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fr. Štefan Kožuh OFMCap

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Imparare a pregare per imparare a vivere

Come progredire nella vita di preghiera comunitaria e personale

di fr. Štefan Kožuh

1. Introduzione

La formazione, sia permanente che iniziale, non è altro che un continuo processo realizzato “attraverso la conversione del cuore, in modo che il nostro Ordine continuamente si rinnovi”.[1] Lo sappiamo dall’esperienza che la conversione del cuore non è principalmente opera umana ma soprattutto dono gratuito di Dio[2]. Perciò siamo chiamati a dare la “priorità alla vita di preghiera, specialmente contemplativa[3]. Le Costituzioni dei Frati Minori Cappuccini – le nostre Costituzioni – ci richiamano: “Il primato dello spirito e della vita di preghiera sia assolutamente attuato dalle fraternità e dai singoli frati, dovunque si trovino, come è richiesto dalle parole e dall’esempio di san Francesco e dall’autentica tradizione cappuccina.”[4] E ribadiscono: “È della massima importanza formare la coscienza alla necessità vitale della preghiera personale. Ogni frate, dovunque si trovi, si procuri ogni giorno il tempo sufficiente per l’orazione mentale, per esempio un’ora intera.”[5]

La cura della vita di preghiera personale dipende dunque in primo luogo dal singolo frate. Però questo non sostituisce il nostro impegno fraterno per una genuina, regolare e intensa vita di preghiera liturgica celebrata, se possibile, interamente da tutta la fraternità che si riunisca ogni giorno, nel nome di Cristo, per rendere grazie al Padre nello Spirito Santo[6]. “Abbiamo perciò la massima venerazione per il mistero dell’Eucaristia e per l’Ufficio divino, che san Francesco voleva informassero tutta la vita della Fraternità.”[7] Ogni nostra fraternità dunque “deve essere veramente una fraternità orante. A questo scopo in tutte le circoscrizioni si ponga la massima cura per formare allo spirito e alla pratica della preghiera i singoli frati e le fraternità stesse, utilizzando i mezzi adeguati.”[8] La preghiera comunitaria offre indispensabile supporto alla preghiera personale e la preghiera personale–mentale nutre e rivivifica la nostra comune preghiera liturgica. Perciò “i ministri, i guardiani e gli altri, ai quali è affidata la cura della vita spirituale, si adoperino perché tutti i frati progrediscano nella conoscenza e nella pratica dell’orazione mentale[9] e celebrino “degnamente la Liturgia delle Ore, cui la Chiesa ci vincola in forza della nostra professione.”[10]

Questo semplice contributo che attinge alla nostra recente tradizione cappuccina, donataci dal Signore attraverso il nostro fratello Ignacio Larrañaga (1928-2013), si concentra su alcune modalità che riguardano direttamente soprattutto la preghiera personale.[11]La ricerca dell’unione con Dio è il primo lavoro dei frati.”[12] Questa intensificata e ravvivata ricerca personale dell’unione con Dio renderà più viva e intensa la nostra preghiera liturgica–comunitaria. Da qui potrebbe scaturire in seguito una conseguenza molto naturale e importante: che le nostre fraternità diventino autentiche scuole di vita e preghiera[13].

Coltiviamo nel popolo di Dio lo spirito e lo sviluppo della preghiera, soprattutto quella interiore, poiché questo, fin dall’inizio, fu il carisma della nostra Fraternità di Cappuccini e, come testimonia la storia, germe di genuino rinnovamento. Perciò, impegniamoci con zelo ad apprendere l’arte della preghiera e a trasmetterla agli altri. L’educazione alla preghiera e alla esperienza di Dio con metodo semplice qualifichi la nostra azione apostolica. Gioverà molto adoperarsi affinché le nostre fraternità siano autentiche scuole di preghiera.”[14]

2. Come ravvivare la preghiera dei Salmi?

La preghiera dei salmi, che sono “l’arpa dello Spirito” (sant’Efrem), è il nostro pane quotidiano, una fonte inesauribile di vita con Dio, in Dio! Uno dei modi più efficaci per progredire in personale amicizia con Dio è navigare nel mare profondo dei Salmi. Essi portano in sé le quotidiane realtà della vita, perché sorgono dalla vita reale … con Dio. I Salmi sono il frutto di una lunga storia d'amore tra Dio e l'uomo. Ciascuno di essi è “nato” in circostanze concrete e vissute dai salmisti nei diversi periodi della loro storia.

Che cosa posso fare perché i Salmi siano un cibo solido e nutriente per l'anima mia? Sempre di nuovo devo cercare di avvicinarmi personalmente in silenzio e solitudine alla loro ricchezza, per acquisire attraverso di essi un’intima e ardente amicizia con il Signore Dio vivo e vero.

Che cosa dunque fare perché la mia/nostra recita quotidiana dei Salmi diventi una vera preghiera e fonte inesauribile di vita con Dio?

 Prendo uno dei Salmi in base alle mie preferenze personali o necessità spirituali del momento.

Dopo aver raggiunto la serenità dell’anima, invoco lo Spirito Santo e inizio a leggere lentamente, molto lentamente il Salmo. In primo luogo cerco di comprendere il significato, l’intento e l'applicazione delle parole lette.

Dopo questo momento iniziale cerco di dare l’opportunità al mio cuore. Pronuncio con tutto il cuore le singole espressioni del Salmo, assumendo profondamente tutto quello, che pronunciano le mie labbra o solo la mia mente; la mia attenzione è tutta rivolta al contenuto delle frasi pronunciate, che stanno diventando mie.

Se leggendo lentamente il Salmo qualche parola o frase mi dice molto, mi fermo con essa e la ripeto più volte. Ogni volta che la pronuncio, rimango almeno per dieci secondi in silenzio e immobile come uno che sente un’eco, che si identifica profondamente con la sostanza della frase, che è Dio stesso. Sento come il mio “io” sta lentamente scomparendo e come la presenza viva e vera di Dio penetra tutto il mio essere. L’anima si lasci contagiare dalla profonda esperienza di Dio. Ripeto la parola o frase, finché non si esaurisca la sua ricchezza che mi fa stare unito a Dio.

Se questo non accade (cioè che qualche parola o frase mi suoni significativa) – e non accadrà sempre! –, continuo a leggere lentamente le parole del Salmo sentendo con tutto il cuore ciò che leggo. Di tanto in tanto mi fermo; rileggo le espressioni più significative.

Se in un certo momento sento di poter lasciare da parte le parole del Salmo, abbandono il testo e lascio allo Spirito Santo che preghi dentro di me con le parole spontanee.

Questo semplice metodo, chiamato anche lettura pregata, che si può applicare anche alle altre preghiere scritte, mi può aiutare a pregare nei periodi di aridità o quando a causa della dispersione mentale non riesco concentrarmi e a pregare.

3. Lettura orante della Parola di Dio

Per poter accogliere la Parola di Dio cerco di prepararmi: l’anima sia vuota, tranquilla, disinteressata. Invoco ardentemente la luce dello Spirito Santo, ispiratore dell’autore umano della Parola.

Scelgo il brano della Scrittura e comincio a leggerlo lentamente, molto lentamente … ascoltando Dio che mi parla personalmente in questo momento della mia vita. Non pretendo di capire tutto il significato; la mia principale domanda è: “Che cosa vuol dire il Signore a me con queste parole?” … e lascio decisamente da parte la preoccupazione come spiegare questa parola – predicare agli altri.

Se incontro un’espressione che richiama fortemente la mia attenzione, che mi commuove … mi fermo e lascio che questa idea liberamente domini la mia mente e il mio cuore.

Nella mia Bibbia sottolineo con la matita questa espressione e scrivo a margine la parola che sintetizza quell’impressione che io vivo.

Quando nella lettura scelta appaiono i nomi propri (p.e. Mosè, Samuele, Maria) li sostituisco con il mio nome, sentendo così che il Signore si sta rivolgendo personalmente a me, chiamandomi per nome.

Se questa lettura oggi non “mi dice” niente, resto in pace. Chissà, forse un altro giorno mi “dirà molto”. Al di sopra della nostra attività c’è il mistero della grazia che è imprevedibile: l’ora di Dio non è la nostra ora. Nelle cose di Dio è necessaria molta pazienza.

Alla luce della Parola letta, ascoltata e meditata cerco di analizzare la mia vita e di applicare la Parola alla mia situazione concreta chiedendomi: “Che cosa mi sta dicendo Dio?” “Che cosa farebbe Gesù al mio posto?” Nella misura in cui la mia mente si sta adattando alla “mente” di Dio divento il discepolo del Signore.

Se in qualsiasi momento dell’ascolto della Parola il mio cuore sente l’impulso a pregare, lascio che lo Spirito preghi in me, ringraziando e lodando il Signore per la rivelazione della sua volontà a me attraverso la sua Parola.

Questa personale lettura meditata della Parola, a cui siamo chiamati a dedicarci ogni giorno, mi prepara per una fruttuosa condivisione fraterna della Parola.[15]

4. Mettersi in ascolto

Prendo un’espressione breve che mi riempie l’anima, p.e. quella usata anche da San Francesco: “Mio Dio e mio tutto!” o semplicemente una parola, p.e. “Gesù”, “Signore”, “Padre” … e comincio a pronunciarla con serenità e raccoglimento con intervallo di dieci o quindici secondi. Nel pronunciarla cerco di vivere il suo contenuto che è il Signore stesso.

Col tempo comincio a percepire come la “presenza” di Dio, “racchiusa” in questa espressione, lentamente e soavemente comincia a inondare tutto il mio essere. Nel pronunciare la stessa espressione, offro sempre più largo spazio ai tempi di silenzio e all’ascolto interiore.

5. Abbandonarsi all’Abba-Padre

La preghiera genuinamente evangelica e liberatrice sta nelle parole: “Padre, mi abbandono a te!”

Cerco di imparare a memoria la Preghiera di abbandono[16] del b. Charles de Foucauld. Così posso recitarla quando mi scontro con le piccole o grandi contrarietà della vita.

Con atteggiamento filiale di abbandono fiducioso mi metto nella presenza del Padre, che dispone o permette tutto e comincio a recitare la sopra menzionata Preghiera di abbandono o semplicemente ripeto la breve frase: “Sia fatta la tua volontà!” o “Mi metto nelle tue mani!”

L’abbandono è un omaggio di silenzio nella fede. Perciò nella preghiera di abbandono cerco di ridurre al silenzio tutto quello che tende a ribellarsi in me, che mi dispiace: i lati negativi dei miei genitori, aspetti non ancora accettati della mia figura fisica, le malattie, l’anzianità, le impotenze e limitazioni, i tratti negativi della mia personalità, persone vicine che mi irritano, storie e memorie dolorose, insuccessi, errori …

A volte ricordandomi di queste cose sento che mi feriscono di nuovo, però deponendole con fiducia filiale nelle mani del Padre, che mi ama gratuitamente e incondizionatamente, pian piano entra in me la pace.

6. Accogliere Gesù risorto

Di nuovo mi trovo nel “cenacolo” – coro, cappella, chiesa … in presenza silenziosa di Gesù eucaristico – Gesù risorto, che mi dona la pace ed effonde su di me lo Spirito Santo[17].

Appoggiandomi su alcune espressioni[18] – pronunciate con i debiti intervalli di silenzio, perché la “vita” della frase risuoni e riempia la mia anima – comincio ad accogliere, nella fede, Gesù risorto e risuscitatore. Lascio che lo spirito di Gesù entri in me e inondi tutto il mio essere. Sento che la presenza di Gesù risorto arriva fino ai più remoti spazi della mia anima e prende pieno possesso di tutto ciò che sono, penso, faccio. Sento come Gesù assume la più profonda intimità del mio cuore. Nella fede lo accolgo senza riserve, gioiosamente.

Nella fede sento come Gesù tocca questa mia ferita concreta, come estrae questa spina di angoscia che mi opprime, come mi libera da questi timori e rancori.

Dopo di che passo alla vita. Accompagnato e rivestito da Gesù risorto visito i luoghi dove vivo e lavoro. Mi presento davanti alla persona con cui sono in conflitto e cerco di guardarla con gli occhi di Gesù, con la serenità di Gesù che vive in me.

Cerco di immaginarmi ogni altro tipo di situazione, anche le più difficili, e lascio che Gesù risorto agisca attraverso di me: guardo con gli occhi di Gesù, parlo con la sua bocca. Non sono più io che vivo ma è Gesù che vive in me[19].

Questa preghiera è veramente trasformante o, meglio: cristificante.

7. Uscire da se stesso ed elevare lo spirito

Facilmente la preghiera si trasforma in monologo, dove tutta mia attenzione comincia a girare attorno a me: i miei interessi, la mia volontà, le mie difficoltà … Per evitare tale pericolo cerco di stare davanti al Signore uscendo da me stesso ed elevare tutte le mie forze mentali e spirituali verso il Signore.

Appoggiandomi a qualche breve frase, il mio io esce verso il Tu. Assumendo e rendendo vivo il significato della frase, questa prende la mia attenzione e la indirizza – depone in un Tu. Cosi tutto l’io rimane in tutto il Tu, ivi resta fisso, quieto.

In tutto questo non c’è nessuno sforzo mentale; non mi preoccupo di capire ciò che dice la frase. Sono semplicemente in adorazione. La mia mente – sotto l’impulso della frase – si lancia amorosamente e con ammirazione verso il Tu.

Dopo aver messo a tacere tutto il mio essere con l’aiuto dello Spirito Santo, nella fede, rimango in presenza di Colui nel quale esisto, mi muovo e sono.

Sottovoce o solo mentalmente comincio a pronunciare le frasi, con dovuti intervalli di silenzio, e cerco di vivere ciò che dice la frase, finché la mia anima resta “impregnata” della sostanza della frase.

Dopo aver pronunciato la frase, resto in silenzio per circa trenta secondi o più, muto, quieto, come chi ascolta una risonanza con attenzione, identificandomi fortemente alla sostanza della frase, che è Dio stesso.

In questa preghiera mi lascio travolgere dal Tu. Il mio io praticamente sparisce, mentre il Tu comincia a dominare tutto il mio essere.

In seguito sono riportate solo alcune frasi che possono servirmi per la mia preghiera in cui esco da me stesso ed elevo il mio spirito verso Dio.

Tu sei il mio Dio.
Da sempre e per sempre tu sei Dio.
Tu sei eternità immutabile.
Tu sei immensità infinita.
Tu sei senza principio né fine.
Tu sei il mio tutto.
O profondità dell’essenza e presenza del mio Dio.
Tu sei il mio completo riposo.
Solo in te sento pace.
Tu sei la mia fortezza.
Tu sei la mi sicurezza.
Tu sei la mia pazienza.
Tu sei la mia gioia.
Tu sei la mia vita eterna, grande e ammirabile Signore.[20]

8. Per Cristo nostro Signore

Mi immagino Gesù che si ritirava spesso da solo – di solito di notte o di mattina presto – nella preghiera solitaria in un luogo ritirato. Stava in adorazione … anche tutta la notte.

Con infinita riverenza, nella fede e serenamente, entro nell’intimo di Gesù in adorazione. Cerco di rendermi presente e di rivivere ciò che Gesù avrà vissuto nella sua relazione con il Padre e così partecipare all’esperienza profonda del mio Signore Gesù.

Con il cuore di Gesù, con le sue vibrazioni interiori, cerco di dire per esempio: “Padre, glorifica il tuo nome!” o “Padre, sia santificato il tuo nome!”

Mettendomi nell’intimo di Gesù e assumendo la sua disposizione con l’aiuto dello Spirito Santo cerco di ravvivare quell’atteggiamento di abbandono totale che Gesù avrà sperimentato nell’orto del Getsemani davanti alla volontà del Padre nel dire: “Padre, non ciò che voglio io, ma ciò che voi tu … Sia fatta la tua volontà!”

Quello che avrà sentito Gesù nel dire: “Padre, come tu ed io siamo una cosa sola!” o nel pronunciare la parola aramaica “Abba” – “Mio caro papà” – cerco di sperimentarlo anch’io.

Mettendomi nel cuore di Gesù – quello che il nostro maestro di preghiera San Francesco faceva nelle grotte a Speco di Narni, La Verna, Carceri, Celle di Cortona – prendo e ripeto pian piano e con molta devozione la preghiera sacerdotale di Gesù pronunciata nel cenacolo alla fine dell’ultima cena (cfr. Vangelo di Giovanni, capitolo 17).

Tutto questo – e altre cose – faccio “mie” nella fede e nella forza dello Spirito Santo che mi “insegna tutta la verità” e prega in me.

Dopo la preghiera torno alla vita ordinaria portando in me la vita profonda di Gesù.

9. Contemplare Dio vivo e vero

I grandi maestri della preghiera di contemplazione riportano i seguenti segni che indicano quando l’anima è in contemplazione:

  • L’anima mia gioisce di stare da sola con attenzione amorosa e serena in Dio.
  • Lascio che l’anima stia tranquilla e quieta, attenta a Dio, nella pace interiore, nella calma e nel riposo, anche se può sembrare un perdere tempo.
  • Lascio libera l’anima, senza preoccuparmi di pensare o meditare; soltanto una serena e amorosa attenzione a Dio.

Per poter avviarmi verso la preghiera di contemplazione sono essenziali e indispensabili questi due elementi: silenzio e presenza.

  • Silenzio significa fare il vuoto interiore, sospendere l’attività dei sensi, lasciare da parte i ricordi, abbandonare le preoccupazioni …
    Cerco allora di isolarmi dal mondo esteriore e interiore; non penso a nulla o meglio: non penso proprio.
    Rimango al di là del sentire e dell’agire senza attaccarmi a nulla, senza guardare nulla né dentro né fuori.
    Fuori di me nulla; dentro di me nulla. Cosa resta? Un’attenzione di me stesso a me stesso in silenzio e pace.
  • Presenza invece significa volgere tutta l’attenzione all’Altro, nella fede, come chi guarda senza pensare, come chi ama e si sente amato.
    Evito di “immaginare” Dio. Ogni “immagine” o “forma” di Dio deve scomparire. A Dio corrisponde solo il verbo “essere”. Egli è la Presenza Pura e Amante e Avvolgente e Compenetrante … Onnipotente.
    Rimane solo un Tu per il quale ho un’attenzione aperta, amorosa, serena.

Comincio a mettermi in ascolto pronunciando una sola frase[21] con dovuti periodi di silenzio – sempre più lunghi – finché le parole non servono più. Allora rimango senza pronunciare nulla né con la bocca, né con la mente.

Guardo e mi sento guardato.
Amo e mi sento amato.
Io sono come una spiaggia, Egli è come un mare.
Io sono come un campo, Egli è come il sole.
Mi lascio illuminare, inondare, AMARE.
LASCIARSI AMARE.

10. Come vivere un Deserto?

L’unico modo di vivificare la vita con Dio è vivificare il cuore. Quando il cuore è pieno di Dio, le cose della vita si riempiono del fascino di Dio. Il cuore si vivifica nei tempi forti. Ce lo testimoniano i profeti, i santi e soprattutto Gesù.

Tempo forte è tempo riservato esclusivamente per stare da solo con il Signore (un’ora al giorno[22], una giornata – almeno cinque ore – al mese[23], alcuni giorni all’anno[24]). Tempo forte non serve solo per pregare, ma anche per ricuperare l’equilibrio emozionale, l’unità interiore, la serenità e la pace.

Se voglio prendere sul serio la vita con Dio, ho bisogno di inserire dei tempi forti tra le mie numerose attività. Se salverò i tempi forti, i tempi forti salveranno me dal vuoto della vita e dal disincanto essenziale. Mi viene da dire: “Come riesco a trovare il tempo?” Però il tempo è questione di preferenze: si ha tempo per ciò che si vuole.

È raccomandabile vivere il tempo forte mensile o deserto, che dura almeno cinque ore, fuori dal luogo in cui si vive o lavora, in un luogo solitario, nella natura.

È conveniente andare nel deserto insieme con altri (possibilmente tutta la fraternità locale o le fraternità vicine insieme). Ma una volta giunti al luogo scelto è indispensabile che dopo una comune introduzione ognuno rimanga in completa solitudine e silenzio per cinque ore. Alla fine del deserto è raccomandabile di riunirsi di nuovo per una condivisione fraterna e la preghiera comunitaria.

Indispensabile nutrimento per la giornata del deserto è la Parola di Dio e non dimenticare di portare un quaderno per annotare le riflessioni o le preghiere personali. Conviene portare qualcosa da mangiare e bere senza dimenticare che il deserto ha anche un carattere penitenziale.

Ecco alcune regole per vivere il deserto, da usare però con la flessibilità e la spontaneità dovute alla grazia dello Spirito Santo.

Il deserto di solito comincia con la preghiera di alcuni Salmi[25] per preparare e ambientare i miei livelli spirituali (tra mezz’ora e un’ora).

Dopo questa fase di “riscaldamento” entro in un dialogo personale con il Signore, non necessariamente fatto di parole ma di interiorità: si tratta di parlare con Dio, di stare con lui, di amare e sentirsi amato … Questa è la fase più importante del deserto (circa un’ora e mezzo).

Ora passo all’ascolto profondo di Dio che mi parla attraverso la sua Parola e cerco di confrontare la mia vita con la sua volontà (circa un’ora).

Nel deserto non deve mancare un intenso dialogo con Gesù: parlo con lui come un amico parla con un altro, facendo mentalmente una “passeggiata” con lui per i sentieri della mia vita (circa un’ora).

Concludo il deserto con un intenso abbandono per guarire di nuovo le ferite e accettare tante cose rifiutate, per perdonarsi e perdonare, consolidare e irrobustire la pace interiore (circa 45 minuti).

Dicevo sopra, che si tratta di uno schema sperimentato che però non deve soffocare l’azione dello Spirito Santo. La vita ci insegna a non essere euforici nelle consolazioni, né depressi nelle aridità. Il criterio più sicuro della presenza divina è la pace. Se sono in pace anche quando sperimento l’aridità, Dio è con me ed io sono con lui.

* * *

Perseveriamo dunque nella lode di Dio e nella meditazione della sua Parola per essere sempre più ardenti nel desiderare che gli uomini, anche per mezzo della nostra azione, vengano attratti ad amare Dio con gioia. Così, tutta la nostra vita di preghiera sarà compenetrata di spirito apostolico, e tutta la nostra azione apostolica sarà plasmata dallo spirito di preghiera.”[26]



[1] Costituzioni dei frati minori cappuccini (Cost.), Roma 2013, 5,2.

[2] “Adorare è incontrare Gesù senza la lista delle richieste, ma con l’unica richiesta di stare con Lui. È scoprire che la gioia e la pace crescono con la lode e il rendimento di grazie. Quando adoriamo permettiamo a Gesù di guarirci e cambiarci. Adorando diamo al Signore la possibilità di trasformarci col suo amore, di illuminare le nostre oscurità, di darci forza nella debolezza e coraggio nelle prove. Adorare è andare all’essenziale: è la via per disintossicarsi da tante cose inutili, da dipendenze che anestetizzano il cuore e intontiscono la mente” (Papa Francesco, Omelia nella solennità dell’Epifania del Signore, 6 gennaio 2020).

[3] Cost. 5,3.

[4] Cost. 55,1.

[5] Cost. 55,2.

[6] Cf. Cost. 49,3.

[7] Cost. 47,2.

[8] Cost. 57,1.

[9] Cost. 54,5.

[10] Cost. 49,2.

[11] Cf. Ignacio Larrañaga, Incontro. Manuale di preghiera, Ed. Laboratori di preghiera e vita – Italia, 2013.

[12] CPO VIII, 17.

[13] Cf. Cost. 55,7.

[14] Cost. 55,6-7.

[15] Cf. Cost 53,3-4.

[16] Padre, mi metto nelle tue mani. Fa’ di me quello che vuoi. Per tutto ciò che farai di me, Ti ringrazio. Sono disposto a tutto, sì che la tua volontà si compia in me e in tutte le tue creature. Non desidero nessun’altra cosa. Dio mio. Metto la mia anima nelle tue mani, te la consegno, mio Dio, con tutto l'ardore del mio cuore, perché ti amo, ed è per me un bisogno d’amore di darmi, il consegnarmi nelle tue mani senza misura, con infinita fiducia, perché Tu sei mio Padre. Amen.

[17] Cf. Giov. 20,19-22.

[18] Gesù, entra in me.
Prendi possesso di tutto il mio essere.
Prendimi con tutto ciò che sono, ciò che penso, ciò che faccio.
Prendi il più intimo del mio cuore.
Curami questa ferita che mi duole tanto.
Toglimi la spina di quest’angoscia.
Allontana da me questi timori, rancori, tentazioni …
Gesù, cosa vuoi da me?
Come guarderesti quella persona?
Quella sarebbe il tuo atteggiamento in quella difficoltà?
Come ti comporteresti in quella situazione?
Quelli che mi vedono, vedano te, Gesù.
Trasformami tutto in te.
Che io sia una viva trasparenza della tua persona.

[19] Cf. Gal. 2,20.

[20] Invece di queste frasi puoi prendere – usare la preghiera di San Francesco: Lodi di Dio Altissimo [FF: 261].

[21]Mio Dio e mio tutto!” o “Tu mi scruti … Tu mi conosci … Tu mi ami.”

[22] Tempo previsto per l’orazione mentale quotidiano (cfr. Cost. 55,2).

[23] Tutti i frati abbiano periodi di ritiro (cfr. Cost. 56,1).

[24] Esercizi spirituali annuali (cfr. Cost. 56,1).

[25] È raccomandabile prendere alcuni dei seguenti Salmi: 16, 84, 90, 91, 119, 143.

[26] Cost. 15,5-6.

Letzte Änderung am Dienstag, 26 Mai 2020 21:33
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