maggiori a noi”. Perciò impegniamoci ad osservare queste Costituzioni e quanto abbiamo promesso ed aspiriamo con desiderio ardente a quelle cose che ci sono state promesse, con l’aiuto di Maria, Madre di Dio e Madre nostra.

3.      Nel fare tutto questo, fissiamo gli occhi sul nostro Redentore affinché, conosciuto il suo beneplacito, procuriamo di piacergli con cuore puro. L’osservanza delle Costituzioni ci aiuterà non soltanto ad osservare la Regola promessa, ma anche la legge divina e i consigli evangelici. Nelle difficoltà affrontate per amore di Gesù Cristo, abbonderà la nostra consolazione e tutto potremo in Colui che ci conforta, poiché in tutto ci darà intelligenza Colui che è Sapienza di Dio e dona abbondantemente a tutti.

n. 189

1.      Cristo, dunque, che è luce ed attesa delle genti, fine della legge, salvezza di Dio, Padre del secolo futuro, Verbo e potenza che tutto sostiene e infine nostra speranza, nel quale tutto è possibile, tutto è soave e leggero, che conosce la nostra fragilità, non solo ci darà la forza per mettere in pratica i suoi precetti e i suoi consigli, ma effonderà su di noi anche i suoi doni celesti con tanta abbondanza che, superato ogni ostacolo, riusciremo a seguirlo ed imitarlo con grande generosità di cuore, come pellegrini che si servono delle cose visibili aspirando a quelle eterne.

2.      Perciò in Cristo, che è Dio e uomo, luce vera e splendore della gloria, candore di luce eterna e specchio senza macchia, immagine della bontà di Dio, che il Padre ha costituito giudice, legislatore e salvezza degli uomini, al quale il Padre e lo Spirito Santo hanno reso testimonianza, nel quale sono i nostri meriti, gli esempi di vita, gli aiuti e i premi, fatto per noi sapienza e giustizia, siano fissi ogni nostro pensiero, ogni nostra riflessione e imitazione.

3.      A Cristo, infine, che con il Padre e con lo Spirito Santo vive e regna coeterno, consustanziale, coeguale e unico Dio sia lode eterna, onore e gloria nei secoli dei secoli. Amen.


ORDINAZIONI

DEI CAPITOLI GENERALI

DEI FRATI MINORI CAPPUCCINI


 

Capitolo II

LA VOCAZIONE ALLA NOSTRA VITA

E LA FORMAZIONE DEI FRATI

2/1

1.Per favorire le vocazioni giova molto offrire ai giovani l’opportunità di partecipare in qualche modo alla nostra vita fraterna. Questo molto opportunamente potrà avvenire in apposite case, dove contemporaneamente venga ad essi offerto un aiuto per la riflessione personale.

2. Perché le vocazioni in vista della vita religiosa siano convenientemente coltivate e adeguatamente preparate, i ministri provinciali, con il consenso del loro Consiglio e, se sembrerà opportuno, con il consiglio del Capitolo provinciale, erigano speciali istituti, secondo le necessità delle regioni e dei tempi.

3. Questi istituti siano organizzati secondo le norme di una pedagogia sana e personalizzata così che, unendo la formazione scientifica a quella umana, gli alunni, in rapporto con la società e con la famiglia, conducano una vita cristiana, adeguata alla loro età, al loro spirito e al loro sviluppo, tale cioè da consentire di discernere e accompagnare la vocazione alla vita religiosa.

4. È necessario che gli studi da seguire vengano programmati in modo che gli alunni possano continuarli altrove senza difficoltà.

 

2/2

Il ministro provinciale con il consenso del suo Consiglio stabilisce le modalità della prova per un religioso che da un altro istituto religioso passa al nostro Ordine. Trascorso il triennio[1], il tempo di tale prova non si protragga oltre un anno.

2/3

1. Per la promozione della ricerca nell’ambito della spiritualità e del francescanesimo, sia dal punto di vista storico che sistematico, e per la formazione dei formatori e dei docenti in spiritualità, il nostro Ordine promuove quale strumento privilegiato l’Istituto Francescano di Spiritualità.

2. A motivo del suo carattere internazionale e interfrancescano, l’Istituto sia riferimento stabile per il confronto interculturale all’interno dell’Ordine e luogo di studio e di ricerca riguardo alle situazioni sempre nuove che interpellano la nostra vita e la nostra vocazione.

3. Si raccomanda che l’Istituto, in stretta collaborazione con il segretariato generale per la formazione, svolga una azione di coordinamento tra realtà accademiche analoghe promosse nell’Ordine a diversi livelli.

2/4

Prima di erigere nuove strutture educative per gruppi di circoscrizioni sia consultato il ministro generale.

2/5

Le collaborazioni interprovinciali siano regolate da apposite convenzioni e statuti approvati dal ministro generale con il consenso delsuo Consiglio.

2/6

Il segretariato generale per la formazione svolge il suo compito secondo quanto stabilito dal Capitolo generale e le indicazioni del ministro generale e suo Consiglio.

2/7

1. L’Ordine abbia una propria Ratio formationis o Progetto formativo generale, approvato dal ministro generale e suo Consiglio dopo aver consultato il segretariato generale e il Consiglio generale della formazione.

2. La Ratio formationis delle singole circoscrizioni o di gruppi di circoscrizioni sia conforme alle Costituzioni e alla Ratio formationis dell’Ordine.

2/8

Per la formazione dei candidati di più circoscrizioni, la scelta delle case e la costituzione delle fraternità formative vengano fatte di comune accordo dai ministri interessati, previa la consultazione dei rispettivi Consigli. Le parti interessate redigano appositi regolamenti per il funzionamento di tali fraternità.

2/9

La Ratio formationis preveda le modalità dell’inserimento graduale del candidato in fraternità.

2/10

Sia redatto il documento dell’ammissione al postulato.

2/11

La durata del postulato, di almeno un anno, e altre possibili modalità di vivere questo primo periodo della iniziazione alla nostra vita possono essere determinate dal rispettivo ministro con il consenso del suo Consiglio.

 

2/12

Normalmente chi entra nell’Ordine mantiene il nome di battesimo. Per determinare la propria identità, non si usi il luogo di nascita, ma il cognome.

 

2/13

La Ratio Formationis dell’Ordine da’ le linee generali della formazione nel postnoviziato. In applicazione di essa nelle singole province o gruppi di circoscrizioni si sviluppi un programma organico per la guida e la iniziazione dei frati.

2/14

Dove non è possibile portare l’abito proprio del nostro Ordine, si usino abiti semplici. In questo caso, le diverse circoscrizioni nell’Ordine diano opportune indicazioni.

 

2/15

1. La fraternità locale, nei tempi stabiliti dal ministro udito il suo Consiglio, dopo una previa informazione del maestro, dialoghi e rifletta in comune sulla idoneità dei candidati e sul proprio modo di comportarsi con loro.

2. Durante il noviziato e prima della professione perpetua i frati di voti perpetui, che per quattro mesi hanno dimorato in tali fraternità formative, esprimano il loro giudizio anche con voto consultivo, nel modo determinato dal ministro.

3. I frati di voti temporanei non siano esclusi dall’esprimere il loro parere, senza però dare il voto.

4. Di ciascuna di queste riunioni e dell’esito delle votazioni, se queste ultime hanno avuto luogo, sia mandata relazione al ministro.

2/16

1. Sia redatto il documento della professione emessa, sia temporanea che perpetua, con l’indicazione dell’età e delle altre circostanze necessarie, firmato dallo stesso professo, da chi ne ha ricevuto la professione e da due testimoni. Questo documento, insieme agli altri prescritti dalla Chiesa, sia conservato diligentemente nell’archivio della curia.

2. Il ministro annoti l’avvenuta professione anche nel registro delle professioni, da conservarsi in archivio e, se si tratta di professione perpetua, ne informi il parroco del luogo dove il professo è stato battezzato.

 

2/17

Nella collaborazione con altri istituti venga salvaguardato sempre il primario dovere-diritto dell’Ordine di curare la formazione dei frati e si valuti l’esistenza delle condizioni adatte per il sorgere e lo sviluppo di una tale collaborazione.

2/18

Il consenso per ricevere gli ordini sacri venga dato a quegli aspiranti che, oltre ad avere la debita maturità umana e spirituale, abbiano completato integralmente e con profitto gli studi filosofici e teologici previsti dalla Chiesa.

 

 

2/19

Terminata la formazione specifica, l`Ordinario religioso può presentare un professo perpetuo al ministro generale perché, con il consenso del suo Consiglio, lo ammetta all’ordine del diaconato permanente. Per un religioso questa ammissione richiede, inoltre, la licenza della Santa Sede. Il diacono permanente, che esercita il suo ministero con il consenso dell`Ordinario del luogo e del suo Ordinario religioso, come professo rimane sottomesso al diritto proprio e non può pretendere di essere assegnato ad una fraternità che sia presente nel territorio della diocesi dove è stato ordinato.

2/20

Oltre la biblioteca centrale o regionale, che è vivamente raccomandata, in tutte le nostre case si abbia una biblioteca comune, la quale sia convenientemente fornita secondo le necessità di ciascuna fraternità. L’accesso alle nostre biblioteche, dove è possibile, sia consentito anche agli estranei, osservate tuttavia le debite cautele. Per quanto possibile, le nostre biblioteche usufruiscano dei sistemi informatici.

 

2/21

Le soluzioni circa il Collegio Internazionale sono di competenza del ministro generale con il consenso del suo Consiglio.

Capitolo III

LA NOSTRA VITA DI PREGHIERA

3/1

Nelle nostre fraternità, quando le circostanze lo consigliano, siano designati alcuni frati per preparare le azioni liturgiche.

3/2

1. Ogni anno, dopo la solennità di san Francesco, in ogni nostra fraternità si celebri la Commemorazione per tutti i fratelli, le sorelle, i parenti e i benefattori defunti.

2. Quanto ai suffragi, si stabilisce: alla morte del Romano Pontefice, del ministro generale e di un ex ministro generale, da ciascuna fraternità si celebri una messa per i defunti. Lo stesso si faccia per i consiglieri e gli ex consiglieri generali in ogni fraternità del gruppo al quale essi appartenevano.

3. Spetta al Capitolo provinciale stabilire i suffragi per i ministri e gli ex ministri provinciali, per i frati, per i genitori e i benefattori.

 

3/3

Nelle circoscrizioni si diano indicazioni perché almeno un tempo di meditazione sia fatto in comune.

3/4

I periodi di ritiro siano talvolta lodevolmente organizzati in vario modo, tenuto conto della diversità degli uffici.

3/5

Spetta al Capitolo provinciale o alla Conferenza dei superiori maggiori decidere circa l’opportunità di istituire le fraternità di ritiro e di contemplazione e provvedere riguardo al loro governo.

CapitoloIV

LANOSTRAVITAINPOVERTÀ

 

4/1

Lesingolecircoscrizioniogruppidicircoscrizioniindividuinoerealizzinoparticolarimodalitàdipresenzatraipoveri.

4/2

1. I ministri e i guardiani, entro i limiti della propria competenza e ottemperando al diritto universale, personalmente o per mezzo di altri, possono porre gli atti civili relativi ai beni temporali, se e in quanto ciò sia necessario per i frati o per le attività a noi affidate.

2. Tutti i beni temporali appartenenti all’Ordine sono beni ecclesiastici da amministrare secondo il diritto universale e proprio, rispettate anche le leggi civili.

Si stabilisca in modo che gli enti civilmente riconosciuti siano anche enti ecclesiastici. Quando ciò non sia possibile, i ministri designino le persone fisiche o giuridiche, a nome delle quali vengano registrati davanti alla legge civile i beni dell’Ordine. In questo caso si provveda, con forma appropriata, ad assicurare che i beni intestati civilmente a persone fisiche o giuridiche siano comunque beni ecclesiastici e ugualmente sottoposti alle norme canoniche.

 

4/3

Iministri,incasiparticolari,possonoautorizzareamministrazioniindividualideldenaro,maperuntempolimitato.Ladurataelamodalitàdirendicontosianoindicatenelpermesso,chedeveessererilasciatoperscritto.

4/4

1.Ilministro, consultato ilCapitololocale, conil consenso del suoConsiglio,stabiliscailtettomassimocheognifraternitàpuògestireedialeopportunedisposizionicircaildenarononnecessarioperibisognidellastessafraternitàlocale. È opportunocheognicircoscrizioneabbiaunaamministrazioneeconomicacentralizzata.Aquestoscopoèutileche,aivarilivelli,sipredisponganoibilancipreventivi.

2.InognicircoscrizioneilCapitolodecidaquantoènecessarioperlagestioneordinariadellastessacircoscrizioneeaquantodebbonoammontarelesueriserveperlespesestraordinarieadintra(manutenzionedeglistabili,malati,assicurazionidelpersonale,formazione)eperlasolidarietàadextra(missioniecarità).Ildenaroeccedenteibisogniordinariestraordinaridiunacircoscrizionevengagenerosamentemessoadisposizionedell'Ordine,dellaChiesaedeipoveri.

3. Spetta ai ministri con il consenso del loro Consiglio costituire i fondi o riserve finanziarie come indicato al § 2. Il reddito realizzato da tali investimenti sia utilizzato secondo gli scopi delle riserve stesse. Ogni investimento, sia sotto forma di beni immobili che di denaro o altri strumenti finanziari, deve essere regolato e sottoposto al giudizio di principi etici coerenti con la dottrina sociale della Chiesa.

4/5

Osservate le disposizioni per l’amministrazione dei beni temporali, spetta al ministro generale o al ministro provinciale con il consenso del proprio Consiglio disporre dei beni superflui rispettivamente delle province o delle custodie.

4/6

SpettaalCapitoloprovincialestabilirenormesull'usodeibenidellefraternitàsoppresse,salvilavolontàdeifondatoriodegliofferentieidirittilegittimamenteacquisiti.Seinvecesitrattadibenidiunacircoscrizionesoppressa,ècompetenteilministrogenerale,ilqualedeveprovvederecollegialmenteconilproprioConsiglio,sentitilaConferenzaei ministri interessaticon iloroconsiglieri.

 

4/7

Lasolidarietàeconomicanell'Ordinesiaregolatadaappositostatuto,nelqualevengonodefinitiirapportifralecircoscrizionieleConferenze,tradiloroecontuttalanostraFraternità.Tale statutosiaapprovatodalCapitologenerale.

4/8

Lesingolecircoscrizioni,periodicamente,siinterroghinosulleentitàimmobiliaridicuidispongono,procedendoallaalienazioneoallacessionediusodeibeninonnecessari,osservatelenormedeldiritto universale eparticolare.Dovepossibile,ciòsiafattoindialogoconlecircoscrizionivicineeconlaConferenza.AtalescopoilministrogeneraleconilsuoConsigliodiaopportuneindicazioni.

4/9

1.SpettalaministroprovincialeconilconsensodelsuoConsiglio,osservatelenormedeldiritto,costruire,acquistareevenderelenostrecase.

2.Ultimatalacostruzione, ilguardianononcostruiscaenondemoliscanullaenonfacciaampliamentiagliedifici,senzaconsultareilCapitololocale,senzailconsensodeiconsiglierieilpermessodelministro.

3. Ilguardiano,ottenutoneicasidimaggioreimportanzailconsensodeiconsiglieri,provvedaconcuraallamanutenzionedellacasaeallaconservazionedellecose.

4/10

L'ufficiodieconomo,nellecasepiùgrandi,siaordinariamentedistintodaquellodiguardiano.

4/11

Nellesingolecircoscrizioni,osesaràopportunoancheadaltrolivello,sicurilaformazioneel'aggiornamentodeifratinell'amministrazioneeconomica.

4/12

1.Tuttiglieconomi,gliamministratorieiguardiani,neltempoenelmodostabilitidaiministri,rendanoesattamentecontodell'amministrazioneailorosuperiorieallafraternità.

2.Inoccasionedellarelazionetriennale,iministriprovinciali,conundocumentofirmatodal loro Consiglio,rendanofedelecontoalministrogeneraledellasituazioneeconomicadellaprovinciaaffinchésipossaopportunamenteprovvedereallenecessitàevigilareefficacementesull'osservanzadellapovertà.

3.Ancheicustodipresentinolarelazioneeconomicaalloroministro,firmatadaiconsiglieri.

4.Ilministrogenerale dia relazione dello stato economico dell'Ordine al Capitolo generale, nel modo da stabilirsi dal Capitolo stesso. Ugualmente facciano gli altri ministri nei loro rispettivi Capitoli.

4/13

Permodificareledisposizionioperporrequalsiasiatto di amministrazione straordinariacircaibenitemporaliche superi i limiti di propria competenza,ènecessarioilpermessodell'immediatoSuperioremaggiore.

4/14

1.Perl'amministrazionedeibenil'OrdinepredispongaunostatutochedeveessereapprovatodalCapitologenerale.

2.LecircoscrizioniogruppidicircoscrizionioancheleConferenze,secondol'opportunità,sidotinodianaloghistatutichedevonoessereapprovatidalministrogeneralecon il consenso delsuoConsiglio.

 

4/15

1.Nelleprovinceecustodiesi costituisca il Consiglio economico, di cui al can. 1280 del CIC, e si raccomandadicostituireunaopiùcommissionieconomiche,ilcuicompitosaràdidareconsiglinell'amministrazionedeibeni,nellacostruzione,manutenzioneealienazionedellecase.

2.TalicommissionisonoistituitedalCapitolo,ilqualenedeterminaanchelacompetenza.Mailoromembri,cheinpartepossonoesserelaici,sononominatidalministroconilconsensodel suo Consiglio.

4/16

1.Consultatiiministri,oseoccorre,leConferenzedeisuperiori maggiori,ilministrogeneraleconilconsensodel suo Consigliostabilisca,secondoildiversovaloredellemonete,illimiteoltreilqualeiministrisonotenutiachiedereilconsensodelConsigliooilpermessodell’autorità superiore percontrarrevalidamenteobbligazioni,peralienarebenieperfarespesestraordinarie. Tali autorizzazioni debbono essere date per iscritto.

2. Ilministro,conilconsensodel suoConsiglio,sicomportiallostessomodo,conledovutedifferenze,riguardoaiguardianidellapropriacircoscrizione.

3.Vengonoconsideratestraordinariequellespesechenonsononecessarienéalministroperesercitareilsuoufficiooperilservizioordinariodeifrati,néalguardianoperquellecosechenonriguardanola curaordinariadellafraternità a lui affidata.

CapitoloV

ILNOSTROMODODILAVORARE

5/1

Spetta ai Capitoli delle singole circoscrizioni adottare norme adeguate e conformi al criterio della equità fraterna circa le ferie e il tempo libero.

Capitolo VI

La nostra vita in fraternità

6/1

Nelle circoscrizioni, quando si ritiene utile, si abbia una infermeria comune.

6/2

1. Dove per circostanze particolari non si può osservare la clausura, il ministro con il consenso del suo Consiglio provvederà con norme adatte alle situazioni locali.

2. Spetta ai ministri definire accuratamente o, per legittimi motivi, mutare i limiti della clausura e sospenderla provvisoriamente.

3. In casi urgenti e ad modum actus il guardiano può dispensare da essa.

 

6/3

1. Per una partecipazione temporanea dei laici alla nostra vita si abbia il consenso del Capitolo locale; se invece si tratta di una partecipazione protratta nel tempo, è richiesto anche il consenso del ministro.

2. Il ministro, con il consenso del suo Consiglio, può ammettere tra noi dei laici in qualità di familiari oblati perpetui. Prima, però, è necessario stipulare una convenzione sui reciproci diritti e doveri.

6/4

1. Spetta al ministro generale, con il consenso del suo Consiglio, fissare le norme riguardanti i permessi di viaggio per tutto l’Ordine; al ministro provinciale, con il consenso del suo Consiglio, per quanto riguarda la propria provincia, osservate le disposizioni del ministro generale[2].

2. Per un prolungato soggiorno fuori della casa della fraternità, si osservino le norme del diritto universale.

 

6/5

Spetta al ministro provinciale, udito il suo Consiglio, il giudizio sull’opportunità di avere delle auto per l’apostolato, l’ufficio e il servizio della fraternità, e sul modo di usarle.

6/6

È conveniente che i frati, per quanto possibile, preavvisino per tempo il guardiano del loro arrivo e mostrino spontaneamente le lettere obbedienziali, se necessarie.

 

6/7

Quando i frati hanno necessità di dimorare piuttosto a lungo in una casa di altra circoscrizione, per motivo di studio, i rispettivi ministri si accordino fraternamente sul contributo per le spese.

 

6/8

1. Per associare un monastero di Clarisse Cappuccine, il ministro generale col suo Consiglio proceda collegialmente a norma del diritto.

2. Nei confronti del monastero associato il ministro esercita il suo ufficio secondo il diritto universale e le Costituzioni delle stesse monache.

 

6/9

Il ministro generale deve procedere collegialmente con il suo Consiglio per aggregare un istituto di vita consacrata.

6/10

In segno di corresponsabilità, si consulti il direttivo delle rispettive fraternità dell’Ordine Francescano Secolare sia per la nomina degli assistenti che per l’erezione delle fraternità del medesimo Ordine.

Capitolo VII

LA NOSTRA VITA DI PENITENZA

 

7/1

1.Oltre a quanto previsto dalle Costituzioni,spetta al Capitolo di ogni circoscrizione stabilire ulteriori norme sia per i giorni di digiuno e di astinenza sia per le modalità del digiuno.

2. Ugualmente, nelle singole circoscrizioni, i Capitoli, secondo le circostanze di luogo e di tempo, stabiliscano le norme opportune riguardo ad altre forme di penitenza comunitaria.

7/2

Se un frate si è reso colpevole verso una persona o istituzione ecclesiastica o sociale, per la stessa legge della carità, che richiede giustizia e tutela dei diritti di tutte le persone, specialmente delle più vulnerabili, aiutiamolo ad assumersene la responsabilità, a riparare il male fatto e ad accettare le conseguenze canoniche e civili del suo comportamento. La responsabilità di un delitto, infatti, è di chi lo compie.

7/3

I ministri e i guardiani, al fine di prevenire il peccato, sollecitino i frati ad osservare in tutto il nostro diritto proprio e quello della Chiesa, come anche le leggi degli ordinamenti civili. Ma se un frate commette un delitto, o vi è pericolo di reiterazione dello stesso, i ministri pongano in atto tutte le misure idonee possibili, inclusa la cooperazione con le autorità civili, affinché ciò non possa più accadere. In ogni caso, anche al frate che pecca o è sospettato di un delitto siano sempre riconosciuti i diritti e le protezioni di cui gode ogni persona accusata. La nostra collaborazione con le autorità civili non sia, comunque, in contrasto con le norme divine e canoniche.

Capitolo VIII

IL GOVERNO DEL NOSTRO ORDINE

8/1

Per l’erezione, la soppressione e l’unificazione delle province si tenga conto delle situazioni locali e si valutino almeno i seguenti aspetti:

-   un gruppo di frati e di fraternità in grado di sostenere con efficacia, direttamente o attraverso la solidarietà dell’Ordine, la vita e le attività dei frati nelle diverse espressioni, sia all’interno che nell’apertura alle necessità dell’Ordine e della Chiesa;

-   la capacità di assumere, anche in collaborazione con altre circoscrizioni, gli impegni di animazione vocazionale, di formazione e di apostolato;

-   le necessità materiali ed economiche.

Si valuti in particolare:

-   il senso di appartenenza dei frati alla fraternità, nei suoi vari livelli; - la possibilità di provvedere alle responsabilità nel governo e un effettivo ricambio negli uffici;

-   la capacità di assumere l’impegno missionario; l’unità geografica e linguistica, per quanto possibile.

8/2

1. Per circostanze particolari il ministro generale, osservate le condizioni per la variazione delle circoscrizioni, può costituire una federazione di più province, con uno statuto proprio.

2. La federazione comporta l’unificazione del governo: un unico ministro provinciale, con il suo Consiglio, che ha giurisdizione su tutte le province federate.

8/3

1. Quando si tratta di venire incontro alle necessità di qualche circoscrizione temporaneamente, cioè non oltre un triennio, i ministri provinciali hanno la facoltà di mandarvi i propri frati senza dover ricorrere al ministro generale. Tale limitazione di tempo non ha valore per il servizio prestato in una circoscrizione che dipende dalla propria. Per gli altri servizi che si prevede si protrarranno oltre un triennio o che si desidera continuare dopo che è trascorso il triennio, si devono chiedere le lettere obbedienziali al ministro generale.

2. Il diritto di voto, di cui si parla al n. 121,6 delle Costituzioni, non si esercita più nella propria circoscrizione, ma nella circoscrizione per la quale si presta servizio, salvo quanto disposto per le delegazioni; ciò comunque partendo dalla fine del primo anno di servizio.

 

 

8/4

I ministri, in casi eccezionali, non sono tenuti a convocare il proprio Consiglio, se si tratta soltanto di sentirne il parere. Possono invece chiederlo fuori di riunione in modo adatto. Negli atti del Consiglio deve risultare il parere richiesto e la decisione presa dal ministro. Allo stesso modo si può agire quando si tratta di ascoltare altre persone.

8/5

1. Perché si possa procedere al voto per postulazione, almeno un terzo degli aventi diritto lo deve chiedere per iscritto al presidente del Capitolo. In tutti gli altri casi il voto per postulare deve considerarsi nullo.

2. La postulazione ha valore soltanto se il candidato nel primo scrutinio ottiene i due terzi dei voti dei vocali presenti. In caso contrario, escluse nuove postulazioni, si cominciano di nuovo le votazioni in modo normale dal primo scrutinio.

 

8/6

1. Un ministro può essere rimosso dal ministro generale con il consenso del suo Consiglio, per grave causa, tra cui la ripetuta negligenza o violazione dei propri doveri anche dopo l’ammonizione, o una cattiva amministrazione.

2. Il guardiano, come anche il delegato, può essere rimosso dal ministro provinciale con il consenso del suo Consiglio per giusta causa, cioè se lo richiede il bene comune della fraternità sia locale che provinciale e della Chiesa particolare.

8/7

Il Capitolo, ad ogni livello, è un organo collegiale temporaneo ed esercita la propria autorità secondo le competenze che gli sono riconosciute dalle Costituzioni.

8/8

Per permettere la partecipazione di frati qualificati, che altrimenti non potrebbero partecipare al Capitolo generale, né come delegati delle loro province né come membri ex officio, ogni Conferenza scelga un fratello laico professo perpetuo come delegato. La modalità di tale scelta sia stabilita dagli statuti delle Conferenze.

8/9

1. Indetto il Capitolo generale, in ogni provincia ogni cento frati professi, tutti i frati di voti perpetui eleggano un delegato al Capitolo generale e il suo sostituto.

2. Questa elezione si faccia nel modo stabilito dal Capitolo provinciale e se ne pubblichi l’esito almeno tre mesi prima del Capitolo generale.

 

8/10

1. La preparazione del Capitolo generale e la consultazione dei frati sui temi da trattare in esso avvenga a norma del Regolamento per la celebrazione del Capitolo Generale.

2. Il ministro generale, con il consenso del suo Consiglio, prepara un elenco di temi da trattare informandone tempestivamente tutti i capitolari. È lo stesso Capitolo generale, però, che deve decidere gli argomenti da trattare.

8/11

Nel Capitolo generale si eleggono nove consiglieri.

 

8/12

1. Se il ministro generale fosse eletto fuori del Capitolo, il Capitolo venga sospeso finché non arrivi in Capitolo il nuovo ministro generale.

2. I consiglieri generali, eletti fuori del Capitolo, diventano, ipso facto, membri del Capitolo.

 

8/13

1. Per il servizio all’Ordine nella curia generale sono istituiti alcuni uffici e organismi, quali:

-   la Segreteria generale dell’Ordine;

-   la Procura generale per trattare gli affari dell’Ordine presso la Santa Sede;

-   la Postulazione generale per le cause presso la Congregazione dei Santi;

-   il Segretariato generale per la formazione;

-   il Segretariato generale per la evangelizzazione, l’animazione e la cooperazione missionaria;

-   l’Ufficio di assistenza generale dell’Ordine Francescano Secolare;

-   l’Ufficio di assistenza per le monache e per gli istituti aggregati all’Ordine cappuccino;

-   l’Ufficio di Giustizia, Pace ed Ecologia;

-   l’Archivio generale;

-   la Biblioteca centrale;

-   l’Economato generale;

-   gli Uffici della Comunicazione, della Statistica e del Protocollo.

2. Salvo quanto previsto dalle Costituzioni e osservando le decisioni dei Capitoli generali, il ministro generale, con il consenso del suo Consiglio, secondo il bisogno e la opportunità, può istituire altri uffici e organismi della curia generale, come anche sopprimere o modificare quelli esistenti.

 

8/14

L’Assemblea elettiva è composta da: il vicario generale, i consiglieri generali, l’ultimo ministro generale immediatamente dopo la scadenza del suo mandato e fino al successivo Capitolo generale ordinario compreso, i ministri provinciali, i custodi, il segretario generale e il procuratore generale.

L’assemblea elettiva si svolge secondo il Regolamento proprio approvato dal Capitolo generale.

 

8/15

Il Capitolo provinciale ordinario sia indetto e convocato ogni tre anni. Il ministro generale ha la facoltà di permettere che il Capitolo, per un giusto motivo, sia celebrato sei mesi prima o dopo della scadenza del triennio.

8/16

Il ministro provinciale, con il consenso del suo Consiglio, prepari un elenco di temi da trattare nel Capitolo provinciale, informandone tempestivamente tutti i capitolari. È lo stesso Capitolo, però, che deve decidere gli argomenti da trattare.

8/17

1. Nel Capitolo provinciale per delegati, il numero dei partecipanti di diritto deve essere inferiore al numero dei delegati.

2. I frati della provincia che non sono capitolari, possono partecipare al Capitolo come uditori, almeno che non sia stabilito diversamente dal Regolamento del Capitolo.

3. I frati capitolari perdono la voce attiva se, senza legittima dispensa, non sono presenti al Capitolo per tutto il tempo del Capitolo stesso, sia che esso venga celebrato a suffragio diretto o per delegati.

 

8/18

1. Le province con cento o meno frati celebrano il Capitolo a suffragio diretto; le province con numero di frati superiore a cento celebrano il Capitolo per delegati. Tuttavia, anche le province con più di cento frati possono celebrare il Capitolo a suffragio diretto e, per giusti motivi, le province con cento frati o meno possono celebrare il Capitolo per delegati.

2. In ambedue i casi, la decisione deve essere assunta dalla maggioranza di due terzi dei votanti in una consultazione generale, alla quale devono partecipare almeno il settantacinque per cento (75%) di tutti i frati di professione perpetua; la decisione poi venga inserita nel Regolamento per la celebrazione del Capitolo.

 

 

 

8/19

1. Sono privati divoce attiva e passiva i frati che sono stati dichiarati assenti illegittimi e quanti hanno presentato la domanda di esclaustrazione o di dispensa dai voti religiosi e dagli oneri connessi alla sacra ordinazione. Se tale richiesta è fatta a Capitolo già convocato, vengono esclusi dal Capitolo senza essere sostituiti.

2. A giudizio del ministro provinciale, con il consenso del suo Consiglio, possono essere privati di voce attiva e passiva i frati che hanno presentato la domanda di assenza dalla casa religiosa.

 

8/20

Il ministro provinciale e i suoi consiglieri vengono eletti per la durata di tre anni.

8/21

Nessun frate può assumere l’ufficio di ministro provinciale e/o custode per più di tre mandati consecutivi, in qualunque modo legittimo tale ufficio gli sia stato conferito; dopo il terzo mandato consecutivo è esclusa la possibilità di elezione, nomina o postulazione.

8/22

Nell’elezione dei consiglieri il ministro provinciale uscente ha soltanto la voce attiva.

8/23

Il Capitolo della custodia viene celebrato ogni tre anni. Per la stessa durata vengono eletti il custode e i suoi consiglieri.

 

8/24

Il custode uscente non ha voce passiva nell’elezione dei consiglieri.

8/25

1. La Delegazione è una struttura dell’Ordine di carattere transitorio, formata da un gruppo di frati riuniti in fraternità locali e affidata ad una provincia. Suo fine è quello di assicurare la vita fraterna in un’area geografica dove, pur essendoci più presenze, non ci sono però le condizioni necessarie e sufficienti per erigere o mantenere una circoscrizione.

2. Il ministro generale, con il consenso del suo Consiglio, consultate le Conferenze dei superiori maggiori interessate può erigere, modificare e sopprimere la delegazione.

3. La delegazione ha uno statuto proprio approvato dal ministro provinciale con il consenso del suo Consiglio.

4. Alla delegazione è preposto un frate che svolge il suo ufficio come delegato del ministro provinciale, ed è assistito da due consiglieri. A lui compete rappresentare la delegazione, in nome del ministro provinciale, presso le autorità ecclesiastiche del luogo e quelle civili, per quanto possibile.

5. Il delegato e i due consiglieri sono nominati, a norma dello statuto, dal ministro provinciale con il consenso del suo Consiglio, sentito prima il parere dei frati professi perpetui della delegazione. Il delegato non può essere riconfermato per un tempo maggiore di quello stabilito per un guardiano.

6. Al delegato, che non è superiore maggiore, il ministro provinciale conceda per iscritto le deleghe necessarie, perché venga reso più facile il governo pratico, pastorale e amministrativo, e possa essere promossa una certa autonomia di funzionamento interno del gruppo, specialmente in vista del servizio alla Chiesa particolare e della implantatio Ordinis.

7. Ai frati della delegazione sono riconosciuti tutti i diritti e i doveri dei frati della provincia di appartenenza.

8. I frati di altra circoscrizione che prestano servizio nella delegazione esercitano il diritto di voto nella propria circoscrizione.

8/26

Il mandato di guardiano e di vicario dura tre anni.

8/27

I guardiani, con mezzi opportuni, non solo informino, ma consultino anche i frati sugli argomenti da trattare nel Capitolo locale.

8/28

1. Nella curia generale e provinciale e nella sede dei custodi si abbia un archivio riservato dove siano custoditi con cautela e prudenza quei documenti che richiedono di essere conservati sotto segreto.

2. Nella gestione degli archivi si osservi quanto prescritto dalla legislazione ecclesiastica e dal nostro diritto proprio, ci si attenga ai requisiti della scienza archivistica e non si ometta di redigere l’inventario dei documenti conservati.

3. La cura degli archivi sia affidata preferibilmente a frati qualificati, i quali a tale scopo, con il consenso del ministro, potranno servirsi anche dell’aiuto di collaboratori esterni.

 

8/29

In tutte le fraternità si conservi l’uso di redigere la cronaca.

8/30

Partecipano alle assemblee delle Conferenze i rappresentanti delle delegazioni e delle domus presentiae del territorio. Vi partecipano di diritto anche i consiglieri generali delegati dal ministro generale. Tutti questi non hanno diritto di voto.

 

8/31

Per sviluppare il senso di fraternità e la maggior condivisione possibile nell’Ordine, le Conferenze favoriscano e promuovano occasioni e organismi di collaborazione tra di loro.

 

8/32

I presidenti delle Conferenze, convocati dal ministro generale, si riuniscano con lo stesso ministro generale e suo Consiglio almeno ogni due anni.

Capitolo X

LA NOSTRA VITA IN OBBEDIENZA

10/1

1. Il ministro generale durante il periodo del suo ufficio visiti tutti i frati, personalmente o per mezzo di altri, prima di tutto per mezzo dei consiglieri generali.

2. Gli altri ministri facciano la visita a tutte le fraternità del loro territorio almeno due volte nel triennio.

3. Le custodie, oltre alla visita del custode, ogni tre annivengano visitate dal ministro provinciale.

4. Inoltre il ministro generale, quando se ne offre l’occasione, visiti i frati delle diverse nazioni e qualche volta intervenga alle assemblee delle Conferenze dei superiori maggiori.

5. Anche gli altri ministri, attenti alle persone e alle opere, colgano volentieri l’occasione di incontrare i frati.

10/2

1. Al termine della visita, il visitatore delegato ne invii la relazione completa al rispettivo ministro.

2. I frati accolgano con spirito di obbedienza le indicazioni date dopo la Visita e cerchino di attuarle fedelmente. Sulle stesse indicazioni si facciano adeguate verifiche comunitarie.

3. I guardiani e i ministri, a tempo opportuno, rendano conto al proprio superiore immediato di quanto è stato attuato. Allo stesso modo riferiscano di come è stato eseguito quanto dalle Costituzioni è demandato ai Capitoli delle province o ai superiori.

4. I ministri, una volta durante il triennio, inviino al rispettivo superiore una relazione sullo stato della propria circoscrizione.

 

12/1

Spetta al Capitolo generale, con il consenso dei due terzi dei vocali, sia approvare le norme delle Ordinazioni dei Capitoli generali, sia integrarle, cambiarle, derogarvi o abrogarle, secondo le esigenze dei tempi e del rinnovamento, mantenendosi nel solco della nostra tradizione. Allo stesso Capitolo generale compete l’interpretazione autentica delle Ordinazioni dei Capitoli generali.

12/2

1. La dispensa temporanea dalle disposizioni disciplinari delle Costituzioni per tutta una provincia è riservata al ministro generale, quella per tutta una fraternità locale al proprio diretto ministro.

2. Spetta al ministro generale, con il consenso del suo Consiglio, dispensare temporaneamente, per ogni singolo caso, dall’osservanza delle Ordinazioni dei Capitoli generali. Agli altri ministri secondo le competenze stabilite nelle stesse Ordinazioni dei Capitoli generali.

12/3

Spetta al ministro provinciale o al custode, con il consenso del rispettivo Consiglio, approvare statuti o norme particolari per le singole fraternità o case.


 

 

Fra Mauro JÖHRI

ORDINE DEI FRATI MINORI CAPPUCCINI

MINISTRO GENERALE

Prot. N° 00936/13

Decreto attuativo delle Costituzioni

e delle Ordinazioni dei Capitoli Generali

 

Con l’entrata in vigore delle Costituzioni e delle Ordinazioni dei Capitoli Generali (OCG) avvenuta l’8 dicembre 2013, alcune realtà dell’Ordine subiscono delle variazioni.

Il Ministro generale

per conformare queste realtà alla nuova legislazione

emana il presente

DECRETO

I Capitoli provinciali

Le OCG al n. 8/18.1 modificano la celebrazione del Capitolo provinciale: “Le province con cento o meno frati celebrano il Capitolo a suffragio diretto; le province con numero di frati superiore a cento celebrano il Capitolo per delegati. Tuttavia, anche le province con più di cento frati possono celebrare il Capitolo a suffragio diretto e, per giusti motivi, le province con cento frati o meno possono celebrare il Capitolo per delegati”.

Si dispone, pertanto, che le Province che hanno indetto il Capitolo provinciale prima dell’entrata in vigore della nuova legislazione lo celebrino con la modalità conforme alla legge vigente alla data dell’indizione. Le Province che dovranno indire il Capitolo provinciale dopo l’entrata in vigore della nuova legge, lo facciano conformemente a questa.

Per le Province con più di cento frati che celebravano il Capitolo a suffragio universale e ora dovranno celebrarlo per delegati, non avendo nel Regolamento del Capitolo specificate le modalità per l’elezione dei delegati, il Ministro generale, avuto il consenso del suo Consiglio, concede la dispensa dalle OCG n. 8/18.1 perché l’immediato Capitolo sia celebrato ancora a suffragio universale. Nel Capitolo vengano determinate e approvate le modalità dell’elezione dei delegati, da inserire poi nel Regolamento del Capitolo. Se invece per il successivo Capitolo si vorrà ancora mantenere il suffragio universale, il Ministro provinciale provveda ad effettuare la consultazione della Provincia e a conformare il Regolamento secondo la modalità scelta.

Le Province che, entrata in vigore la nuova legge, volessero poi modificare la modalità di celebrazione, procedano alla consultazione nei termini stabiliti nelle OCG al n. 8/18.2.

Le Custodie

Le circoscrizioni che erano denominate Vice province assumono la denominazione di Custodie. Esse conservano la medesima struttura determinata dal proprio decreto di erezione, sia nei confini del territorio, sia nella composizione dei membri ad esse ascritti e al numero dei Consiglieri da eleggere nel Capitolo.

Le Vice province generali sono ora denominate Custodie generali.

Le vice province provinciali sono ora denominate Custodie provinciali.

Sono Custodie generali (tutte dipendenti dal Ministro generale):

  • Arabia
  • Ciad-Centrafrica
  • Congo
  • Nicaragua-Costa Rica-Panama
  • Guatemala-Honduras-Salvador
  • Etiopia
  • Kenia
  • Libano
  • Mozambico

Sono Custodie provinciali (ciascuna dipendente dalla relativa Provincia):

  • Angola(pr. Veneta)
  • Bielorussia(pr. Varsavia)
  • Amazzonia Roraima(pr. Umbria)
  • Brasile Occidentale(pr. Rio Grande do Sul)
  • Capo Verde(pr. Piemonte)
  • Repubblica Dominicana-Haiti(pr. Rio Grande do Sul)
  • Ecuador(pr. Spagna)
  • Nirmala(pr. s. Giuseppe Kerala)
  • Messico-Texas(pr. Spagna)
  • Pakistan(pr. Belgio)
  • Papua Nuova Guinea(pr. Pennsylvania)
  • Portorico(pr. Pennsylvania)
  • Sud Africa(pr. Irlanda)
  • Ucraina(pr. Cracovia)
  • Isole Marianne-Hawai(pr. New York)
  • Venezuela(pr. Spagna)
  • Zambia(pr. Irlanda)

Le circoscrizioni che erano denominate Custodie rimangono Custodie, conservando la medesima struttura determinata dal proprio decreto di erezione, sia nei confini del territorio, sia nella composizione dei membri ad esse ascritti e al numero dei Consiglieri da eleggere nel Capitolo.

Sono Custodie provinciali (confermate – ciascuna dipendente dalla relativa Provincia)

  • Benin(pr. Picena)
  • Bulgaria(pr. Cracovia)
  • Camerun(pr. Lombardia)
  • Corea(pr. Irlanda)
  • Costa d’Avorio(pr. Lombardia)
  • Giappone(pr. New York)
  • Malaysia-Singapore(pr. Filippine)
  • Messico del Nord(pr. America Occidentale – CA)
  • Nigeria(pr. Toscana)
  • Nuova Zelanda(pr. Irlanda)
  • Paraguay(pr. Paraná - s.ta Caterina)
  • Prem Jyoti(pr. S. Francis Kerala)
  • Romania(pr. Napoli)
  • Svezia(pr. Varsavia)
  • Turchia(pr. Emilia - Romagna)
  • Uganda(pr. Karnataka)
  • Zimbabwe(pr. Tamil Nadu Sud)

Qualora per le mutate condizioni della circoscrizione si rendesse utile dover modificare il numero dei Consiglieri, l’autorità competente provveda a farlo osservando il n. 136.2 delle Costituzioni e a riportarlo nel Regolamento del Capitolo.

Le Conferenze dei superiori maggiori

I presidenti della Conferenze dei superiori maggiori provvedano, nel modo che riterranno opportuno, a determinare i criteri di scelta del delegato della Conferenza da mandare al Capitolo generale, come stabilito dalle OCG al n. 8/8.

I presidenti delle Conferenze provvedano alla traduzione delle Costituzioni e delle OCG nelle lingue di loro competenza, perché siano poi approvate dal Ministro generale e dal suo Consiglio.

Anche con l’approvazione della traduzione, l’edizione tipica è quella in lingua italiana, che rimane di riferimento in caso di controversia sul testo.

L’entrata in vigore della nuova legislazione

Con l’entrata in vigore delle Costituzioni e delle OCG ogni norma ad esse contraria del diritto subordinato è abrogata.

I Ministri e i superiori locali, come autorità competente, provvedano quanto prima a conformare Regolamenti, Statuti e altri documenti alle nuove norme, con la nuova terminologia e la nuova numerazione, ricorrendo poi, quando necessario, alla ratifica del Capitolo.

Il Ministro generale e quello provinciale conferiscano per iscritto al Custode le facoltà che gli vengono delegate e indichino quelle che riservano a sé, come richiesto dai numeri 20.1 e 136.6 delle Costituzioni.

Nonostante qualsiasi disposizione in contrario.

____________________________________________

fra Mauro JÖHRI

Ministro generale OFMCap.

____________________________________

fra Clayton Jaison FERNANDES

Segretario generale OFMCap.

Dato in Roma, dalla nostra Curia generale il 9 dicembre 2013,

s. Siro, vescovo e martire,

s. Juan Diego Cuauhtlatoatzin, veggente di Guadalupe.